Il cielo si oscurò sopra le loro teste. Le ombre si addensarono tutt’intorno, come se la luce venisse lentamente risucchiata via. L’aria divenne sempre più gelida a mano a mano che la luce si faceva più fioca. Ma Raistlin poteva percepire uno sconfinato calore fiammeggiante alle sue spalle, la collera della sua Regina.
La paura gli torse le budella, la rabbia gli strappò lo stomaco. Le parole magiche gli salirono alla bocca, sulle sue labbra avevano il sapore del sangue. Fece per scagliarle contro il suo gemello, ma soffocò e tossì e cadde sui ginocchi. Tuttavia, le parole erano ancora là, la magia era al suo comando. Avrebbe visto il suo gemello bruciare tra le fiamme, così come aveva visto, molto tempo addietro, l’immagine illusoria del suo gemello bruciare nella Torre della Grande Stregoneria. Se soltanto... se soltanto avesse potuto riprendere fiato...
Lo spasimo passò, le parole magiche ribollirono nel suo cervello. Sollevò lo sguardo, un ringhio grottesco gli contorceva il volto, sollevò la mano...
Caramon era immobile davanti a lui, la spada in pugno, e lo fissava con occhi colmi di pietà.
Pietà! Quell’espressione si abbatté su Raistlin con la violenza di cento spade. Sì, il suo gemello sarebbe morto, ma non con quell’espressione sul viso!
Appoggiandosi al Bastone, Raistlin si tirò in piedi. Sollevò la mano e si scostò il cappuccio nero dalla testa, in modo che suo fratello potesse vedere se stesso, condannato, riflesso nei suoi occhi dorati.
«Così, provi pietà per me, Caramon,» Raistlin sibilò. «Cialtrone scervellato e beota. Sei incapace di comprendere il potere che sono riuscito a raggiungere, il dolore che ho vinto, le vittorie che sono state mie. Osi provare pietà per me? Prima che ti uccida, e io ti ucciderò, fratello mio, voglio che ti sia ben conscio nel cuore che io uscirò fuori nel mondo per diventare un dio!»
«Lo so, Raistlin,» rispose Caramon con voce ferma. La pietà non svanì dai suoi occhi, anzi si fece ancora più intensa. «Ed è per questo che provo pietà per te, perché ho visto il futuro. Conosco il risultato.»
Raistlin fissò suo fratello, sospettando un espediente ingannevole. Sopra di lui il cielo tinto di rosso divenne ancora più scuro, ma la mano protesa in alto si era adesso fermata. Poteva sentire la Regina che esitava. Aveva scoperto la presenza di Caramon. Raistlin percepiva la sua confusione, la sua paura. Il dubbio perdurante che Caramon potesse essere una qualche apparizione evocata per fermarlo, svanì. Raistlin si avvicinò di un altro passo a suo fratello.
«Hai visto il futuro? Come?»
«Quando hai attraversato il Portale, il campo magico ha influenzato il congegno, scagliando me e Tas nel futuro.»
Raistlin divorò suo fratello con gli occhi, avidamente. «E... cosa accadrà?»
«Vincerai,» rispose Caramon, in tutta semplicità. «Sarai vittorioso, non soltanto contro la Regina delle Tenebre, ma contro tutti gli altri dei. Soltanto la tua costellazione risplenderà nei cieli... per un po’...»
«Per un po’?» Gli occhi di Raistlin si restrinsero. «Dimmelo! Cosa accadrà? Chi mi minaccerà? Chi mi deporrà?»
«Tu stesso,» rispose Caramon, la voce piena di tristezza. «Tu regnerai su un mondo morto, Raistlin, un mondo di ceneri grigie, di rovine fumanti e di cadaveri gonfi. Sarai solo in quei cieli, Raistlin. Cercherai di creare, ma non è rimasto niente dentro di te a cui tu possa attingere, e così succhierai la vita direttamente dalle stelle, fino a farle esplodere e morire. E poi non ci sarà più niente intorno a te, più niente dentro di te.»
«No!» ringhiò Raistlin. «Tu menti, dannazione a te! Menti!». Raistlin scagliò il Bastone di Magius lontano da sé e si lanciò in avanti, afferrando suo fratello con le mani artigliate. Colto di sorpresa, Caramon sollevò la spada, ma cadde sul terreno mutevole a una parola di Raistlin. La stretta dell’omone si chiuse convulsa sulle braccia del suo gemello. Potrebbe spezzarmi in due, pensò Raistlin, con un sorriso di scherno. Ma non lo farà. È debole. È smarrito. E saprò la verità!
Raistlin sollevò la mano bruciante, chiazzata di sangue, e la premette sulla fronte di suo fratello, trascinando fuori le visioni dalla mente di Caramon e trasferendole nella propria.
E Raistlin vide.
Vide le ossa del mondo, i moncherini degli alberi, il fango e le ceneri grigie, le rocce flagellate dai fulmini, il fumo che si levava, i corpi in putrefazione dei morti...
Vide se stesso, sospeso nel gelido vuoto, con nulla intorno, con nulla dentro. Il vuoto premeva su di lui, lo schiacciava. Lo rodeva, lo divorava. Lui si contorceva su se stesso, cercando nutrimento: una goccia di sangue, un frammento di dolore. Ma là non c’era niente. Là non ci sarebbe mai stato niente. E lui avrebbe continuato a contorcersi, a strisciare dentro se stesso, per non trovare niente... niente... niente.
Raistlin lasciò ricadere la testa sul petto, la sua mano scivolò giù dalla testa di suo fratello, stringendosi per il dolore. Sapeva che sarebbe avvenuto, lo sapeva con ogni fibra del proprio corpo infranto. Lo sapeva perché il vuoto era già là. Era dentro di lui da tanto tempo... da così tante tempo.
Oh, non l’aveva consumato completamente, non ancora. Ma poteva quasi vedere la propria anima, spaventata, sola, rannicchiata in un angolo buio e vuoto.
Con un grido di dolore Raistlin spinse suo fratello lontano da sé. Si guardò intorno. Le ombre s’incupivano ancora. La sua Regina non esitava più. Stava raccogliendo le proprie forze.
Raistlin abbassò lo sguardo, cercando di pensare, cercando di trovare la rabbia dentro di sé, cercando di attizzare la fiamma ardente della sua magia... Ma anche questa stava morendo. Preso nella morsa della paura cercò di correre, ma era troppo debole. Fece un passo, incespicò e cadde carponi. La paura lo scuoteva. Cercò aiuto, tendendo la mano...
Udì un suono, un gemito, un pianto. La sua mano si chiuse sopra un tessuto bianco. Sentì una pelle calda!
«Bupu,» bisbigliò Raistlin. Avanzò strisciando con un singhiozzo soffocato.
Il corpo della nana dei fossi giaceva davanti a lui, il volto tirato e affamato, gli occhi spalancati per il terrore. Sventurata, terrorizzata, la nana si ritrasse piena di terrore.
«Bupu!» gridò Raistlin afferrandola, in preda alla disperazione, «Bupu, non ti ricordi di me? Mi hai dato un libro, una volta. Un libro e uno smeraldo.» Rovistando in una delle sue borse, tirò fuori la vivida, scintillante gemma verde. «Ecco, Bupu. Guarda, “il bel sasso”. Prendilo. Tienilo! Ti proteggerà!»
La nana allungò la mano verso lo smeraldo ma, mentre lo faceva, le sue dita s’irrigidirono nella morte.
«No!» gridò Raistlin, e sentì la mano di Caramon sul suo braccio.
«Lasciala stare!» gridò Caramon, aspro, afferrando il suo gemello e scagliandolo indietro. «Non le hai già fatto male abbastanza?»
Caramon impugnava ancora una volta la spada. La sua luce sfolgorante feriva gli occhi di Raistlin.
E alla sua luce Raistlin vide non Bupu, ma Crysania, con la pelle annerita e coperta di vesciche, con gli occhi che lo fissavano senza vederlo.
Vuoto... vuoto. Non c’era nulla dentro di lui? Sì... c’era qualcosa. Non molto, ma pur sempre qualcosa. La sua anima gli tese la mano. E la sua stessa mano rispose, protendendosi a toccare la pelle coperta di vesciche di Crysania. «Non è morta, non ancora,» disse.
«No, non ancora,» rispose Caramon, sollevando la spada. «Lasciala stare! Lascia almeno che muoia in pace!»
«Vivrà, se la porterai al di là del Portale.»
«Sì, vivrà,» disse Caramon, amaro, «e anche tu, vero, Raistlin? La porterò al di là del Portale, e tu subito ci seguirai...»
«Portala con te.»
«No!» Caramon scosse la testa. Anche se i suoi occhi luccicavano di lacrime e il suo volto era pallido per il dolore e l’angoscia, avanzò verso suo fratello tenendo pronta la spada.
Raistlin alzò la mano. Caramon si trovò incapace di muoversi, la sua spada era sospesa in quell’aria calda e in movimento.
«Portala con te, e prendi anche questo.»