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La battaglia è finita. Se ne rese conto, sia pure intontito. È finita. E noi abbiamo vinto... La vittoria.

Una vittoria vuota e sciagurata.

E poi, un palpito di luce azzurra attirò il suo sguardo. Spaziando con gli occhi sulla città, Tanis gemette.

La cittadella volante era improvvisamente comparsa alla vista. Piombando giù dalle nubi tempestose, stava allegramente sbandando, essendosi procurata da qualche parte uno stendardo di un azzurro brillante che sbatteva al vento. Tanis guardò con un po’ più di attenzione, pensando di riconoscere non soltanto lo stendardo ma anche il grazioso minareto dal quale sventolava, adesso appollaiato come un ubriaco su una torre della cittadella.

Scuotendo la testa, il mezzelfo non potè fare a meno di sorridere. Lo stendardo e il minareto, fino a poco tempo prima avevano fatto parte entrambi del palazzo di Lord Amothus.

Appoggiandosi contro la finestra, Tanis continuò a osservare la cittadella, la quale aveva acquisito un drago bronzeo come guardia d’onore. Sentì rilassarsi un po’ la sua tetraggine, il dolore, la paura e la tensione che l’avevano assillato. Non aveva importanza ciò che sarebbe accaduto al mondo o sugli altri piani d’esistenza; alcune cose, e fra queste i kender, non cambiavano mai.

Tanis seguì con lo sguardo il castello che si dirigeva ondeggiando ;, sopra la baia, poi, però, rimase considerevolmente sorpreso di vedere la cittadella rovesciarsi tutt’a un tratto, rimanendo sospesa in aria a testa in giù.

«Cosa sta combinando, Tas?»

E poi Tanis lo seppe: la cittadella cominciò a ballonzolare pittorescamente ! su e giù come una saliera. Forme nere con ali coriacee ruzzolarono fuori dalle finestre e dalle porte. Su e giù, su e giù, ballonzolò la cittadella , mentre, sempre più numerose, le forme nere ne cadevano fuori. Tanis sogghignò. Tas faceva sgomberare le guardie! Poi, quando i draconici cessarono di traboccare fuori per cadere in acqua, la cittadella tornò , a raddrizzarsi e continuò per la sua strada... e mentre guizzava via allegramente, con lo stendardo azzurro che sbatteva al vento, come impazzita eseguì un tuffo sconsiderato e infelice nell’oceano!

Tanis trattenne il respiro, ma la cittadella ricomparve quasi subito, schizzando fuori dall’acqua come un delfino che avesse issato la bandiera azzurra, per levarsi ancora una volta nel cielo (adesso l’acqua scorreva fuori da ogni apertura concepibile) e sparire fra le nubi tempestose. Scuotendo la testa, sorridendo, Tanis si voltò e vide Dalamar che indicava il Portale. «Eccolo. Caramon è tornato nella sua posizione.»

Rapidamente il mezzelfo attraversò la stanza e tornò a fermarsi davanti al Portale.

Poteva vedere Caramon, ancora una minuscola figura rivestita da una sfolgorante armatura. Ma adesso stava portando qualcuno tra le braccia. «Raistlin?» chiese Tanis, perplesso. «Dama Crysania,» rispose Dalamar. «Forse è ancora viva!» «Sarebbe meglio per lei se non lo fosse,» replicò Dalamar freddamente.

L’amarezza indurì ancora di più la sua voce e la sua espressione. «Meglio per tutti noi! Adesso Caramon dovrà fare una difficile scelta.»

«Cosa vuoi dire?»

«Si renderà conto, inevitabilmente, che potrebbe salvarla riportandola lui stesso attraverso il Portale. Il che ci lascerebbe tutti alla mercé di suo fratello, o della Regina, o di entrambi!»

Tanis rimase silenzioso, limitandosi a osservare. Caramon si stava avvicinando sempre di più al Portale, con il corpo abbigliato di bianco della donna tra le braccia.

«Cosa sai di lui?» chiese Dalamar d’un tratto. «Che decisione prenderà? L’ultima volta che l’ho visto era un buffone sbronzo, ma le sue esperienze sembrano averlo cambiato.»

«Non lo so,» disse Tanis, turbato, parlando più a se stesso che a Dalamar. «Il Caramon che conoscevo un tempo era soltanto una mezza persona, l’altra metà apparteneva a suo fratello. Adesso è diverso. È cambiato.» Tanis si grattò la barba, corrugando la fronte. «Poveretto, davvero non so...»

«Ah, sembra che la scelta sia stata fatta a suo vantaggio,» disse Dalamar. Nella sua voce il sollievo si mescolava alla paura.

Tanis guardò dentro il Portale e vide Raistlin. Vide l’incontro finale tra i gemelli.

Tanis non parlò mai a nessuno di quell’incontro, nonostante quanto aveva visto e sentito fosse inciso indelebilmente nella sua memoria, scoprì di non poterne parlare. Dare voce a quei fatti, sarebbe parso degradarli, privarli del loro splendido orrore, della loro terribile bellezza.

Ma spesso, se era depresso o infelice, avrebbe ricordato l’ultimo dono di un’anima ottenebrata e ringraziato gli dei per la loro benedizione.

Caramon trasportò Dama Crysania attraverso il Portale. Tanis si precipitò avanti per aiutarlo, e prese Crysania tra le braccia, fissando con meraviglia l’omone che impugnava il Bastone magico, la cui luce risplendeva ancora viva.

«Rimani con lei, Tanis,» disse Caramon. «Devo chiudere il Portale.»

«Affrettati!» Tanis sentì il brusco respiro di Dalamar. Vide l’elfo scuro che fissava il Portale in preda all’orrore. «Chiudilo!» gridò.

Reggendo Crysania fra le braccia, Tanis abbassò lo sguardo su di lei e si rese conto che stava morendo. Il suo respiro s’interrompeva, la sua pelle era color cenere, le labbra azzurrognole. Ma non poteva far niente per lei, salvo portarla in un luogo sicuro.

Un luogo sicuro! Si guardò intorno, il suo sguardo andò a un angolo in ombra dov’era giaciuta un’altra donna. Era il punto più lontano dal Portale. Là, Crysania sarebbe stata al sicuro... al sicuro come avrebbe potuto esserlo in qualunque altro luogo, pensò con dolore. La mise giù, nella posizione più comoda possibile, poi si affrettò a tornare indietro, davanti a quell’apertura sul vuoto.

Qui, Tanis si fermò, ipnotizzato dallo spettacolo che gli si apriva davanti agli occhi.

L’ombra del male riempiva il Portale, le teste metalliche dei draghi Che formavano l’accesso ululavano trionfanti. Le teste vive dei draghi al di là del Portale si agitavano sopra il corpo della loro vittima mentre l’arcimago cadeva sotto i loro artigli.

«No, Raistlin!». Il volto di Caramon si contorse per l’angoscia. Fece ;un passo verso il Portale.

«Fermalo!» urlò furente Dalamar. «Fermalo, Mezzelfo! Uccidilo, se è necessario! Chiudi il Portale!»

La mano di una donna si avventò verso l’apertura e, mentre essi guardavano storditi per l’orrore, quella mano divenne l’artiglio di un drago, le Unghie coronate di rosso, chiazzate di sangue. La mano della Regina si avvicinava sempre di più al Portale, con l’intenzione di tenere aperto quel varco sul mondo così da poter, ancora una volta, conquistarsi l’ingresso. «Caramon!» gridò Tanis, balzando avanti. Ma cosa poteva fare? Non era abbastanza forte per sopraffare fisicamente l’omone.

Andrà da lui, pensò Tanis angosciato. Non lascerà morire suo fratello...

No, disse una voce dentro il mezzelfo. Non lo farà... e là sta la salvezza del mondo.

Caramon si fermò, trattenuto dal potere di quella mano macchiata di sangue. L’adunco artiglio di drago era vicino, e dietro di esso luccicavano occhi malevoli e trionfanti. Lentamente, lottando contro quella forza malefica, Caramon sollevò il Bastone di Magius.

Non accadde nulla!

Le teste di drago dell’ingresso ovale ruppero l’aria con grida simili a squilli di tromba, salutando l’ingresso della loro Regina nel mondo.

Poi, una forma d’ombra comparve accanto a Caramon. Abbigliato di I nero, con i capelli bianchi che ricadevano giù dalle spalle, Raistlin sollevò una mano dalla pelle dorata e afferrò il Bastone di Magius, giusto accanto a dov’era stretto dalla mano del suo gemello.

Il Bastone avvampò di una luce pura e argentea.

La luminosità multicolore all’interno del Portale turbinò e roteò e lottò né tenebre né luce, né movimento né immobilità, né calore ne luce. C’era semplicemente il nulla