Caramon era immobile, tutto solo, davanti al Portale col Bastone di Magiustretto nella mano. La luce del potente talismano avvampò ancora una volta
Poi vacillò. E si spense.
Tutto era immobile, poi dalla tenebra giunse un sussurro: «Addio, fratello mio».
Capitolo dodicesimo.
Astinus di Palanthas sedeva nella Grande Biblioteca, intento a scrivere la sua storia con quei tratti neri e nitidi che avevano registrato tutte le vicende di Krynn dal primo giorno in cui gli dei avevano contemplato il mondo, fino all’ultimo, quando il grande libro si sarebbe concluso per sempre.
Astinus scriveva, ignorando il caos che lo circondava, o meglio, tale era la presenza di quell’uomo, che sembrava esser lui a costringere il caos a ignorarlo.
Erano passati soltanto due giorni dalla fine di quella cui Astinus si era riferito, nelle sue Cronache, come “La sfida dei Gemelli” (ma che chiunque altro chiamava «La Battaglia di Palanthas»). La città era in rovina. I soli edifici ancora in piedi erano la Torre della Grande Stregoneria e la Grande Biblioteca, e la Biblioteca non era rimasta illesa.
Il fatto che fosse ancora in piedi era dovuto, in larga parte, all’eroismo degli Estetici. Guidati dal tondo Bertrem, il cui coraggio era stato attizzato, così si diceva, dalla vista di un draconico che aveva osato porre una mano artigliata su uno dei libri sacri, gli Estetici avevano attaccato il nemico con tale ardore e con un tale selvaggio e incurante disprezzo per la vita che pochi di quei rettili erano riusciti a salvarsi.
Ma, come il resto di Palanthas, gli Estetici avevano pagato un prezzo assai pesante per la vittoria.
Molti del loro ordine erano periti in battaglia. Essi erano stati pianti dai loro confratelli, alle loro ceneri era stato dato un onorato riposo fra quei libri per proteggere i quali avevano sacrificato la vita. Il prode Bertrem non era morto. Soltanto leggermente ferito, aveva visto il suo nome riportato in uno dei grandi libri accanto a quelli degli altri Eroi di Palanthas. La vita non poteva più offrire nessun’altra ricompensa a Bertrem. Non passava mai accanto a quel particolare libro senza tirarlo giù furtivamente dallo scaffale, aprendolo alla Pagina e crogiolandosi alla luce della sua gloria.
La bella città di Palanthas adesso non era altro che un ricordo e qualche riga di descrizione nei libri di Astinus. Cumuli di pietre carbonizzate e annerite segnavano le tombe dei palazzi nobiliari. I ricchi depositi, con le loro botti di vino e di birra di ottima qualità, i loro magazzini colmi di cotone e di grano, le casse rigurgitanti di meraviglie provenienti da ogni parte di Krynn giacevano su montagne di ceneri. Gli scafi bruciati delle navi galleggiavano nei porti, anch’essi soffocati dalla cenere. I mercanti frugavano in mezzo alle macerie dei loro negozi, recuperando quello che potevano. Le famiglie fissavano le loro case in rovina, sorreggendosi a vicenda, e ringraziando gli dei di avere, per lo meno, salvato la vita.
Molti non c’erano riusciti. I Cavalieri di Solamnia all’interno della città erano periti quasi tutti, combattendo la loro battaglia senza speranza contro Lord Soth e le sue micidiali legioni. Uno dei primi a cadere era stato il focoso sir Markham. Fedele al giuramento fatto a Tanis, il cavaliere non aveva combattuto contro Lord Soth, ma aveva invece radunato i compagni guidandoli in una carica contro i suoi guerrieri scheletrici. Anche dopo essere stato trafitto molte volte, aveva continuato a combattere coraggiosamente, conducendo più e più volte i suoi uomini insanguinati ed esausti in furibondi assalti contro il nemico finché non era caduto, morto, dal suo cavallo.
Molti erano coloro che a Palanthas, grazie al coraggio dei cavalieri, erano sopravvissuti invece di perire sotto le lame fredde come il ghiaccio dei nonmorti che, così si diceva, erano misteriosamente svaniti, quando il loro condottiero era comparso in mezzo a loro reggendo fra le braccia un corpo avvolto in un sudario.
I corpi dei Cavalieri di Solamnia, pianti come eroi, erano stati portati dai loro compagni nella Torre del Sommo Chierico. E qui erano stati sepolti, in una tomba dove già giaceva il corpo di Sturm Brightblade, Eroe della Guerra delle Dragonlance.
Nell’aprire il sepolcro, che non era più stato disturbato sin dalla Battaglia della Torre del Sommo Chierico, i cavalieri erano rimasti stupiti nel trovare intatto il corpo di Sturm, senza che il tempo l’avesse devastato. Un gioiello elfico luccicava sul suo petto e si pensò che questo fosse la causa del miracolo. Tutti quelli che entrarono, quel giorno, nel sepolcro per piangere i loro cari caduti in battaglia fissarono quel gioiello che irradiava una costante luminosità e provarono una sensazione di pace che alleviava l’amaro tormento del loro dolore.
I cavalieri non furono i soli a essere rimpianti. A Palanthas erano morti anche molti cittadini comuni, uomini che avevano difeso la città e la famiglia, donne che avevano difeso la casa e i figli.
I cittadini di Palanthas bruciarono i loro morti seguendo un’usanza antica di secoli, disperdendo in mare le ceneri dei loro cari, là dove si mischiarono alle ceneri della loro amata città.
Astinus aveva registrato tutto a mano a mano che accadeva. Aveva continuato a scrivere, così riferirono gli Estetici con reverenziale timore, perfino mentre Bertrem, da solo, percuoteva a morte con un randello un draconico che aveva osato invadere lo studio del Maestro. Astinus stava ancora scrivendo quando era divenuto gradualmente consapevole, al di sopra del trepestio delle scope, dei colpi di martello, del vociare, che Bertrem gli stava facendo ombra. Sollevò la fronte e si accigliò.
Bertrem, che non una sola volta era impallidito davanti al nemico, divenne d’un pallore mortale e arretrò all’istante, lasciando che la luce del sole tornasse a cadere sulla pagina.
Astinus riprese a scrivere. «Allora?» disse.
«Caramon Majere e un... un kender sono qui a farti visita, Maestro.» Se Bertrem avesse detto che un demone dell’Abisso era giunto per incontrare Astinus, non sarebbe riuscito a infondere più orrore nella sua voce di quando aveva pronunciato la parola «kender». «Falli entrare,» lo sollecitò Astinus.
«Loro, Maestro?» non potè fare a meno di balbettare Bertrem in preda allo sbigottimento.
Astinus sollevò lo sguardo, tornando ad accigliarsi. «Quel draconico non ha danneggiato il tuo udito, non è vero, Bertrem? Non hai ricevuto, magari, una botta in testa?»
«N... no, Maestro.» Bertrem arrossì e si affrettò a uscire dalla stanza, inciampando nelle sue vesti.
«Caramon Majere e... e Tassle... f... foot B... Burr... hoof,» annunciò Bertrem in preda alla confusione, qualche istante più tardi.
«Tasslehoff Burrfoot,» lo corresse il kender, porgendo una piccola mano ad Astinus, il quale la strinse con solennità. «E tu sei Astinus di Palanthas,» continuò Tas, con il ciuffo che gli sobbalzava per l’eccitazione. «Ti ho già incontrato, ma non puoi ricordarlo, perché non è ancora successo. O piuttosto, a pensarci bene, non accadrà mai, vero, Caramon?»
«No,» rispose l’omone. Astinus girò lo sguardo su Caramon, fissandolo intensamente.
«Non assomigli al tuo gemello,» gli disse, freddamente, «ma d’altra parte Raistlin aveva subito molte prove che l’avevano segnato fisicamente e mentalmente. Però c’è qualcosa di lui nei tuoi occhi...»
Lo storico corrugò la fronte, perplesso. Non capiva, e non c’era mai stato niente sulla faccia di Krynn che non capisse. Di conseguenza, s’incollerì.
Era molto raro che Astinus s’incollerisse. Quando accadeva, la sua irritazione si trasmetteva come un’ondata di terrore fra gli Estetici.
Sì, era proprio incollerito. Le sue sopracciglia grigie si rizzarono, le labbra si strinsero, e c’era un’espressione nei suoi occhi che indusse il kender a guardarsi intorno nervosamente, chiedendosi se non avesse lasciato qualcosa fuori in corridoio di cui aveva urgente bisogno... adesso!