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E solo io sarei rimasto immutato, come si dice che rimanga immutata da trasformazioni matematiche la velocità della luce.

Poi, mentre stavo sorridendo fra me sotto la maschera, mi parve che l’Artiglio, nel suo morbido sacchetto di pelle di daino, premesse contro il mio petto per rammentarmi che il Conciliatore non era stato qualcuno su cui si potesse scherzare, e che io portavo con me un frammento del suo potere. In quel momento, nei guardare dall’altra parte della sala, al disopra delle teste coperte di elmi e di piume o da capelli scompigliati, vidi una Pellegrina.

Attraversai la sala per raggiungerla il più in fretta possibile, spingendo da un lato quelli che non si spostavano per farmi passare (che erano ben pochi perché, sebbene nessuno ritenesse che il mio abito fosse autentico, la mia altezza li induceva a scambiarmi per un esultante, dato che nelle vicinanze non ce n’era nessuno vero con cui fare un confronto).

La Pellegrina non era né giovane né vecchia; sotto lo stretto domino, il suo volto sembrava un liscio ovale, rifinito e remoto come quello della madre superiora che mi aveva permesso di uscire indenne dalla cattedrale ospitata sotto la tenda, dopo che Agia ed io avevamo distrutto l’altare. La donna aveva in mano un bicchierino di vino con cui stava giocherellando, e, quando m’iginocchiai dinnanzi a lei, lo depose su un tavolo per potermi porgere le dita da baciare.

— Confessami ed assolvimi, Domnicella — la implorai. — Ho fatto un terribile torto a te ed alle tue sorelle.

— La Morte arreca danno a tutti noi — mi rispose.

— Ma io non sono la Morte. — A quel punto sollevai lo sguardo su di lei, e fui assalito dal primo dubbio.

— Non lo sei? — Al disopra del brusio della folla la sentii trattenere bruscamente il respiro.

— No, Domnicella. — Per quanto dubitassi già di lei, ebbi timore che fuggisse dinnanzi a me, e protesi la mano per afferrare la cintura che le pendeva dalla vita. — Domnicella, perdonami, ma sei davvero un’appartenente all’ordine?

Senza parlare, la donna scosse il capo, poi si accasciò al suolo.

Non era cosa rara che qualche cliente delle nostre segrete fingesse di svenire, ma la finzione veniva rapidamente individuata, perché chi finge di svenire chiude deliberatamente gli occhi e continua a tenerli chiusi. In uno svenimento reale, invece, la vittima, uomo o donna che sia, perde dapprima il controllo degli occhi, tanto che, per un istante, essi non guardano più nella stessa direzione e talvolta tendono addirittura ad arrovesciarsi all’indietro sotto le palpebre. Le palpebre, a loro volta, raramente si chiudono del tutto, dato che la loro chiusura non dipende quasi mai da un atto deliberato, ma piuttosto da un semplice rilassamento muscolare. Di solito, quindi, si riesce a vedere una porzione di orbita fra le palpebre, come nel caso della donna che si era appena accasciata a terra.

Parecchi uomini mi aiutarono a portarla su un’alcova, quindi ci furono un mucchio di commenti sciocchi sugli effetti del caldo e dell’eccitamento, nessuna delle quali cose era esistita al momento dello svenimento.

Per qualche tempo, mi fu impossibile allontanare i curiosi, poi, quando la cosa ebbe perso la sua novità, se ne andarono tanto in fretta che sarebbe ora stato per me altrettanto impossibile trattenerli se avessi voluto farlo. A quel punto, la donna vestita di scarlatto stava cominciando a muoversi; avevo appreso da un’altra donna, all’incirca della stessa età e mascherata da bambina, che quella era la moglie di un armigero la cui villa non distava molto da Thrax, ma che attualmente si trovava a Nessus per qualche affare. Tornai al tavolo e presi il bicchierino che la donna vi aveva appoggiato, avvicinandoglielo quindi alle labbra.

— No — mi disse debolmente. — Non lo voglio… è sangria, ed io la odio… L’avevo scelta solo perché il suo colore s’intona con quello del mio abito.

— Perché sei svenuta? Perché ho creduto che fossi realmente una sacerdotessa?

— No, perché ho intuito la tua identità — mi rispose, e rimanemmo in silenzio per qualche istante, lei semisdraiata sul divano dove l’avevamo distesa ed io seduto dinnanzi a lei.

Mi feci tornare in mente l’istante in cui mi ero inginocchiato ai suoi piedi, sfruttando la mia capacità, di cui ho già parlato, di ricostruire alla perfezione qualsiasi attimo della mia vita. Infine, mi sentii spinto a domandare:

— Come hai fatto a capirlo?

— Chiunque altro, se si fosse abbigliato in quel modo e gli fosse stato chiesto se era la Morte, avrebbe risposto affermativamente. … perché avrebbe avuto coscienza di essere in maschera. Ero presente alla corte dell’arconte, una settimana fa, quando mio marito ha accusato di furto uno dei nostri peoni. Quel giorno, ti ho visto rimanere da un lato, le braccia conserte sull’impugnatura della tua spada, che hai anche ora con te, e così, quando hai detto quelle parole dopo avermi baciato le dita, ti ho riconosciuto ed ho pensato… Oh, non so cosa ho pensato! Suppongo di aver pensato che ti eri inginocchiato dinnanzi a me perché avevi intenzione di uccidermi. Quando ti ho visto nella corte, dal modo in cui stavi eretto, mi sei parso una persona che si comporterebbe cavalierescamente nei confronti della povera gente cui deve far saltare la testa, ed in particolare nei confronti delle donne.

— Mi sono inginocchiato dinnanzi a te solo perché sono ansioso di riuscire a localizzare le Pellegrine e perché il tuo costume, come il mio, non sembrava affatto un costume.

— Non lo è. Voglio dire, non ho il diritto di portarlo, ma non è semplicemente qualcosa che mi sono fatta confezionare dalle mie cameriere. È un vero abito d’investitura. — Fece una pausa. — Sai che non conosco neppure il tuo nome?

— Severian. Il tuo è Cyriaca… me lo ha detto una donna mentre ci stavamo prendendo cura di te. Posso chiederti come sei venuta in possesso di quell’abito, e se sai dove si trovino adesso le Pellegrine?

— Questo non rientra nei tuoi doveri, vero? — Per un momento mi fissò negli occhi, poi scosse il capo. — È una faccenda personale. Mi hanno allevata loro, ero una postulante, sai? Abbiamo viaggiato su e giù per il continente, ed ho appreso molte cose meravigliose nel campo della botanica semplicemente osservando i fiori e le piante che incontravamo. Qualche volta, quando ci ripenso, mi sembra che passassimo dalle palme ai pini in una settimana, anche se so che non può essere vero.

«Stavo per pronunciare i voti definitivi, e, l’anno prima dell’investitura, ti viene consegnato l’abito, in modo che tu lo possa provare e verificare che ti calzi bene, ed anche perché tu lo possa vedere fra i tuoi abiti comuni ogni volta che disfi i bagagli. È un po’ come quando una ragazza guarda l’abito da sposa di sua madre, sapendo che è stato anche di sua nonna e che lei lo indosserà a sua volta, se si sposerà. Solo che io non ho mai indossato il mio abito per l’investitura, e, quando sono tornata a casa, dopo aver atteso per lungo tempo che passassimo in quelle vicinanze, perché altrimenti non avrei avuto nessuno che mi scortasse, l’ho portato con me.