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— Allora hai sempre saputo che ero qui — disse.

— Potrei rivolgerti la stessa osservazione. Sembra che tu sia arrivata qui prima di me.

— Ho solo intuito che saresti venuto da questa parte. In effetti, sono arrivata poco prima di te, e ho detto alla padrona di casa cosa mi avresti fatto se lei non mi avesse nascosta — mi rispose (e suppongo desiderasse farmi capire che aveva un’alleata, per quanto debole fosse).

— Hai cercato di uccidermi da quando ti ho intravista fra la folla, a Saltus.

— Sarebbe un’accusa? Sì.

— Stai mentendo.

Quella fu una delle poche volte in cui vidi Agia presa alla sprovvista.

— Solo che hai cercato di uccidermi prima ancora di Saltus.

— Con l’avern. Sì, naturalmente.

— Ed anche in seguito. Agia, io so chi è Hethor.

Attesi che rispondesse, ma non disse nulla.

— Il giorno in cui ci siamo incontrati, mi hai detto che c’era un vecchio marinaio che voleva che tu andassi a vivere con lui. Vecchio, brutto e povero, l’hai definito, ed io non sono riuscito a capire come tu, una donna giovane e bella, potessi anche solo considerare la sua offerta se non stavi morendo di fame. Avevi il tuo gemello che ti proteggeva, ed il denaro che ti veniva dal vostro negozietto.

— Sarei dovuta andare da lui e dominarlo — mi rispose, sorprendendomi a sua volta. — Adesso l’ho dominato.

— Pensavo che ti fossi semplicemente promessa a lui, se mi avesse ucciso.

— Gli ho promesso questa e molte altre cose, e così l’ho sottomesso. Lui ti precede, Severian, ed aspetta solo una mia parola.

— Con qualcun’altra delle sue bestie? Grazie per l’avvertimento. È di questo che si tratta, vero? Lui minacciava te ed Agilus con gli animaletti che aveva portato con sé da altri mondi.

— Venne a vendere i suoi vestiti — annuì Agia, — che erano del tipo che s’indossava a bordo delle vecchie navi che salpavano al di là dei confini del mondo molto tempo fa, e non erano un costume, o una contraffazione, e neppure vecchi abiti rimasti al buio per secoli, ma erano invece quasi nuovi. Lui ha detto che le sue navi… tutte quelle navi… si erano perdute nell’oscurità, fra i soli, dove non passano gli anni, perse al punto che neppure il Tempo le poteva ritrovare.

— Lo so — risposi. — Me lo ha detto Jonas.

— Dopo aver saputo che avresti ucciso Agilus, sono andata da lui. Hethor è forte come il ferro sotto certi aspetti, debole sotto altri. Se avessi risparmiato il mio corpo, non avrei potuto ottenere nulla da lui, ma ho fatto invece tutte le strane cose che lui voleva e gli ho fatto credere di amarlo, ed ora lui farà qualsiasi cosa io gli chieda. Ti ha seguito, dopo che hai ucciso Agilus; con il suo argento, ha ingaggiato gli uomini che hai ucciso vicino alla vecchia miniera, e le creature che lui riesce a comandare ti uccideranno per me, se non lo farò qui io stessa.

— Suppongo che intendessi attendere fino a che non mi fossi addormentato per poi scendere ad assassinarmi.

— Prima ti avrei svegliato, una volta che ti avessi puntato il coltello alla gola. Ma il bambino mi ha detto che sapevi che ero qui, ed ho pensato che così sarebbe stato ancora più piacevole. Dimmi una cosa, però… come hai fatto ad intuire chi fosse Hethor?

Un alito di vento trapelò dalle finestre aperte, facendo fumare il fuoco, e sentii il vecchio, che era ripiombato nel silenzio, tossire e sputare sui carboni. Il ragazzino, che era sceso lungo la scala mentre io ed Agia parlavamo, ci stava fissando con i suoi grandi occhi, senza capire.

— Avrei dovuto intuirlo molto prima — replicai. — Il mio amico Jonas era stato un marinaio di quel genere. Ti ricorderai di lui, credo… lo hai intravisto all’imboccatura della miniera e devi aver saputo della sua presenza.

— Sapevamo di lui.

— Forse, provenivano dalla stessa nave, o forse ciascuno dei due era in grado di riconoscere l’altro in base a qualche segno particolare, o forse Hethor temeva che Jonas lo potesse riconoscere. Comunque sia, mi è venuto raramente vicino quando viaggiavo con Jonas, mentre prima era apparso tanto ansioso di stare in mia compagnia. L’ho visto fra la folla, allorché ho giustiziato un uomo e una donna, a Saltus, ma non ha tentato di unirsi a me laggiù. Lungo la strada verso la Casa Assoluta, lo abbiamo visto che ci seguiva, ma non si è avvicinato finché Jonas non se n’è andato, per quanto dovesse avere un disperato desiderio di recuperare le sue notule. Quando è stato gettato nell’anticamera della Casa Assoluta, non ha fatto alcun tentativo di venire a sedersi con noi, anche se Jonas era quasi morto, ma qualcosa che lasciava dietro di sé una scia di fango stava frugando il luogo quando noi lo abbiamo lasciato.

Agia non disse nulla, e, così in silenzio, avrebbe potuto essere la giovane donna che avevo visto, il mattino dopo aver lasciato la nostra torre, mentre staccava le grate che proteggevano le finestre polverose del suo negozio.

— Voi due dovete aver perso la mia pista sulla strada per Thrax — continuai. — Oppure qualche incidente vi ha fatto ritardare. Anche dopo aver scoperto che ero in città, non avete saputo subito che avevo la sovrintendenza del Vincula, altrimenti Hethor non avrebbe mandato la sua creatura di fuoco a vagare per le strade alla mia ricerca. Poi, chissà come, avete trovato Dorcas al Nido dell’Anitra…

— Alloggiavamo là anche noi — spiegò Agia. — Eravamo arrivati solo pochi giorni prima, e ti stavamo ancora cercando quando sei venuto. In seguito, quando ho scoperto che la ragazza nella cameretta era la pazza che avevi trovato al Giardino Botanico, non ho ancora intuito che eri stato tu a portarla là, perché la megera della locanda ci ha detto che l’uomo che l’aveva accompagnata indossava abiti comuni. Ma abbiamo pensato che Dorcas potesse sapere dov’eri, e che sarebbe stata più disposta a parlare con Hethor. Tra parentesi, il suo nome vero non è Hethor: lui dice che è un nome molto più antico che nessuno conosce ormai più.

— E lui ha parlato a Dorcas della creatura di fuoco — dissi, — e Dorcas lo ha riferito a me. Avevo già sentito parlare in precedenza di quella cosa, ma Hethor le ha dato un nome… l’ha chiamata salamandra. Non ci ho fatto caso quando Dorcas me l’ha detto, ma più tardi mi sono ricordato che Jonas aveva saputo dare un nome a quelle cose nere che ci avevano inseguiti fuori dalla Casa Assoluta: le aveva chiamate notule, ed aveva detto che la gente delle navi le chiamava così perché esse tradivano la loro presenza con un’ondata di calore. Se Hethor sapeva dare un nome a quella creatura di fuoco, mi sembrava logico supporre che si trattasse di un nome da marinaio, e che fosse collegato alla natura della creatura stessa.

— Così — fece Agia, con un sottile sorriso, — ora sai tutto, e mi hai dove mi volevi… a patto che tu riesca a maneggiare quella tua grossa spada qui dentro.

— Ti tengo anche senza di essa. Se è per questo, già alla bocca della miniera ti avevo sotto il mio piede.

— Ma io ho ancora il mio coltello.

In quel momento, la madre del ragazzo entrò ed entrambi ci arrestammo. La donna fissò stupita prima Agia e poi me, quindi, come se non ci fosse sorpresa in grado di trapassare il dolore che provava o di alterare quello che doveva fare, chiuse la porta e mise al suo posto la pesante spranga di legno.

— Mi ha sentita mentre ero di sopra, Casdoe — disse Agia, — e mi ha fatto scendere. Mi vuole uccidere.

— E come posso impedirlo io? — replicò stancamente la donna, volgendosi poi verso di me. — L’ho nascosta perché ha detto che le volevi fare del male. Ora ucciderai anche me?

— No, e non ucciderò neanche lei, come Agia sa bene.

Il volto di Agia, distorto dall’ira, mi fece pensare al volto di un’altra adorabile donna, modellato, magari dallo stesso Fechin, con cera colorata, improvvisamente trasformato da una fiammata che l’avesse fatta al contempo squagliare e bruciare.