— Tu sei un po’ in quel modo? — chiese il bambino, indicando il mio petto nudo.
Il pensiero che Severian suggeriva non mi era mai passato prima per la mente, e, per un momento, rimasi interdetto.
— Questa è la legge della mia corporazione. Non mi sono fatto togliere una parte della testa, se questo è quello che mi stai chiedendo — risposi, — ed ero solito portare la camicia… Ma, sì, suppongo di essere anch’io un pochino in quel modo, perché non ho mai pensato di vestirmi neppure quando avevo freddo.
— È per questo che stai fuggendo? — chiese il bambino, mentre la sua espressione mi diceva che avevo confermato i suoi sospetti.
— No, non è per questo che sto fuggendo. Se non altro, suppongo che di me si potrebbe dire l’opposto, e cioè che quella parte della mia testa è diventata troppo grande. Ma hai ragione in merito agli zoantropi, è per questo che si trovano sulle montagne. Quando un uomo diventa come un annuale, diventa un animale pericoloso, e la presenza di animali del genere non può essere tollerata nei luoghi abitati, dove ci sono fattorie e molta gente. Così, essi vengono scacciati sulle montagne, o condotti qui dai loro vecchi amici o da qualcuno che essi hanno pagato per farlo, prima di rifiutare il dono umano del pensiero. Essi possono ancora pensare un poco, naturalmente, come tutti gli esseri umani, quanto basta per trovare il cibo in queste terre selvagge, anche se molti muoiono ogni inverno. Quanto basta per lanciare bastoni, così come le scimmie tirano noccioline, o per usare le clave o per cercarsi una compagna, perché, come ho detto, fra loro vi sono anche alcune femmine. I loro figli e le loro figlie raramente vivono a lungo, tuttavia, ed io suppongo che sia la cosa migliore per loro, dal momento che essi nascono come siamo nati tu ed io… con il fardello della capacità di pensare.
Quel fardello si era fatto pesante per me, quando terminai di parlare, tanto pesante che mi resi conto realmente, per la prima volta, di come esso potesse costituire per alcuni una maledizione altrettanto terribile come lo era per me la mia grande capacità di ricordare.
Non sono mai stato molto sensibile alla bellezza, ma lo splendore di quel cielo e di quelle montagne era tale che sembrava colorare tutte le mie riflessioni, tanto da darmi l’impressione di essere quasi arrivato a comprendere l’incomprensibile. Quando mi era apparso dopo la prima rappresentazione della commedia del Dr. Talos… qualcosa che allora non ero riuscito a capire e che non riuscivo tuttora a comprendere per quanto fossi sempre più sicuro che era avvenuto… il Maestro Malrubius mi aveva parlato della circolarità del governo, anche se il governo era una cosa che non mi riguardava. Ora mi colpì il fatto che la volontà stessa era governata, se non dalla ragione, dalle cose che si trovavano al disotto o al disopra di essa, anche se era molto difficile dire da quale parte della ragione si trovassero queste cose. L’istinto, certamente, doveva trovarsi al disotto di essa, ma non poteva darsi che anch’esso si trovasse invece al disopra? Quando l’alzabo aveva attaccato gli zoantropi, l’istinto l’aveva indotto a difendere dagli altri la sua preda, mentre l’istinto di Becan, credo, era stato quello di difendere sua moglie e suo figlio. Entrambi avevano svolto lo stesso atto, e lo avevano effettuato stando nello stesso corpo: forse che l’istinto più basso e quello più nobile si erano uniti alle spalle della ragione? Oppure esiste un solo istinto, che si trova alle spalle della ragione, cosicché essa ne scorge un aspetto su ciascun lato?
Ma, l’istinto era davvero quell’«attaccamento alla persona del monarca» che il Maestro Malrubius aveva sottinteso essere al contempo la più elevata e la più bassa forma di governo? Perché è chiaro che l’istinto, di per sé, non può nascere dal nulla… i falchi che volavano sulle nostre teste costruivano indubbiamente i loro nidi obbedendo all’istinto, eppure doveva esserci stato un tempo in cui i nidi non esistevano, e quindi il primo falco che ne aveva costruito uno non poteva averlo fatto in base ad un istinto ereditato dai genitori, che non lo possedevano. E neppure poteva essersi tale istinto sviluppato lentamente, con un migliaio di generazioni di falchi che raccoglievano una sola pagliuzza prima che uno di loro ne raccogliesse due, perché né una sola pagliuzza e neppure due potevano essere d’aiuto ad un falco che si volesse costruire un nido. Forse ciò che veniva prima dell’istinto era il più elevato ed insieme il più infimo principio di governo della volontà, o forse no. Gli uccelli roteanti tracciavano i loro geroglifici nel cielo, ma io non ero in grado di decifrarli.
Ci avvicinammo alla sella che univa la montagna all’altra più alta che ho già descritto, e ci parve di muoverci sulla faccia dell’intera Urth, tracciando una linea dal polo all’equatore: la superficie su cui stavamo strisciando come insetti avrebbe potuto effettivamente essere il globo stesso rivoltato. Lontano, dietro di noi, e più avanti, brillavano gli ampi ed incombenti campi di neve, sotto i quali giacevano pietrosi pendii simili alle rive del gelato mare meridionale. Ancora più sotto, c’erano alti prati erbosi costellati di fiori selvatici; rammentai allora il prato fiorito che avevo superato il giorno precedente, e, sotto la coltre azzurra che rivestiva la montagna che avevo dinnanzi, potei distinguere la striscia che essi disegnavano sul petto del colosso, al disotto della quale i pini sembravano quasi neri.
La sella fino alla quale eravamo discesi era del tutto diversa, una distesa di foresta montana dove le piante dalle foglie lucide levavano, con aria malata, il capo alto trecento cubiti verso il sole morente. In mezzo ad esse, i loro fratelli defunti rimanevano eretti, sostenuti da quelli vivi e dall’intrico di liane che li avvolgeva. Vicino al piccolo ruscello accanto al quale ci fermammo per trascorrere la notte, la vegetazione aveva già perso parte della sua delicatezza montana per acquistare il carattere lussureggiante proprio delle terre basse. Ora che eravamo abbastanza vicini alla sella perché potesse vederla chiaramente, e la sua attenzione non era più monopolizzata dalla necessità di camminare ed arrampicarsi, il ragazzino me l’indicò e mi chiese se ci saremmo arrampicati lassù.
— Domani — risposi. — Presto sarà buio, e mi piacerebbe attraversare questa giungla di giorno.
— È pericolosa? — chiese dilatando gli occhi alla parola giungla.
— Non lo so. Da quanto ho sentito a Thrax, gli insetti non dovrebbero essere cattivi come nelle pianure, e non è probabile che qui veniamo disturbati da vampiri succhiasangue… un mio amico è stato morso da uno di quei vampiri, una volta, e non è stata una cosa piacevole. Ma qui vivono le grosse scimmie, ed anche i felini e così via.
— Ed i lupi.
— Ed anche i lupi, naturalmente, solo che si trovano i lupi anche più in alto: in alto, come dove sorgeva la tua casa e più su ancora.
Mi pentii immediatamente di aver menzionato la sua casa, perché quell’accenno di gioia di vivere che stava ritornando sul volto del bambino scomparve con il mio accenno ad essa, e lui mi parve per un momento perso nei suoi pensieri. Poi disse:
— Quando quegli uomini…
— Zoantropi.
— Quando gli zoantropi sono venuti ed hanno fatto male alla mamma, tu sei corso ad aiutarci più presto che hai potuto?
— Sì — risposi. — Sono venuto più presto che ho potuto. — Era vero, almeno in un certo senso, ma era ugualmente doloroso adirsi.
— Bene — proseguì il bambino, mentre io stendevo la sua coperta, lo facevo sdraiare su di essa e poi lo coprivo. — Le stelle si sono fatte più luminose, vero? Diventano sempre più luminose, quando il sole se ne va.
— In realtà, non se ne va — risposi, sdraiandomi accanto a lui e sollevando lo sguardo. — Urth si limita a girare altrove il suo volto, cosicché noi crediamo che lui se ne vada. Se tu non mi guardi, io non vado via per il solo fatto che così non mi vedi.