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— Non è mai stato tuo — replicò la lupa, e, deposto Rospo a terra, si avvicinò talmente al Macellaio che questi avrebbe potuto colpirla, se solo avesse osato. I suoi occhi erano fuochi balenanti. — La tua caccia era illegittima, ed illegittima la preda. Ora egli ha bevuto il mio latte, e sarà un lupo per sempre, consacrato alla luna.

— Ho visto lupi morti — ribatté il Macellaio.

— Sì, ed hai mangiato la loro carne, anche se era troppo marcia persino per le mosche, oserei dire. Forse mangerai anche la mia, se la caduta di un albero mi dovesse uccidere.

— Tu dici che è un lupo. Deve essere portato dinnanzi al Senato. — Il Macellaio si leccò le labbra, ma con lingua arida. Forse avrebbe fronteggiato il lupo all’aperto, ma non aveva il coraggio di affrontare entrambi, e sapeva inoltre che, se fosse riuscito a raggiungere la porta, essi avrebbero preso Rospo e si sarebbero ritirati nei passaggi sotterranei, fra le urne in rovina della tomba, dove la lupa lo avrebbe presto preso alle spalle.

— E cos’hai tu a che fare con il Senato dei Lupi? — chiese la lupa.

— Forse tanto quanto lui — replicò il Macellaio, ed andò via, in cerca di carne più facile da conquistare.

Parte III — L’oro dell’Uccisore Nero

Il Senato dei Lupi si riuniva ad ogni luna piena. Venivano tutti coloro che potevano farlo, poiché si presumeva che chiunque non venisse stava progettando qualche tradimento, magari offrendosi di sorvegliare il bestiame dei figli di Meschia in cambio di qualche rimasuglio di carne. Il lupo che fosse rimasto assente per due sedute del Senato veniva processato al suo ritorno, ed ucciso dalle lupe se riconosciuto colpevole.

Anche i cuccioli dovevano essere condotti dinnanzi al Senato, in modo che ogni lupo adulto che lo volesse, potesse osservarli ed accertarsi che fossero figli di un vero lupo. (Qualche volta le lupe si accoppiavano ad un cane, ma, anche se i figli dei cani spesso somigliano molto a quelli dei lupi, essi hanno sempre su di sé una qualche macchia bianca, poiché il bianco è il colore di Meschia, che rammenta la luce del Pancreatore, e tutti i figli di Meschia lasciano tuttora un marchio bianco su tutto quello che toccano.)

Così la lupa si presentò davanti al Senato dei Lupi quando giunse la luna piena, ed i suoi cuccioli giocavano dinnanzi a lei, ed anche Rospo… che sembrava veramente un rospo, perché la luce lunare che trapelava dalle finestre gli tingeva la pelle di verde… le stava vicino e si aggrappava al pelo della sua gonna. Il Presidente del Branco sedette sul seggio più alto, e, se fu sorpreso di vedere un figlio di Meschia condotto davanti al Senato, i suoi orecchi non lo dimostrarono. Egli cantò:

«In cinque sono vivi, Figli e figlie nati vivi! Se sono falsi, dite perché-é-é! Se volete parlare, parlate testé-é-é!»

Quando i cuccioli venivano condotti dinnanzi al Senato, i genitori non li potevano difendere se la loro autenticità veniva contestata, mentre in qualsiasi altra circostanza sarebbe stato considerato omicidio se qualcuno avesse cercato di far loro del male.

— PARLATE TESTÉ-É-É! — Le mura fecero riecheggiare in distanza quelle parole, cosicché nelle capanne della valle i figli di Meschia si affrettarono a sbarrare le porte, e le figlie di Meschiane si strinsero al seno i loro figli.

Allora il Macellaio, che stava attendendo, celato dietro l’ultimo lupo, si fece avanti.

— Perché ritardate? — chiese. — Io non sono intelligente… sono troppo forte per essere intelligente, come capirete bene. Ma qui ci sono quattro cuccioli, ed un quinto che non è un lupo, ma una mia preda.

— Che diritto ha lui di parlare qui? — chiese allora il lupo. — Certo lui non è un lupo.

— Chiunque può parlare — gridarono una dozzina di voci, — se un lupo richiede la sua testimonianza. Parla, Macellaio!

Allora la lupa allentò la sua spada nel fodero e si preparò all’ultima battaglia, se le cose fossero precipitate. Un demone, essa sembrava, con il volto magro e gli occhi ardenti, poiché un angelo spesso non è altro che un demone che si erge fra noi ed il nemico.

— Tu dici che io non sono un lupo — continuò il Macellaio, — ed hai ragione. Noi sappiamo che odore abbia un lupo, che voce e che aspetto. Quella lupa ha preso un figlio di Meschia come suo cucciolo, ma noi tutti sappiamo che avere una lupa per madre non significa essere lupi.

— Lupi sono coloro che hanno lupi per genitori — gridò il lupo. — Io prendo questo cucciolo come mio figlio!

A quelle parole ci fu una risata, e, quando essa si spense, una strana voce continuò a ridere: era Colui che Ride, venuto a consigliare il Macellaio davanti al Senato dei Lupi, e che gridò:

— Molti hanno parlato così-hì-hì! Ma i loro cuccioli hanno nutrito il branco!

— Sono stati uccisi per il loro pelo bianco — disse il Macellaio. — La pelle è nascosta sotto il pelo: come può vivere questo essere? Datelo a me!

— Due devono parlare — annunciò il Presidente, — questa è la legge. Chi parla in favore di questo cucciolo? È un figlio di Meschia, ma è anche un lupo? Due che non siano i suoi genitori devono parlare per lui.

Allora l’Essere Nudo, che viene considerato un membro del Senato perché istruisce i cuccioli, si alzò.

— Non ho mai insegnato ad un figlio di Meschia — disse. — Potrei imparare qualcosa facendolo. Io parlo per lui.

— Un altro — disse il Presidente. — Un altro deve parlare.

Ci fu solo silenzio, poi l’Uccisore Nero avanzò dal fondo della sala: tutti temono l’Uccisore Nero, poiché, se il suo manto è soffice quanto il pelo di un cucciolo, i suoi occhi ardono nella notte.

— Due che non sono lupi hanno già parlato qui — egli disse. — Potrei forse non parlare anch’io? Ho dell’oro. — E sollevò una borsa.

— Parla! Parla! — gridarono cento voci.

— La legge dice anche che la vita di un cucciolo può essere comprata — replicò l’Uccisore Nero, e si versò l’oro su una mano, riscattando così un impero.

Parte IV — L’Aratura del Pesce

Se si volessero narrare tutte le avventure di Rospo, che visse fra i lupi ed imparò a cacciare ed a combattere, bisognerebbe riempire molti libri. Ma tutti quelli che hanno il sangue di coloro che abitano la cima montana al di là di Urth, sentono il richiamo, prima o poi, e verme il tempo in cui Rospo portò il fuoco al Senato dei Lupi e disse:

— Questo è il Fiore Rosso. Nel suo nome io governo.

E, quando nessuno gli si oppose, egli assunse il comando dei lupi e li chiamò il popolo del suo regno, e presto anche gli uomini vennero a lui oltre ai lupi, e, sebbene fosse ancora un ragazzo, egli sembrava più alto degli uomini che lo circondavano perché aveva il sangue di Inizio d’Estate.

Una notte, quando le rose selvatiche stavano sbocciando, Inizio d’Estate venne a lui in sogno e gli parlò di sua madre, Uccello di Bosco, del padre e dello zio di lei e di suo fratello. Rospo trovò suo fratello, che era diventato un pastore, ed insieme a lui, ai lupi, all’Uccisore Nero ed a molti uomini, andò dal re e richiese ciò che spettava loro per eredità. Il re era vecchio, ed i suoi figli erano morti senza lasciare eredi, quindi il vecchio consegnò loro il suo regno, e di esso Pesce prese le città e le fattorie, e Rospo le colline selvagge.

Ma il numero degli uomini che seguivano Rospo crebbe, ed essi rubarono le donne di altri popoli, ed ebbero figli, e, quando i lupi non furono più necessari e tornarono nelle terre selvagge, Rospo decise che il suo popolo aveva bisogno di una città, con mura che la proteggessero quando gli uomini erano in guerra. Andò allora dove pascolavano le mandrie di Pesce e prese una giumenta ed un toro bianchi, e li aggiogò all’aratro e con essi tracciò un solco che doveva contrassegnare il perimetro del muro. Pesce venne a cercare le sue bestie mentre il popolo si stava preparando ad iniziare la costruzione, e, quando la gente di Rospo gli mostrò il solco e disse che da esso sarebbe nato il loro muro, egli rise e saltò al di là di esso. Ed il popolo, sapendo che le cose piccole non diverranno mai grandi se vengono derise, lo uccise. Ma egli era ormai un uomo adulto, quindi la profezia fatta alla nascita di Vento di Primavera si era adempiuta.