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Mi sistemai Terminus Est sulla spalla, al solito posto, e dissi:

— Certo non penserete che abbia bisogno di quest’antica spada come arma? Essa ha ben più grandi proprietà, come voi tutti dovreste sapere.

— Così ci ha appena detto Abundantius — replicò in fretta l’uomo che aveva fatto apparire il piccolo Severian; l’altro uomo ammantato si stava ancora massaggiando il braccio.

Fissai l’uomo di centro, che era certo quello a cui si era alluso: i suoi occhi erano astuti, e freddi come pietre.

— Abundantius è saggio — commentai, tentando al contempo di escogitare un modo per poter uccidere quell’uomo senza attirarmi addosso tutti gli altri. — E conosce anche, credo, la maledizione che ricade su chi fa del male ad un mago.

— Allora tu saresti un mago — chiese Abundantius.

— Io, che ho tolto la sua preda dalle mani dell’arconte e sono passato, invisibile, in mezzo al suo esercito? Sì, sono stato chiamato così.

— Provaci allora che sei un mago, e noi ti accoglieremo come un fratello. Ma se fallirai la prova o ti rifiuterai di sottometterti ad essa… noi siamo molti, e tu hai una sola spada.

— Non fallirò alcuna prova onesta — ribattei, — anche se né tu né i tuoi seguaci avete l’autorità d’impormene una.

Il mio interlocutore era troppo astuto per lasciarsi attirare in una trappola del genere.

— Questa prova è nota a tutti i presenti eccetto che a te, ed è anche risaputo che è onesta. Tutti quelli che vedi sono riusciti a superarla o sperano di riuscirci.

Mi condussero in una casa che non avevo ancora visto, un posto costruito con tronchi e nascosto fra gli alberi, che non aveva finestre ma un solo ingresso. Quando le torce furono portate dentro, vidi che la sua unica stanza era arredata soltanto con un tappeto d’erba intrecciata ed era tanto lunga rispetto alla larghezza da sembrare un corridoio.

— Qui combatterai il tuo duello con Decuman — spiegò Abundantius, indicando l’uomo cui avevo intorpidito il braccio, il quale mi parve leggermente sorpreso per essere stato prescelto. — Tu hai avuto la meglio su di lui vicino al fuoco, ed ora lui deve aver la meglio su di te, se può. Tu siederai qui, vicino alla porta, in modo da poter essere certo che non entrerà nessuno ad aiutarlo, e lui siederà all’estremità più lontana. Non vi potrete avvicinare l’uno all’altro, né toccarvi come tu hai toccato lui vicino al fuoco. Dovrete intessere i vostri incantesimi, e domattina vedremo chi dei due avrà sottomesso l’altro.

Prendendo per mano il piccolo Severian, lo condussi fino al lato chiuso della costruzione.

— Io mi siederò qui — replicai. — Sono perfettamente certo che non cercherete di venire in aiuto di Decuman, ma voi non avete modo di sapere se io abbia o meno qualche compagno nella giungla, là fuori. Vi siete offerti di fidarvi di me, quindi io mi fiderò di voi.

— Sarebbe meglio — osservò Abundantius, — che tu lasciassi il bambino alla nostra custodia.

— Devo averlo con me — risposi, scuotendo il capo. — È mio, e quando me lo avete sottratto, sul sentiero, mi avete sottratto metà del mio potere. Non mi separerò di nuovo da lui.

— Come desideri — annuì Abundantius, dopo un momento. — Volevamo solo che non gli accadesse alcun male.

— Non gli accadrà alcun male — ribattei.

C’erano anelli di ferro nelle pareti, e quattro degli uomini nudi vi infilarono le loro torce prima di andarsene. Decuman sedette a gambe incrociate vicino alla porta, il bastone posato in grembo, ed anch’io sedetti, tirando vicino a me il bambino.

— Ho paura — mi disse, nascondendo il visino nel mio mantello.

— Hai ogni diritto di averne: gli ultimi tre giorni sono stati molto brutti per te.

Decuman aveva iniziato un lento canto ritmico.

— Piccolo Severian, voglio che tu mi dica cosa ti è successo sul sentiero. Mi sono guardato intorno e tu non c’eri più.

Dovetti confortarlo e rassicurarlo per qualche tempo, ma alla fine i suoi singhiozzi cessarono.

— Loro sono sbucati fuori… gli uomini colorati come alberi e con gli artigli, ed io ho avuto paura e sono scappato.

— Tutto qui?

— E poi altri uomini colorati come alberi sono venuti fuori e mi hanno preso e mi hanno fatto scendere sotto terra dove era buio. Poi mi hanno svegliato e mi hanno sollevato, ed io mi sono trovato dentro il mantello di un uomo. Poi sei arrivato tu e mi hai preso.

— Nessuno ti ha fatto domande?

— Un uomo, nel buio.

— Capisco. Piccolo Severian, non devi fuggire mai più come hai fatto sul sentiero… lo capisci? Scappa solo se scappo anch’io. Se tu non fossi scappato quando abbiamo incontrato quegli uomini colorati come alberi, ora non saremmo qui.

Il ragazzo annuì.

— Decuman — chiamai. — Decuman, possiamo parlare?

Egli m’ignorò, salvo forse che per il fatto che la sua cantilena si fece più forte. Il suo volto era sollevato, come se stesse fissando il soffitto, ma gli occhi erano chiusi.

— Cosa sta facendo? — chiese il ragazzo.

— Sta intessendo un incantesimo.

— Ci farà del male?

— No — risposi. — Simili magie sono per lo più imbrogli… come il sollevarti attraverso un buco in modo che sembri che quell’uomo ti faccia apparire sotto il mantello.

Eppure, mentre parlavo, ero consapevole dell’esistenza di qualcosa di più. Decuman stava concentrando la sua mente su di me come pochi sono in grado di fare, ed a me sembrava di essere nudo in un posto fortemente illuminato dove migliaia di occhi mi osservavano. Una delle torce tremolò e si spense, e, mentre la luce nella stanza diveniva più tenue, l’altra luce, che non potevo vedere, parve diventare più vivida.

Mi alzai. C’erano metodi per uccidere che non lasciavano alcuna traccia, e li ripassai mentalmente mentre camminavo.

All’improvviso, dai muri scaturirono su entrambi i lati alcune picche lunghe più di un metro. Non era il tipo di lancia usato dai soldati, armi ad energia dalle cui cime scaturiscono globi di fiamma, ma semplici pali di legno dalle punte di ferro, come quelli dei contadini di Saltus, anche se erano ugualmente in grado di uccidere a distanza ravvicinata. Tornai a sedermi, ed il ragazzo osservò:

— Credo che siano fuori, e che stiano guardando dalle fessure.

— Sì, adesso lo so anch’io.

— Cosa possiamo fare? — chiese, e, quando non risposi, aggiunse: — Chi sono queste persone, Padre?

Era la prima volta che mi chiamava così, ed io lo strinsi maggiormente a me: mi parve che questo indebolisse la rete che Decuman stava intessendo intorno alla mia mente.

— È solo una supposizione — spiegai, — ma direi che si tratta di un’accademia di maghi… di quei cultisti che praticano quelle che essi ritengono arti segrete. Si suppone che abbiano seguaci dovunque, anche se io ne dubito, e che siano molto crudeli. Hai sentito parlare del Nuovo Sole, Severian? È l’uomo che i profeti dicono verrà a ricacciare indietro i ghiacci ed a porre rimedio alle ingiustizie del mondo.

— Egli ucciderà Abaia — rispose il bambino, con mia sorpresa.

— Sì, si suppone che debba fare anche questo, e molte altre cose. Si dice che avesse già cominciato a farlo una volta, molto tempo fa. Lo sapevi, questo?

Il bambino scosse il capo.

— Allora, il suo scopo era quello di stabilire la pace fra l’umanità e l’Increato, ed era chiamato il Conciliatore. Si è lasciato alle spalle una famosa reliquia, una gemma chiamata l’Artiglio. — Mentre parlavo, portai la mano al petto e strinsi la gemma, e, sebbene non allentassi i legacci del morbido sacchetto che la conteneva, ne potei ugualmente sentire i contorni. Nel momento stesso in cui la toccai, l’invisibile rete che Decuman aveva intessuto intorno alla mia mente si dissolse quasi completamente. Non so immaginare per quale motivo avessi supposto per così tanto tempo che l’Artiglio dovesse essere estratto dal suo nascondiglio per avere efficacia: quella notte scoprii che non era così, e risi.