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— «Questo è il luogo di separazione». Molto bene, molto bene davvero, e particolarmente bene che quelle parole vengano lette qui ed ora, perché questo tempo traccerà davvero una linea fra il vecchio ed il nuovo, quale il mondo non ha ancora visto. Il nome del mio compagno è Piaton, il che, temo, non significa nulla. È un servitore inferiore a quello che tu possiedi, anche se forse è un migliore destriero.

Sentendo pronunciare il suo nome, l’altra testa spalancò gli occhi, che erano semichiusi, e li fece roteare, mentre la sua bocca si muoveva senza che ne uscisse alcun suono, tanto che io pensai che fosse una specie d’idiota.

— Ma ora puoi riporre la tua arma. Come vedi, sono disarmato, anche se già decapitato, e, in ogni caso, non intendo farti alcun male.

Mentre parlava, sollevò le mani e si girò su un fianco e sull’altro, in modo che potessi vedere che era completamente nudo, cosa già fin troppo evidente.

— Sei forse il figlio dell’uomo morto che ho visto nell’edificio laggiù? — chiesi. Avevo rinfoderato Terminus Est, e, mentre parlavo, l’essere si avvicinò di un passo dicendo:

— Niente affatto. Io stesso sono quell’uomo.

Dorcas emerse nei miei pensieri come se stesse uscendo dalle scure acque del Lago degli Uccelli, e sentii ancora la sua mano morta stringere la mia. Prima di rendermi conto di parlare, sbottai:

— Ti ho fatto tornare io in vita?

— Di’ piuttosto che la tua venuta mi ha destato. Tu mi credevi morto, mentre ero solo inaridito. Ho bevuto, e, come vedi, vivo di nuovo. Bere è vivere, ed essere bagnati dall’acqua significa rinascere.

— Se quello che mi dici è vero, è meraviglioso. Ma ho io stesso troppo bisogno d’acqua per pensarci ora. Hai detto di aver bevuto, ed il modo in cui lo hai detto sembra almeno sottintendere che tu abbia intenzioni amichevoli nei miei confronti. Dimostralo, per favore: è molto tempo che non mangio e non bevo.

— Tu hai — disse, con un sorriso, la testa che parlava, — una maniera veramente meravigliosa di adattarti a tutti i miei piani… C’è un’appropriatezza in te, e perfino nel tuo vestiario, che trovo deliziosa. Stavo giusto per suggerire di andare dove vi sono cibo e bevande in quantità. Seguimi.

In quel momento, credo che avrei seguito chiunque mi avesse promesso di procurarmi un po’ d’acqua da qualche parte. Da allora, ho più volte tentato di convincermi che andai per curiosità o perché speravo di scoprire il segreto dei grandi catafratti; ma quando rammento quegli istanti ed analizzo la mia mente com’era allora, non vi trovo altro che disperazione e sete. La cascata accanto alla casa di Casdoe intrecciava le sue colonne d’argento dinnanzi ai miei occhi, e rammentai la Fontana Vatica della Casa Assoluta, ed il flusso d’acqua che era sceso dalla cima della collina, a Thrax, quando avevo aperto la chiusa per allagare il Vincula.

L’uomo dalle due teste camminava davanti a me come se fosse stato sicuro che lo avrei seguito, ed altrettanto sicuro che non lo avrei attaccato; quando aggirammo un angolo, mi resi conto per la prima volta che non mi ero trovato, come credevo, su una di quelle strade a forma di raggio che portavano all’edificio circolare, perché esso si levava ora dinnanzi a noi. Una porta… Anche se non era quella attraverso cui eravamo passati io ed il piccolo Severian… era aperta come prima, ed entrammo.

— Qui — disse la testa che parlava. — Sali.

L’oggetto che m’indicava era simile ad una barca, ed era imbottito all’interno come lo era stata la barca di nenufari nel giardino dell’Autarca, ma non galleggiava nell’acqua, bensì nell’aria. Quando toccai la frisata, la barca beccheggiò e sussultò sotto la mia mano, anche se il movimento era troppo leggero per essere visibile.

— Questo deve essere un velivolo. Non ne avevo mai visto uno tanto da vicino, in precedenza — osservai.

— Se un velivolo fosse una rondine, questo sarebbe un passero, forse. Oppure una talpa, o un uccello giocattolo che i bambini fanno volare colpendolo con i bastoni. Credo che la cortesia richieda che tu salga per primo. Ti assicuro che non c’è alcun pericolo.

Eppure, mi trattenni: mi sembrava che quel vascello avesse un che di talmente misterioso che per il momento non riuscii ad indurmi a mettervi piede.

— Vengo da Nessus — dissi, — e dalla riva orientale del Gyoll, e ci è stato insegnato che l’ospite d’onore a bordo di qualsiasi vascello deve essere l’ultimo a saure ed il primo a scendere.

— Precisamente — replicò la testa che parlava, e, prima che avessi tempo di comprendere cosa stava succedendo, l’uomo dalle due teste mi afferrò per la vita e mi gettò nell’imbarcazione come fossi stato un bambino. Essa sobbalzò e rollò sotto l’impatto del mio corpo, ed un momento più tardi s’inclinò violentemente quando l’uomo dalle due teste balzò accanto a me. — Spero che tu non abbia pensato di poter avere la precedenza su di me, vero?

Sussurrò qualcosa, ed il vascello cominciò a muoversi: inizialmente scivolò lento in avanti, ma poi acquistò maggiore velocità.

— La vera cortesia — proseguì l’uomo, — è quella che si guadagna il suo nome, è la cortesia che è veritiera. Quando il plebeo s’inginocchia dinnanzi al suo monarca, offre il suo collo, e lo offre perché sa che il suo governante glielo può troncare quando lo desidera. La gente comune ama dire… o meglio, era solita dire, in tempi più antichi e migliori, che io non amavo la verità; ma la verità è, che è esattamente la verità che io amo, un’aperta ammissione dei fatti.

Durante tutto quel tempo, eravamo completamente distesi, con meno di una mano di distanza fra noi. La testa idiota che l’altra aveva chiamato Piaton, strabuzzava gli occhi nella mia direzione e muoveva le labbra nel parlare, emettendo un confuso mormorio.

Tentai di sollevarmi a sedere, ma l’uomo dalle due teste mi bloccò con un braccio d’acciaio e mi respinse giù, ammonendo:

— È pericoloso. Questi cosi sono stati costruiti perché vi si stesse sdraiati. Non vorrai perdere la testa, vero? È altrettanto brutto, credimi, quanto averne una di troppo.

La barca puntò il naso verso il basso e sprofondò nell’oscurità. Per un momento, pensai che stessimo per morire, ma quella sensazione si tramutò in un’altra di esilarante velocità, quello stesso tipo di sensazione che avevo sperimentato da ragazzo, quando d’inverno scivolavamo fra i mausolei su tronchi di sempreverdi. Quando mi fui un po’ abituato alla cosa, chiesi:

— Sei nato così? Oppure Piaton è stato in qualche modo innestato su di te? — Credo che avevo già cominciato a rendermi conto che la mia vita sarebbe dipesa dallo scoprire quanto più potevo quello strano essere.

— Il mio nome è Typhon — rise la testa che parlava. — E tanto vale che tu mi chiami così. Hai sentito parlare di me? Un tempo governavo questo pianeta e molti altri.

— Voci della tua potenza echeggiano ancora… Typhon — replicai, perché ero certo che mentisse.

— Eri sul punto di chiamarmi Imperatore o qualcosa del genere, vero? — rise di nuovo. — E lo farai ancora. No, non sono nato così, o nato affatto, nel senso che tu intendi. Né Piaton è stato innestato su di me: io sono stato innestato su di lui. Cosa ne pensi?

La barca viaggiava tanto rapidamente che l’aria fischiava sulle nostre teste, ma la discesa sembrava meno ripida di prima, e, mentre parlavo, divenne quasi pianeggiante.

— Lo desideravi?

— L’ho ordinato.

— Allora credo che sia molto strano. Perché avresti dovuto ordinare che ti facessero una cosa simile?

— In modo da poter vivere, naturalmente. — Era troppo scuro perché potessi discernere una delle due facce, anche se quella di Typhon era a meno di un cubito dalla mia. — Tutta la nostra vita è diretta a preservare la vita… questa è quella che chiamiamo la Legge dell’Esistenza. I nostri corpi, vedi, muoiono molto prima di noi, ed in effetti sarebbe onesto dire che moriamo perché essi muoiono. I miei medici, che naturalmente erano i migliori di parecchi mondi, mi dissero che poteva essere possibile per me occupare un nuovo corpo, ed inizialmente pensarono di racchiudere il mio cervello nel cranio occupato da un altro. Non vedi il difetto di questa cosa?