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Una sorgente montana sgorgava appena ad una dozzina di passi di distanza, ma non c’era legna per il fuoco. Trascorsi la serata raccogliendo nidi abbandonati di uccelli su una superficie rocciosa a mezza lega di distanza, e quella notte accesi il fuoco usando come acciarino la punta di Terminus Est, feci bollire quel pasto secco (il che richiese parecchio tempo a causa dell’altitudine), e lo mangiai tutto. Fu, credo, il pasto più buono che avessi mai consumato, ed aveva un esclusivo ma inconfondibile aroma di miele, come se il nettare della pianta fosse stato trattenuto dai chicchi secchi, così come il sale di certi mari, di cui solo Urth rammenta l’esistenza, è ancora conservato nel cuore di alcune pietre.

Ero deciso a pagare per quello che avevo mangiato, e frugai nella giberna alla ricerca di qualcosa che avesse almeno lo stesso valore del granturco, da lasciare al pastore. Non potevo cedere il libro marrone di Thecla, e mi addolcii la coscienza dicendomi che era improbabile che il pastore sapesse leggere. Non volevo neppure cedere la mia pietra per affilare spezzata… sia perché mi ricordava l’uomo verde, sia perché sarebbe stata un dono di cattivo gusto, là dove pietre altrettanto buone giacevano dappertutto sull’erba. Non avevo denaro, perché avevo lasciato tutto ciò che possedevo a Dorcas, ed alla fine optai per la mantella scarlatta che lei ed io avevamo trovato nel fango della città di pietra molto tempo prima di arrivare a Thrax. Era macchiata e troppo sottile per dare calore, ma sperai che i tasselli ed il colore vivace piacessero a colui del cui cibo mi ero nutrito.

Non ho mai pienamente compreso come avesse fatto quella mantella a finire là dove l’avevo trovata, né se lo strano individuo che ci aveva chiamati a sé in modo da poter avere un sia pur breve periodo di nuova vita, l’avesse lasciata indietro intenzionalmente o per caso quando la pioggia lo aveva costretto a tornare ad essere polvere come era stato da tanto tempo.

L’antico ordine sacerdotale delle Pellegrine deve essere dotato di certi poteri che esse usano raramente o addirittura mai, e non è assurdo supporre che quella pratica di resuscitare i morti si trovi fra essi. Se è così, Apu-Punchau poteva aver chiamato a sé le sacerdotesse come aveva chiamato noi, e la mantella poteva essere stata abbandonata accidentalmente.

Eppure, anche se era così, poteva darsi che fosse stata servita una qualche più elevata autorità. È in questo modo che la maggior parte dei saggi spiegano il paradosso apparente per cui, sebbene noi scegliamo liberamente di compiere questa o quell’altra azione, di commettere un crimine o di rubare per altruismo la sacra distinzione dell’Empyrian, tuttavia l’Increato mantiene il comando assoluto ed è servito in ugual misura (cioè totalmente) da coloro che obbediscono e da coloro che si ribellano.

E non solo questo. Alcuni, le cui argomentazioni ho letto sul libro marrone e discusso parecchie volte con Thecla, sostengono che fluttuanti nella Presenza si trovano una moltitudine di esseri che, sebbene appaiano minuscoli… addirittura infinitesimali… in confronto risultano enormi agli occhi degli uomini, per i quali il loro signore è talmente gigantesco da essere invisibile. (Egli è reso minuto dalla sua illimitata mole, cosicché noi siamo collegati a lui come coloro che camminano su un continente ma vedono solo le foreste, le paludi, le colline di sabbia e così via, e per quanto avvertano, per esempio, la presenza di qualche sassolino nelle scarpe, non riflettono mai sul fatto che la terra che hanno contemplato per tutta la loro vita sta camminando con loro).

Ci sono altri saggi, inoltre, che dubitano dell’esistenza di quel potere cui si dice che questi esseri, che possono essere chiamati amschaspands, siano asserviti, ma che sostengono nondimeno l’esistenza di questi esseri. Le loro asserzioni non sono basate sull’umana testimonianza… che è abbondante ed a cui aggiungo la mia, perché io ho visto un simile essere nelle pagine fatte di specchi nelle camere di Padre Inire… ma piuttosto su una teoria inconfutabile, perché essi dicono che se l’universo non è stato creato (cosa che, per ragioni non completamente filosofiche trovano conveniente negare), allora deve essere esistito da sempre fino a questo giorno. E se esso è così esistito, il tempo stesso si estende al di là del giorno presente senza fine, ed in un simile, illimitato, oceano di tempo, tutte le cose concepibili devono necessariamente passare. Esseri come gli amschaspands sono concepibili, perché questi saggi e molti altri li hanno immaginati. Ma, se creature tanto possenti sono arrivate ad esistere, come possono poi essere distrutte? Pertanto, esse devono esistere ancora.

Così, per la paradossale natura del sapere, si arriva alla conclusione che, se si può dubitare dell’esistenza dell’Ylem, la primordiale fonte di tutte le cose, non si può però dubitare dell’esistenza dei suoi servi.

E, dal momento che simili esseri certamente esistono, non potrebbe darsi che essi interferiscano (se la si può chiamare interferenza) nei nostri affari creando casualità simili a quella della mantella scarlatta che avevo deciso di lasciare nel rifugio? Non è necessaria una potenza illimitata per interferire con l’economia interna di un nido di formiche… un bambino la può sconvolgere con un rametto. Non riesco ad immaginare un pensiero più terribile di questo. (Quello della morte, che è comunemente supposto il più terribile dei pensieri immaginabili, non mi tormenta molto; è più alla mia vita che io, forse a causa della perfezione della mia memoria, trovo difficile pensare.)

Eppure, esiste un’altra spiegazione: forse tutti coloro che cercano di servire la Teofania, e forse anche tutti coloro che sostengono di servirla, per quanto ci sembrino tanto differenti ed addirittura intenti a combattere una specie di guerra gli uni contro gli altri, sono invece tutti legati fra loro, come la marionetta del ragazzo e dell’uomo di legno che avevo visto una volta in sogno e che, sebbene sembrassero combattersi a vicenda, erano nondimeno sotto il controllo di un invisibile individuo che manipolava i fili di entrambi. Se è così, allora lo shaman da noi visto poteva essere stato un amico ed alleato di quelle sacerdotesse che, con il loro grado di civilizzazione, vagavano in lungo ed in largo per la stessa terra sulla quale lui, una volta, in modo primitivo e selvaggio, aveva offerto sacrifici con la rigidità liturgica di tamburi e crotali nel piccolo tempio della città di pietra.

Con le ultime luci del giorno successivo alla notte trascorsa nel rifugio del pastore, arrivai in vista del lago chiamato Diuturna. Era quello, credo, e non il mare, ciò che avevo visto all’orizzonte prima che la mia mente fosse incatenata da Typhon… se in effetti il mio incontro con Typhon e Piaton non era stato una visione o un sogno, dal quale mi ero per forza svegliato nel punto stesso in cui avevo cominciato a sognare. Comunque, il Lago Diuturna è quasi un mare esso stesso, perché le sue dimensioni sono sufficientemente vaste per risultare incomprensibili alla mente; ed è la mente, dopo tutto, a creare le risonanze generate da quella parola… senza la mente, esiste solo una frazione di Urth coperta di acqua stagnante. Anche se quel lago si trova ad un’altitudine sostanzialmente maggiore di quella del mare vero, io trascorsi buona parte del pomeriggio a scendere verso le sue rive.

Quella camminata costituì un’esperienza notevole, che custodisco ancora con piacere, ed è forse una delle più splendide che riesco a rammentare, anche se ora conservo nella mente le esperienze di così tanti uomini e donne, perché, nel discendere quei pendii, passai attraverso le stagioni dell’anno. Quando avevo lasciato il rifugio del pastore, avevo sopra di me, alle mie spalle ed alla mia destra, grandi distese di neve e ghiaccio, attraverso le quali si vedevano scuri crepacci ancora più gelidi, spazzati dal vento che ne toglieva la neve, che scendeva giù a fondersi sulla tenera erba su cui stavo camminando, l’erba dell’inizio della primavera. Mentre avanzavo, l’erba si fece più dura e di un verde più carico; il suono degli insetti, di cui non sono mai consapevole a meno che lo senta da parecchio tempo, riprese, con un vigore che mi fece tornare in mente l’accordo degli strumenti nella Sala Azzurra, prima dell’inizio della cantilena iniziale, un suono che talvolta ero solito ascoltare quando giacevo sul mio pagliericcio vicino alla porta aperta del dormitorio degli apprendisti.