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— Allora perché ti sei mostrata? — riuscii a dire.

— Anche se tu ci vedi, noi non vedremo più te — mi rispose. — La nostra amicizia inizia e termina qui, temo. Consideralo un dono di benvenuto da parte di amici che se ne stanno andando.

Poi il dottore, davanti a noi, spalancò una porta ed il tamburellare della pioggia divenne un rombo, ed io percepii la gelida, ma viva aria esterna che invadeva l’atmosfera fredda e morta dell’interno della torre. Baldanders dovette chinarsi e girare le spalle per poter superare la soglia, ed io rimasi colpito dalla consapevolezza che, con il tempo, non ci sarebbe più riuscito, indipendentemente dalle cure del Dr. Talos… La porta avrebbe dovuto essere allargata, ed anche le scale, perché se fosse caduto sarebbe certo morto. Compresi allora quel che prima mi aveva lasciato perplesso: il motivo per cui le stanze erano tanto grandi ed i soffitti tanto alti in questa che era la sua torre. E mi chiesi come fossero le volte di roccia sotto le quali Baldanders teneva confinati i suoi affamati prigionieri.

XXXV

IL SEGNALE

La nave non poggiava sulla struttura della torre, come sembrava dal basso. Piuttosto, pareva fluttuare nell’aria ad una catena circa di distanza sulle nostre teste… troppo in alto per proteggerci dalla pioggia che faceva brillare come madreperla nera il suo involucro ricurvo. Mentre la fissavo, non potei fare a meno di riflettere sulle vele che un simile vascello avrebbe dovuto possedere per utilizzare il vento che soffia fra i mondi; poi, proprio quando cominciavo a meravigliarmi che l’equipaggio della nave non sbirciasse neppure verso il basso per vedere noi, gli strani e sgraziati esseri che per un po’ camminavano sul fondo, sotto il loro vascello, uno di essi scese effettivamente, camminando a testa in giù come uno scoiattolo, avvolto in una luce arancione ed aderendo alla paratia con le mani ed i piedi, anche se essa era umida come una qualsiasi pietra in un fiume e liscia come la lama di Terminus Est. Quando scorse sotto di sé Ossipago, Barbatus e Famulimus, l’essere smise di scendere ed un momento più tardi una linea sottile, anch’essa illuminata d’arancione, cosicché sembrava un filo di luce, venne calata da un punto imprecisato più in alto.

— Ora dobbiamo andare — disse Ossipago a Baldanders, e gli porse l’Artiglio. — Rifletti bene sulle cose che non ti abbiamo detto, e rammenta ciò che non ti abbiamo mostrato.

— Lo farò — replicò Baldanders con la voce più cupa che gli avessi mai sentito.

Poi Ossipago afferrò la linea e scivolò in alto fino a quando il filo si piegò per seguire la curva della nave e lo fece scomparire alla vista. Ma in qualche modo parve che lui non fosse scivolato su, bensì giù, come se la nave fosse stata essa stessa un mondo e traesse a sé tutto ciò che le apparteneva con cieca fame, così come fa Urth. O forse era solo perché Ossipago stava diventando più leggero della nostra aria, come il nuotatore che si tuffa dalla sua nave nel mare, e si stava innalzando come avevo fatto io quando ero balzato dalla barca del capo villaggio.

Comunque fosse, Barbatus e Famulimus lo seguirono. Famulimus agitò una mano prima di sparire dietro la massa della nave; senza dubbio, il dottore e Baldanders credettero che avesse salutato loro, ma io sapevo che quel gesto era rivolto a me. Una raffica di pioggia mi colpì in faccia, accecandomi nonostante il cappuccio.

Lentamente all’inizio, poi sempre più in fretta, la nave si sollevò ed indietreggiò, svanendo non in alto o a nord, a sud, ad est o ad ovest, bensì in una direzione che non sarei più stato in grado d’indicare dopo che fu scomparsa.

— Li hai sentiti. — Baldanders si era girato verso di me.

— Sì, ho parlato con loro — replicai, non comprendendo. — Il Dr. Talos mi ha invitato a farlo quando mi ha aperto la porta nel muro.

— Non mi hanno detto nulla, non mi hanno mostrato nulla.

— Aver visto la loro nave, ed aver parlato con loro — obiettai, — … certo queste cose non sono nulla.

— Mi stanno spingendo avanti, sempre avanti. Mi spingono come un bue condotto al macello.

Si avvicinò ai bastioni e fissò la vasta distesa del lago che le acque smosse dalla pioggia facevano sembrare un mare di latte. I merli erano parecchie spanne più alti della mia testa, ma lui vi appoggiò le mani come fossero una ringhiera, ed io vidi il bagliore dell’Artiglio in un pugno chiuso. Il Dr. Talos mi tirò per il mantello e mi sussurrò che sarebbe stato meglio se fossimo andati dentro, al riparo dalla tempesta, ma io non volevo andare via.

— È cominciato molto tempo prima che tu nascessi. All’inizio mi hanno aiutato, anche se lo hanno fatto soprattutto suggerendo pensieri, ponendo domande. Ora accennano soltanto le cose. Ora si lasciano sfuggire soltanto quanto basta a rendermi certo che una determinata cosa è fattibile. Stanotte non c’è stato neppure questo.

Volendo incitarlo a non usare più gli isolani come cavie per i suoi esperimenti, ma non sapendo come farlo, dissi che avevo visto i suoi proiettili esplosivi, e che essi erano certo una meraviglia ed un notevole risultato.

— Natrium — replicò, volgendosi per fronteggiarmi, la grossa testa levata verso il cielo. — Tu non sai nulla. Il natrium è una semplice sostanza elementare che il mare fornisce a profusione. Credi che lo avrei dato ai pescatori, se fosse stato qualcosa di più di un giocattolo? No, io sono la mia grande creazione. Ed io sono la mia sola grande creazione.

— Guardati intorno — mi sussurrò il Dr. Talos. — Non riconosci tutto questo? È proprio come dice lui.

— Cosa intendi dire? — sussurrai di rimando.

— Il castello? Il mostro? L’uomo di scienza? Ci ho pensato solo adesso. Certo saprai che, come gli importanti eventi del passato proiettano la loro ombra nei secoli, così ora, mentre il sole si sta dirigendo verso l’oscurità, le nostre ombre si proiettano nel passato per turbare i sogni della razza umana.

— Sei pazzo — risposi, — oppure stai scherzando.

— Pazzo? — tuonò Baldanders. — Tu sei pazzo. Tu, con le tue fantasie di teurgia. Come devono ridere di noi! Pensano che siamo tutti barbari… anch’io, che ho faticato per il tempo di tre vite.

Protese il braccio ed aprì la mano. Ora l’Artiglio lampeggiava per lui. Feci per prenderlo, ma egli, con movimento improvviso, lo gettò via. Come brillava nel buio denso di pioggia! Era come se la luminosa Skuld fosse caduta dal cielo notturno.

Allora udii le grida del popolo del lago che aspettava fuori dalla porta. Io non avevo dato loro alcun segnale, eppure il segnale era stato fornito dal solo gesto che, salvo forse un attacco diretto alla mia persona, avrebbe potuto spingermi a lanciarlo. Terminus Est uscì dal fodero mentre il vento trasportava ancora il loro grido di battaglia. La sollevai per colpire, ma, prima che mi potessi avvicinare al gigante, il Dr. Talos balzò fra noi due. Pensai che l’arma da lui levata per parare il colpo fosse solo il suo bastone, e, se il mio cuore non fosse stato lacerato dalla perdita dell’Artiglio, avrei riso nel colpirlo. La mia lama risuonò sull’acciaio, e, sia pure a fatica, il dottore riuscì a contenere il colpo. Baldanders saettò accanto a me prima ancora che me ne rendessi conto e mi spinse contro il parapetto.

Non potevo schivare la stoccata del dottore, ma lui venne ingannato, credo, dal mio manto di fuliggine, e la punta della sua arma, pur sfiorandomi le costole, picchiò contro la pietra. Lo colpii con l’impugnatura della spada e lo feci cadere a terra.

Baldanders non era in vista. Dopo un istante mi resi conto che doveva essere andato alla carica verso la porta, e che il colpo assestatomi era stato solo una sorta di riflesso condizionato, come potrebbe fare un uomo che, assorto in altri pensieri, spenga la candela prima di lasciare la stanza.