Выбрать главу

Non potrebbe essere, chiedeva la pheobad (ed ancora ora non son certo di conoscere la risposta), che invece di viaggiare, come si suppone, lungo le loro tre strade verso una medesima conclusione, essi stiano invece avanzando verso tre conclusioni completamente diverse? Dopo tutto, nella vita reale, quando vediamo tre strade che partono dallo stesso crocevia, non presumiamo mai che puntino tutte e tre verso la stessa meta.

Trovavo allora (e trovo ancora) che questa supposizione sia altrettanto razionale quanto è repellente, e che essa rappresenti tutto quel monomaniacale tessuto di argomentazioni, intrecciato così fittamente che dalla sua rete non può sfuggire la più piccola scintilla di luce né la più minuta obiezione, in cui la mente umana finisce per trovarsi invischiata ogniqualvolta l’argomento è tale che non sia possibile appellarsi in alcun modo ai fatti materiali.

In verità, l’Artiglio era quindi qualcosa d’incommensurabile. Nessuna quantità di denaro, nessun mucchio di arcipelaghi o imperi poteva accostarsi al suo valore più di quanto l’indefinita moltiplicazione di una distanza orizzontale potesse essere eguagliata ad una pari distanza verticale. Se esso era, come io credevo, un oggetto proveniente dall’esterno dell’universo, allora la sua luce, che io avevo visto tanto spesso brillare debolmente e talvolta con vigore, era in un certo senso la sola luce che noi possedessimo. Se esso era andato distrutto, saremmo rimasti ad annaspare nel buio.

Pensavo di aver sempre attribuito un elevato valore alla gemma per tutto il tempo che l’avevo posseduta, ma, mentre sedevo là, su quella sporgenza di pietra sovrastante le acque del Lago Diuturna immerse nel buio, mi resi conto di quanto fossi stato folle a portarla con me, attraverso tutti i miei selvaggi scontri e le mie pazze avventure, fino a quando l’avevo perduta. Poco prima dell’alba, giurai di togliermi la vita se non fossi riuscito a ritrovarla prima che scendesse nuovamente la notte.

Non saprei dire se sarei stato capace o meno di mantenere quel voto. Ho amato la vita da quando mi riesce di ricordare. (Fu, credo, proprio quell’amore per la vita a conferirmi l’abilità che possedevo nella mia arte, poiché non potevo sopportare di veder estinta quella fiamma che amavo, se non in un modo perfetto.) Certo amavo la mia vita, ora mescolata a quella di Thecla, quanto ognuno ama la propria, e, se avessi infranto quel voto, non sarebbe stata la prima volta che facevo una cosa simile.

Ma non ci fu bisogno di verificare. Verso la metà della mattinata di una delle giornate più belle che io abbia mai sperimentato, quando la luce del sole era una languida carezza ed il moto delle onde sottostanti una musica gentile, trovai la gemma… o ciò che ne rimaneva.

Si era frantumata sulle rocce; c’erano frammenti abbastanza grandi per adornare l’anello di un tetrarca e frammenti non più grandi delle pagliuzze luminose visibili nella mica, ma nulla di più. Piangendo, raccolsi quei frammenti uno per uno, e, quando mi accorsi che erano altrettanto inerti e privi di vita quanto i gioielli che i minatori portano ogni giorno alla superficie, i monili razziati dei progenitori da lungo tempo morti, li portai fino al lago e ve li gettai dentro.

Scesi per ben tre volte fino al limitare delle acque con una manciata di frammenti azzurri in mano, tornando ogni volta nel punto in cui avevo trovato la gemma spezzata per raccogliere gli altri; e, dopo il terzo viaggio, trovai, incastrata talmente bene fra due pietre che alla fine fui costretto a tornare al boschetto di pini per prendere qualche ramo con cui disincagliarla e tirarla fuori, una cosa che non era azzurra e non era una gemma, ma che ardeva di un’intensa luce bianca, come una stella.

Fu con curiosità, più che con reverenza, che la trassi fuori. Era così dissimile dal tesoro che avevo cercato… o, per lo meno, così dissimile dai frammenti azzurri che stavo raccogliendo… che fino a che non l’ebbi in mano non mi venne in mente che le due cose potessero essere collegate. Non saprei spiegare come fosse possibile per un oggetto di per sé nero emettere luce, ma questo lo faceva. Avrebbe potuto essere stato intagliato nel giaietto, tanto era scuro e lucido; eppure splendeva, un artiglio lungo quanto l’ultima falange del mio mignolo, crudelmente ricurvo ed appuntito, la realtà del cuore scuro contenuto all’interno della gemma, che doveva essere stata un semplice involucro per esso, una lipsanotheca o una coppella.

Rimasi per lungo tempo inginocchiato, con la schiena rivolta al castello, guardando quello strano, lucente tesoro e poi le onde e poi di nuovo l’oggetto, nel tentativo di afferrarne il significato. Vedendolo così, senza il suo involucro color zaffiro, avvertivo profondamente un effetto che non avevo mai percepito durante tutti i giorni, prima che mi fosse tolto nella casa del capo villaggio. Ogni volta che lo fissavo, esso sembrava cancellare i miei pensieri. Non come fanno il vino e certe droghe, che rendono la mente incapace di pensare, ma sostituendo il pensiero con una condizione più elevata, innalzandomi sempre più fino a che temetti che non sarei più riuscito a tornare allo stato cosciente che definisco normalità. Ripetutamente, distolsi a forza lo sguardo da esso, e, ogni volta che emersi alla realtà, ebbi l’impressione di aver ottenuto una qualche inesprimibile capacità introspettiva rispetto ad immense realtà.

Alla fine, dopo una lunga serie di queste coraggiose avanzate e timorose ritirate, arrivai a comprendere che non avrei mai raggiunto un’effettiva conoscenza in merito al minuscolo oggetto che tenevo in mano, e con quel pensiero (perché era un pensiero) pervenni ad un terzo stadio, uno stato di felice obbedienza priva di riflessione, poiché non c’era più nulla su cui riflettere, un’obbedienza a qualcosa che non sapevo cosa fosse e priva della minima sfumatura di ribellione. Quello stato permase per tutto quel giorno e per buona parte di quello successivo, che mi trovò ormai ben addentro sulle colline.

Qui mi fermo, dopo averti condotto, lettore, da una fortezza all’altra… dalla cintata città di Thrax, che domina il corso superiore dell’Acis, al castello del gigante, che dominava la spiaggia settentrionale del remoto Lago Diuturna. Thrax era stata per me la porta di accesso alle selvagge montagne… Così pure, questa torre solitaria doveva dimostrarsi un altro accesso… l’uscio stesso della guerra, di cui qui aveva avuto luogo una singola e distaccata schermaglia. Da quel tempo ad ora, quella guerra ha tenuto vincolata la mia attenzione quasi senza pausa.

Qui mi fermo. Se non desideri immergerti nella lotta al mio fianco, lettore, non ti biasimo. Non è una lotta facile.

APPENDICE

UNA NOTA SULL’AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE

Il breve resoconto fornito da Severian sulla sua carriera a Thrax è il migliore (anche se non l’unico) documento di cui disponiamo in merito alla conduzione del governo nell’epoca della Repubblica, come essa viene svolta al di là dei lucenti corridoi della Casa Assoluta e delle brulicanti strade di Nessus. È chiaro che la nostra distinzione fra potere legislativo, esecutivo e giudiziario non è applicabile qui… indubbiamente, amministratori come Abdiesus riderebbero del nostro concetto per cui le leggi devono essere emanate da determinate persone, applicate da altre e giudicate da altre ancora. Essi considererebbero un simile sistema impossibile da far funzionare, come effettivamente si sta rivelando.

Nel periodo a cui risalgono i manoscritti, gli arconti ed i tetrarchi sono nominati dall’Autarca, il quale, come rappresentante del popolo, detiene ogni potere nelle sue mani. (Vedi tuttavia l’osservazione fatta da Famulimus a Severian su questo argomento.) Questi ufficiali debbono far eseguire i comandi dell’autarca ed amministrare la giustizia sulla base degli usi della popolazione da essi governata. Essi hanno anche l’autorità di creare le leggi locali… valide su tutta l’area governata dal loro emanatore per tutto il periodo in cui questi rimane in carica… e di farle rispettare con la minaccia della pena di morte. A Thrax, come anche nella Casa Assoluta e nella Cittadella, l’imprigionamento per un periodo di tempo determinato… la punizione per noi più comune… sembra essere sconosciuto. I prigionieri detenuti nel Vincula vengono trattenuti in attesa di essere torturati o giustiziati, o come ostaggi a garanzia del buon comportamento dei loro parenti ed amici.