Il duello con Kadarin rientrava nella contesa tra me e lui, e Kadarin aveva onestamente registrato le sue intenzioni. Non avrebbe ucciso Marjus, e in effetti non aveva ucciso neanche me: si era limitato a ferirmi, perché voleva uccidermi con la spada, non con un'arma proibita.
Quanto agli uomini delle foreste, tutti sapevano che rubavano, ma avrebbero rischiato di uccidere un Alton, anche se solo per sbaglio? La vendetta era sempre stata rapida e terribile… o almeno lo era stata quando i Comyn erano ancora degni di questo nome. All'improvviso, decisi di entrare in contatto con la mente di Dyan. Lui se ne accorse e, aggrottando la fronte, alzò tutte le sue barriere, ma io non raccolsi la sfida, anche se sarei stato in grado di entrargli nella mente a viva forza. Non era ancora il momento.
Intanto, il Reggente Hastur ci richiamava all'ordine del giorno. Naturalmente, si trattava di una formalità, di un semplice riguardo per coloro che erano stati malati o assenti. La ragione stava nel fatto che la cerimonia di chiusura delle sessioni del Consiglio non si poteva tenere se non erano presenti tutti coloro che avevano diritto di partecipare: perciò ci si assicurava che nessuno si lamentasse di non aver potuto esporre le sue ragioni. In teoria, io avrei potuto tenerli lì per tutto il tempo che avessi voluto — io o qualsiasi altro membro — semplicemente rifiutando il mio assenso. In realtà, se l'avessi fatto, avrebbero cominciato a discutere di minuzie e di questioni formali, per impedirmi di parlare, e alla fine avrei dovuto cedere per stanchezza e si sarebbero affrettati a chiudere la sessione. Chiusi i lavori, la legge mi proibiva di rimettere in discussione le decisioni prese. Avevo già visto applicare molte volte quella tecnica ostruzionistica.
Infatti, come se temesse un mio intervento, Lerrys Ridenow si affrettò a far segno che voleva parlare. Si guardò attorno con aria minacciosa, e il Reggente gli diede la parola, senza guardare me.
«Comyn», disse Lerrys, «mi rivolgo a voi per una questione personale.»
Vidi che Diana stringeva i pugni. Stentavo a credere che Lerrys avesse davvero l'intenzione di tirar fuori la cosa in Consiglio, e che venisse a chiedermi soddisfazione, dopo tanto tempo, di una cosa che era successa su un altro pianeta.
Poi mi accorsi che Lerrys non guardava me, ma Derik.
«Miei signori, in momenti come questi, in cui il solco tra i Comyn e gli altri poteri di Darkover si sta approfondendo, il nostro futuro signore dovrebbe prendere una moglie non appartenente al Consiglio, in modo da portarci forti alleanze. Anche Linnell Aillard potrebbe utilizzare il suo matrimonio per far venire tra noi qualche uomo adatto a far parte dei Comyn.»
Lo guardai a occhi sgranati. Certo, io e Diana ci eravamo evitati una pubblica reprimenda, ma la proposta di Lerrys Ridenow era qualcosa di altrettanto grave. Linnell era pallida per la sorpresa, e Callina si era alzata in piedi e lo guardava con occhi fiammeggianti.
«Linnell è affidata alla mia custodia!» esclamò. «Il suo matrimonio non riguarda il Consiglio!»
Dyan ne approfittò subito per farle fare una brutta figura.
«Come?» chiese. «Una Guardiana dei Comyn osa discutere il volere del Consiglio?»
«Non quando riguarda me!» esclamò Callina, con aria di sfida. «Ma, quando riguarda Linnell, sì!»
Sapevo che Lerrys aveva parlato solo per impedirmi di intervenire, ma non potevo guardare l'espressione spaventata di Linnell senza intervenire.
«Idioti!» esclamai con ira «Sì, anche tu, Reggente! Avete astutamente approvato la cosa in Consiglio mentre ero fuori di me, e…»
«Dal suo profondo disprezzo per le normali procedure», disse Lerrys, languido, «ho l'impressione che Lew Alton sia tuttora fuori di sé.»
«Allora, sarebbe stato meglio che lo foste stati anche voi», gridai, voltandomi verso di lui. «Questo Consiglio è una buffonata, e adesso è sceso fino a diventare un'osteria dove tutti litigano! Siamo qui, come tanti perdigiorno nella piazza del mercato, a parlare di matrimoni! Pensate che una diga si possa riparare con gli stuzzicadenti?»
Tutti mi ascoltavano, ma io m'interruppi perché mi sentivo stringere alla gola. Che cosa mi stava succedendo?
La faccia di Gallina sembrava tremolare davanti a me, in uno sfarfallio di tutti i colori. O erano i miei occhi? Ma lei riprese il discorso dal punto in cui l'avevo interrotto.
«Certo», disse. «Qui ci sentiamo talmente al sicuro da poter perdere il nostro tempo in queste sciocchezze! I terrestri si appropriano della nostra gente migliore, e trasformano Thendara in una puzzolente, oscena Città Commerciale, ma noi stiamo qui a discutere, e i giovani delle nostre Famiglie pensano solo ad andare a divertirsi sugli altri pianeti…» fissò gelidamente Diana Ridenow, «…noi stiamo qui, nella Sala dei Cristalli, a combinare matrimoni. E la matrice di Sharra è caduta in mano a Kadarin!
«Avete avuto la dimostrazione, pochi giorni fa, degli antichi poteri dei Comyn, ma che cosa avete fatto? Avete lasciato uccidere Marjus Alton e ferire Lew. Proprio i due che avreste dovuto proteggere con tutte le forze! Chi di voi può rispondere della vita di Marjus? Chi di voi oserebbe prendere il suo posto?»
Prima che qualcuno facesse in tempo a rispondere, intervenni io.
«I terrestri ci hanno lasciato ancora una piccola parte del nostro potere di governarci, e noi ci balocchiamo nel nostro angolino come bambini che litigano per il loro castello di sabbia! Una volta, la gente comune odiava i terrestri, ma oggi odia noi! Da qualche parte, o addirittura dal nulla, potrebbe sorgere un capopopolo, e allora tutto questo odio divamperebbe come una fiammata! Mentre ero sulla Terra, sentivo definire Darkover come l'anello più debole dell'Impero Terrestre. Potremmo essere il primo anello a infrangere la catena della schiavitù, ma che cosa stiamo facendo?»
Mi dovetti interrompere perché ero senza fiato. Per prima cosa, mi accorsi che io e Callina eravamo in contatto mentale, e per seconda cosa che anche quel debole contatto superficiale consumava tutte le mie energie.
Le trasmisi un comando disperato: Interrompi il contatto! Che cosa le era venuto in mente? Io non ero in grado di mantenere quel contatto in presenza di un attenuatore! Lei, senza capire, continuò ad afferrarsi alla mia mente, e io le inviai una piccola scarica mentale, per staccarla da me. Ero talmente debole da non poter più stare in piedi. Mi afferrai ai braccioli della poltrona e mi sedetti, ma non riuscii a staccarmi da quello spietato contatto mentale. Ma era davvero Callina?
Nella sala era sceso il silenzio. Vidi che Diana era pallida e tesa. Lerrys chiese, quasi senza fiato: «Che cosa è successo agli attenuatori?»
Il Reggente Hastur si alzò, si appoggiò al tavolo e fece per parlare; poi sollevò lo sguardo e rimase a bocca aperta.
Anche Callina s'immobilizzò.
Sentii che il pavimento dondolava sotto i miei piedi, come per il terremoto, e che non voleva più fermarsi. E sopra di noi c'era una sorta di miraggio, una distorsione dell'aria.
Diana lanciò un grido.
«Il segno della morte!» mormorò qualcuno, e tutti coloro che erano nella sala rimasero senza parole.
Fissai anch'io il segno che bruciava nell'aria, come un geroglifico di fiamma vivente, e mi sentii raggelare, sentii che tutte le forze mi abbandonavano. Sapevo che cos'era — una distorsione spaziale locale: lo spazio tra noi e chissà quale universo primevo era sottoposto a una tensione insopportabile, e si contorceva e fiammeggiava — ma anche la mia mente era presa da un analogo tormento, ed era piombata in un panico primevo. Per questo, fin da tempi immemorabili quel segno significava morte e distruzione, corpi e menti votati alla rovina.