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Inoltre, anche se non arrivava a toccare l'entità che si era impadronita di lui, la mia scarica era un tormento per il giovane Ridenow. Si agitò per un istante, poi si afflosciò; infine, spinto dalla volontà estranea che lo dominava, venne preso dalle convulsioni.

Con la forza di un pazzo o di un maniaco, riuscì ad allontanare da sé la mia mano. Poi, con l'energia mentale che gli veniva data dalla misteriosa entità che si era impadronita di lui, riuscì a innalzare un'ultima difesa che bloccò il mio attacco. Digrignando i denti per la collera, fui costretto a smettere: se la volontà esterna si fosse bruscamente ritirata, lasciando la sola mente di Lerrys a resistere al mio attacco, la forza del mio attacco mentale l'avrebbe fatto impazzire.

Per un momento, Lerrys rimase immobile, respirando affannosamente. Poi si alzò. Io mi preparai a rintuzzare un nuovo attacco mentale, ma, imprevedibilmente, il giovane mi sorrise.

«Non fare quella faccia così preoccupata, Lew», mi disse. «Ti stupisci, se ti dico che un Alton è importante per Darkover? Pensa a quanto ti ho detto. Tuo fratello era una persona dotata di molto buon senso, e anche tu dovresti averne. Sono certo che ti convincerai che ho ragione.»

Sorridendomi amichevolmente, mi porse la mano all'uso terrestre. Io ero ancora confuso. Gli sfiorai le dita, con cautela, sospettando qualche nuovo trucco.

Ma Lerrys aveva la mente vuota, senza colpe, e la presenza estranea se n'era ormai andata.

Il giovane Ridenow non sapeva neppure che cosa fosse successo.

«Come va, tra l'altro?» mi chiese. «Mi sembri pallido. Se fossi in te, accenderei un attenuatore e mi metterei a dormire. Non sei ancora del tutto a posto, secondo me. Su quei colpi alla testa non c'è da scherzare.»

Con un inchino, uscì dalla stanza; io mi lasciai scivolare su un divano, chiedendomi se il colpo non mi avesse davvero fatto avere le allucinazioni.

Devo guardarmi da tutti, mi chiesi, perché ogni persona è diventata un potenziale aggressore, oppure sono io che vaneggio?

Una lotta mentale come quella da me sostenuta lascia sempre qualche residuo, anche dopo che è terminata. Tremavo come una foglia. Andrés, che entrò nella stanza qualche istante più tardi, si fermò a guardarmi con apprensione.

«Portami da bere», gli dissi.

Stava cominciando a farmi il solito fervorino sui rischi che si corrono bevendo a stomaco vuoto, ma, dopo avermi dato un'altra occhiata, s'interruppe a metà della frase e uscì. Molte volte avevo già avuto l'impressione che riuscisse a leggere nei pensieri più di quanto non fosse disposto ad ammettere.

Quando fece ritorno, non aveva con sé il leggero cordiale di Darkover, ma il forte liquore terrestre di contrabbando che circola a Thendara.

Feci per prendere il bicchiere, ma la mano continuava a tremarmi: non riuscii a stringerlo. Dovetti sollevare la testa e farmi aiutare da Andrés, che mi accostò alle labbra il bicchiere.

Quel liquore forte e aspro non mi era mai piaciuto; ma, dopo averne inghiottito un paio di sorsi, la testa mi si schiarì e potei prendere in mano il bicchiere senza rovesciarlo.

«E piantala di trattarmi come se fossi un bambino!» gridai ad Andrés, che mi ronzava attorno come se temesse di vedermi andare in pezzi da un momento all'altro. Tuttavia, il suo brontolio ebbe un effetto calmante; aveva brontolato allo stesso modo quando ero caduto da cavallo e mi ero rotto un paio di costole.

Comunque, ricordi d'infanzia o no, rifiutai tutti i suoi suggerimenti di mangiare e di andare a dormire e uscii dal mio appartamento.

Il cielo era scuro, con tracce di nuvole. Dagli Hellers arrivavano nubi cariche di pioggia. Brutto tempo per i terrestri, che non possono fare a meno di aerei che volano nell'alto dell'atmosfera, dove le correnti aeree sono imprevedibili. Invece, i nostri cavalli di montagna viaggiano con qualsiasi tempo: pioggia, neve, tempesta. Perché gente intelligente come i terrestri si affidava a un elemento ingannevole come l'aria?

Scesi al piano terreno e attraversai il cortile fino al fondo; mi fermai sul passaggio che correva sulla parte superiore del muro di sostegno, tra il castello e la ripida scarpata che terminava sull'orlo di un alto precipizio; sotto di essa si stendeva l'intera città di Thendara. Mi appoggiai alla ringhiera. Se avessi voluto attaccare i terrestri, mi sarebbe bastato scegliere una notte di tempesta — che avrebbe costretto a terra i loro aerei e i loro elicotteri — per poterli affrontare ad armi pari.

Più avanti, le montagne erano soltanto una linea scura, seghettata, sotto il cielo scuro; ma lontano, poco al di sotto di una delle vette, vidi come una fiamma. Erano solo i fuochi di un carbonaio, probabilmente; ma a causa di quel chiarore ebbi l'impressione che in un altro punto di quei monti uno strano fumo bianco si levasse da una fiamma che non veniva da un normale fuoco, ma da un'incredibile matrice del decimo livello che distorceva lo spazio circostante.

Quando un uomo aveva conosciuto il fuoco di Sharra, quella strana fiamma lo chiamava a sé; faceva vibrare i suoi nervi come la mano dell'arpista faceva vibrare le corde tese del suo strumento. E se non avessi spento quelle vibrazioni, avrei finito per cedere a esse, completamente. Perciò mi opposi con tutte le mie forze alla pulsazione che sentivo dentro di me, simile al respiro di un calore vivo, e che mi ricordava cose che temevo e odiavo… ma che, in modo strano, con mia grande vergogna, desideravo, amavo, avrei voluto riavere.

Dove potevo andare, per smorzare quella vibrazione?

Solo da Callina.

CAPITOLO 8

LE DUE GUARDIANE

Le stanze degli Aillard erano ampie e luminose; le pareti di luce illuminavano di delicati colori Callina, che, inginocchiata sul tappeto, giocava con un animaletto delle foreste, dal mantello a strisce. L'animale le balzava sulla spalla, facendo le fusa e poi correva a nascondere la testa dentro la sua manica.

Linnell sedeva accanto a Callina e aveva sulle ginocchia un'arpa. In piedi, dietro di lei, c'era Regis. Tutti avvertirono immediatamente la mia presenza. Linnell posò l'arpa, e Callina si affrettò ad alzarsi, posò a terra l'animaletto e si aggiustò la veste.

Io, però, andai subito da Callina e la abbracciai. Non si rendeva conto di quanto mi fosse cara, in momenti come quello, in cui la vedevo meno controllata, meno distante. La tenni tra le mie braccia per un momento, poi il vecchio timore si infilò tra noi come la lama di una spada e ci indusse a separarci. Sta' attento, mi dissi.

Per staccarsi da me, Callina prese a parlare di Linnell. «Povera piccola», disse. «Temo che lei e Derik abbiano litigato. Lei gli vuole bene…»

«A me», la interruppi, «interessa solo sapere a chi vuoi bene tu.»

«Sono una Guardiana», rispose lei. «E una comynara

«Comynara!» dissi io, con amarezza. «I Comyn firmerebbero la tua condanna a morte con la stessa indifferenza con cui firmano il tuo certificato di nozze, se la cosa servisse alla loro causa!»

«Se servisse alla mia causa, la firmerei io stessa», disse.

Io la presi per la spalla.

«Intendi lasciarti vendere da loro?» le chiesi, pronunciando quelle parole come se fossero una maledizione. «Che debito abbiamo, nei riguardi del Consiglio? I Comyn hanno giocato con la nostra vita fin da quando siamo nati!»

«Lew, non credo che tu capisca», rispose lei. «Sono stata una pazza, a lasciarti pensare che potessimo appartenere l'uno all'altra. Non sarà mai possibile.»