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Attese la risposta, poi disse con impazienza: «Su, stacca il collegamento dalla tua parte! Adesso innalzerò una barriera di terzo livello attorno alla Torre di Thendara! Dobbiamo fare un lavoro per il Reggente, obbedisci!»

«Quella ragazza è il tecnico più curioso che esista sul pianeta», disse. «Mi dispiace che non ci fosse un'altra, alle reti. Ad Arilinn c'è qualche tecnico che riesce a superare una barriera di terzo grado, ma se ne mettessi una di quarto…»

Trasse un sospiro, senza terminare la frase.

Io, però, capii perfettamente quello che voleva dire; una barriera di terzo grado viene normalmente usata da chi ha bisogno di concentrazione per un lavoro complesso, e la si innalza, in genere, quando si deve dare l'ultimo ritocco a uno schermo, o per piccoli lavori analoghi, che non hanno molto interesse per le altre Torri. Una barriera di quarto grado, invece, fa subito pensare a lavori con sostanze pericolose: se ne avessimo innalzato una, ogni Torre si sarebbe messa sul chi vive, e avrebbe pensato che al Castello dei Comyn si stesse facendo qualcosa di illegale.

Dato il generale disinteresse di Torri e Comyn, comunque, il rischio di essere spiati era molto ridotto. Regolai la fase dello schermo; Callina si sedette al suo posto, davanti alla matrice. Quando lei fu pronta, mi svuotai la mente e pensai soltanto alla configurazione da noi voluta. Come doveva essere, lo straniero che ci occorreva? Tuttavia, senza volontà conscia da parte mia, mi si disegnò subito nella mente uno schema ben preciso.

Per un breve istante, prima che il riflesso dello schermo si allargasse e mi abbagliasse, riuscii a vedere lo schema, all'interno della matrice; poi, quando la mia mente venne assorbita entro lo schermo, divenni cieco e sordo a tutto quello che si svolgeva attorno al mio corpo.

Gradualmente, senza aiuto dagli organi di senso, cominciai però a orientarmi dentro lo schermo, che era nello stesso tempo un modello dell'universo e un modello della mia mente. Attraversai distanze incredibili in frazioni di secondo: anni-luce e intere galassie, mentre mi sfioravano frammenti di pensiero, immagini ed emozioni slegate da un preciso significato: il solito rumore di fondo che si incontra nel mondo mentale.

Poi, ancor prima di avvertire il contatto, sentii il lampo incandescente che era esploso sullo schermo.

Era stata trovata una mente che corrispondeva allo schema cercato. Avevamo teso la nostra rete nello spazio e nel tempo, come pescatori, e la mente che cercavamo era stata catturata.

Io ero senza corpo, sparso su un'infinità di stelle; se in quel momento fosse successo qualcosa, la mia mente sarebbe rimasta isolata dal corpo e si sarebbe persa nello spaziotempo.

Con infinita cautela, entrai in contatto con la mente estranea. Dopo una lotta brevissima, ma intensa, riuscii a impossessarmene. Tutto l'universo, attorno a me, era tornato a essere una fiamma di vetro e di colore, e il riflesso sullo schermo divenne progressivamente un'immagine, poi…

Una luce fortissima mi colpì gli occhi. Un urto insopportabile mi squassò il cervello, il pavimento parve balzare verso la mia faccia, e Callina, che barcollava come me, mi finì addosso.

Stordito, ma cosciente, guardai Callina. La mente estranea non era più agganciata alla mia. Lo schermo era spento.

E afflosciata sul pavimento, ai piedi dello schermo, immobile nel punto dove era arrivata, c'era una ragazza snella, dai capelli scuri.

CAPITOLO 9

UN'EREDE PER GLI ALTON

Ancora malcerta sulle gambe, Callina si inginocchiò vicino alla forma distesa in terra. Io mi accostai, più lentamente, e mi piegai su di lei.

«Non è morta, vero?» chiesi.

«Certo, che non lo è», rispose lei, alzando gli occhi. «Ma è stato terribile, anche per noi. Come credi che sia stato, per lei? È sotto shock.»

La ragazza era stesa su un fianco e si copriva ancora, con il braccio, la faccia. I capelli rosso-bruni le erano caduti in avanti e le nascondevano il viso. Io li scostai delicatamente, poi dovetti immobilizzarmi per la sorpresa.

«È Linnell», disse Callina, con un gemito. «Linnell!»

Sul pavimento era distesa la ragazza che avevo visto allo spazioporto: quella che avevo incontrato nei primi, confusi momenti del mio arrivo a Thendara.

Per un momento, pur sapendo che cosa doveva essere successo, temetti di perdere la ragione. Anche per me, l'esperienza del trasporto era stata una grande fatica. Non c'era nervo che non mi facesse male.

«Che cosa abbiamo fatto?» gemeva Callina. «Che cosa abbiamo fatto?»

La strinsi a me. Dovevo aspettarmelo, mi dissi. Linnell era vicina a noi, tutt'e due le avevamo parlato e avevamo pensato a lei, nelle ore precedenti. E così…

Cercai di darle una spiegazione semplice.

«Tu stessa mi hai ricordato la legge di Cherillys, dei due poli», le dissi. «Ogni oggetto, tranne una matrice, ha un duplicato esatto. Questa sedia, il mio mantello, il cacciavite che hai sul tavolo, la fontana del parco di New Chicago: ciascun oggetto dell'universo ha un duplicato molecolare esatto. Il solo oggetto unico è una matrice, e nell'universo non ci sono tre cose uguali tra loro: se ne esistesse una terza, ne esisterebbe anche una quarta.

«Sai anche il motivo, che è legato a equilibri del secondo ordine nella struttura delle forme: quando un oggetto assume una forma, crea una distorsione permanente nello spazio, dovuta alle forze che mantengono questa forma.

«Secondo la scienza fisica dei terrestri, queste distorsioni si annullano a vicenda, ma noi sappiamo che invece si sommano sempre. Ogni distorsione agisce come una leva sull'intero spazio e lo stacca dalla sua traiettoria spaziotemporale, creando una scia di distorsioni, che a loro volta ne generano altre, e così via, all'infinito.

«Non appena una di queste distorsioni diventa abbastanza grande — e una lo diventa subito, in base alle semplici variazioni casuali; anzi, più è complesso l'oggetto, più in fretta avviene la cosa — le altre confluiscono in essa, e, dato che il sistema tende a uno stato in cui non consuma energia, la configurazione finale è quella identica. Come per i due pesi della bilancia.

«E più è complessa la struttura dell'oggetto, maggiore sarà la distanza tra i duplicati: la copia del tuo cacciavite può essere a poche miglia da noi, ma la copia di una persona non può trovarsi a meno di parecchi anni luce da essa. La copia di una matrice di grado elevato deve essere addirittura in un altro universo.»

«Allora, questa è la gemella di Linnell?» chiese Callina.

«È qualcosa di più della gemella», risposi io. «È quasi impossibile che due gemelli siano anche i due duplicati previsti dalla legge di Cherillys: uno dei due avrà una cicatrice leggermente diversa, o qualcosa del genere. Ma questa è la vera copia di Linnell, il suo “doppio”. Hanno le stesse impronte digitali, le stesse impronte della retina, le stesse onde beta e lo stesso gruppo sanguigno. Probabilmente, la sua personalità sarà diversa da quella di Linnell, perché è cresciuta in un ambiente diverso. Ma fisicamente sono identiche, anche come patrimonio genetico.»

Presi il polso della ragazza e lo mostrai a Callina. Anche su di esso si scorgeva il tatuaggio che viene praticato ai figli legittimi dei Comyn, mediante una matrice, quando vengono presentati in Consiglio.

«In lei è una macchia di nascita», dissi, «ma l'effetto è identico. Vedi?»

Mi alzai. Callina non riusciva a staccare gli occhi dalla ragazza.

«Può vivere nel nostro ambiente?» volle sapere.

«Perché no?» risposi io. «Essendo il duplicato di Linnell, i suoi muscoli e i suoi organi interni sono identici.»

«Sei in grado di sollevarla e di portarla in un'altra stanza?» mi chiese Callina.

Indicò i vari schermi luccicanti.

«Se dovesse svegliarsi in questo momento», disse, «avrebbe un altro brutto shock.»