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La figlia di Thyra. Thyra Scott era ufficialmente la moglie di Kadarin… ammesso che si potesse chiamare moglie, perché tutti sapevano che Kadarin, probabilmente, era suo fratellastro.

Di Kadarin, infatti, si diceva che fosse figlio di Zeb Scott e di una donna delle strane razze semiumane che s'incontrano talvolta negli Hellers, nel fitto delle foreste. Una donna dei chieri, i cosiddetti “elfi” di Darkover, dai grandi poteri mentali, secondo alcuni; una donna nata da un incrocio tra i chieri e gli uomini, secondo altri.

La prima ipotesi, comunque, era poco probabile, perché i chieri, secondo tutte le leggende, erano ermafroditi, e si sono accoppiati con gli uomini solo nei primi secoli dopo l'arrivo dell'uomo sul pianeta. Secondo queste leggende, i figli di tali unioni sono gli Hastur, e infatti, di tanto in tanto, qualcuno accusa ancora gli Hastur di avere “sangue elfo” (e in realtà, nelle Epoche del Caos, molto prima dei Cento Regni, spesso nasceva un Hastur ermafrodita e con sei dita nelle mani, come i chieri).

Sono leggende, certo, ma mio padre mi aveva raccontato che un chieri si era fatto vedere da lui, quando era ragazzo, e che gli aveva dato la conferma di alcune di quelle leggende: grazie al loro potere mentale, gli aveva detto, i chieri erano riusciti a mescolare la loro razza con quella degli uomini per dare ai discendenti i loro poteri. Il chieri da lui incontrato, anzi, considerava gli uomini di Darkover come gli autentici eredi e “figli” della sua razza.

Comunque, dagli esperimenti con cui i chieri hanno cercato di trasmettere agli uomini i loro poteri mentali, non sono sorti solo gli Hastur — che forse si devono considerare come il tentativo meglio riuscito — ma anche le altre Famiglie dei Comyn, e probabilmente anche altri gruppi.

Infatti, noi conosciamo solo quelli che hanno adottato gli usi e costumi umani, mentre i gruppi che condividevano il desiderio di solitudine e di isolamento caratteristico dei chieri non hanno mai avuto interesse a prendere parte alla vita delle città dette Pianure e devono essere rimasti isolati negli Hellers e in altre zone: doveva trattarsi di gruppi di pochi individui, molto longevi, a metà strada tra gli uomini e gli elfi, e dotati di un laran a noi sconosciuto, ma orientato verso la natura, un po' come la sensibilità dei Ridenow, o come la Dote dei MacAran, che permetteva di parlare con gli animali.

È probabile dunque che Zeb Scott, con le sue storie di lontani pianeti e di strane avventure, avesse colpito l'immaginazione di una donna di uno di quei gruppi, da lui incontrata nelle foreste, e che fosse rimasto con lei per parecchio tempo. Dall'incontro era nato Kadarin, e forse erano nati anche gli altri Scott. Quasi certamente Thyra.

Poi, quando Zeb aveva voluto fare ritorno alla civiltà, la donna-elfo doveva avergli cancellato parte dei ricordi: questo spiega anche le difficoltà incontrate da Kadarin per capire dove fosse nascosta Sharra, sulla base delle confuse indicazioni del vecchio Scott.

Kadarin e Thyra, dunque, erano fratellastri se non fratelli, ma negli Hellers c'è ancora l'abitudine di sposarsi tra fratello e sorella, specialmente tra il popolo, che non ha i mezzi per dare una dote alle figlie, e spesso, per evitare tare genetiche, in questo tipo di matrimonio si adotta il figlio di un'altra coppia, o si cerca di avere un figlio da una persona importante, approfittando della Festa del Solstizio: per esempio da qualche esponente della piccola nobiltà, perché il figlio erediti il suo laran.

E un Alton come me sarebbe stato il padre ideale, per un figlio della coppia Kadarin-Thyra!

Aggrottai la fronte, cercando di ricordare esattamente certi particolari del periodo da me trascorso con Kadarin. Di buona parte degli avvenimenti legati a Sharra, però, conservavo solo ricordi confusi; del resto, per sei anni avevo pensato a Sharra il meno possibile e non avevo mai cercato di vincere la parziale amnesia, perché avevo il sospetto che, a ricordare tutto, sarei impazzito.

Forse mi avevano drogato con l'afrosone. Conoscevo i sintomi. La persona drogata vive un'esistenza che esteriormente sembra del tutto normale, ma non conserva alcun ricordo delle proprie azioni, perché da un giorno all'altro perde la continuità del pensiero.

I terrestri direbbero che quella droga lascia inalterata la memoria a breve termine ma blocca quella a lungo termine. In realtà, comunque, una traccia rimane, ma è in codice, come i sogni; uno psichiatra terrestre, o un telepatico delle Torri, potrebbe ricostruire quei sogni e, da essi, scoprire quello che è accaduto alla persona drogata, ma io non lo avevo mai voluto sapere. E non volevo saperlo neppure adesso.

«Dove sei stata, finora, Marja?» chiesi alla bambina.

«In una grande casa, con tanti bambini», mi disse. «Quelli, però, sono orfani, mentre io non lo sono. Io sono un'altra cosa. Me lo dicevano sempre, ma la direttrice non vuole che lo ripeta perché è una brutta parola. Vuoi che te la dica lo stesso?»

«Non importa», le dissi, con un brivido. Non ci voleva molto, a capire che cosa dicessero, quegli orfani mezzo darkovani, a una bambina dai capelli rossi come i suoi, colore posseduto solo dai Comyn. L'avrebbero chiamata “strega”, soprattutto ora che i Comyn venivano osteggiati dalla popolazione comune, ansiosa di gettarsi tra le braccia dell'Impero Terrestre.

Quanto al fatto che la “grande casa” fosse l'orfanotrofio terrestre di Thendara, anch'esso era evidente. Lo stesso Legato Lawton, nella Città Commerciale, mi aveva detto che Kadarin, quando entrava nella Zona Terrestre, si recava soltanto laggiù.

Marja appoggiò la testa sul mio braccio e chiuse gli occhi. Io la sollevai per rimetterla nel suo lettino, e in quel momento sentii una strana pressione nella mente, e compresi, con incredulità, che la bambina cercava di leggermi nei pensieri.

L'idea era stupefacente. A bocca aperta, guardai la bambina. Impossibile! Fino alla pubertà, i bambini non hanno poteri telepatici… Neppure i figli degli Alton! Mai!

Mai? Non potevo dirlo; ovviamente, Marja li aveva. La abbracciai, ma interruppi il contatto, delicatamente, perché non sapevo quale fosse la sua resistenza.

Ma sapevo una cosa. Indipendentemente da chiunque avesse la patria potestà su di lei, Marja era mia! E nessuno sarebbe riuscito a staccarmi da lei. Marjorie era morta, ma Marja viveva, chiunque fosse sua madre, con i lineamenti di Marjorie impressi sulla faccia, ed era la figlia che Marjorie avrebbe potuto darmi se fosse vissuta, e tutto il resto non contava.

E se qualcuno — Hastur, Dyan, lo stesso Kadarin — pensava di potermi togliere la figlia, aveva soltanto da provarci!

Il cielo era ormai chiaro, all'esterno della Torre, e tutt'a un tratto sentii una grande stanchezza. Era stata una notte piena di emozioni. Appoggiai Marja sul letto e la coprii con le coperte, rimboccandole fino al mento. Lei mi guardò con desiderio, senza parlare.

D'impulso mi chinai ad abbracciarla.

«Dormi bene, figlia mia», le dissi, e uscii dalla stanza senza fare rumore.

CAPITOLO 10

LA TERRESTRE

L'indomani, Beltran di Aldaran, con la sua scorta di nobili degli Hellers, giunse al Castello dei Comyn.

Non avrei voluto presenziare alle cerimonie di benvenuto, ma il Reggente Hastur insistette, e io finii per dare il mio assenso. Prima o poi, del resto, avrei dovuto incontrare Beltran, ed era meglio che l'incontro avvenisse in mezzo a estranei, dove tutt'e due potevamo lasciare da parte i nostri dissapori.

Mi salutò con qualche esitazione; un tempo eravamo amici, ma tra noi c'erano adesso gli avvenimenti del passato, con la loro cupa ombra di sangue. Ero lieto di dover dire soltanto le frasi fatte del cerimoniale; potevo pronunciarle senza timore di tradire quell'ostilità che non potevo mostrare.