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Non era granché convincente, come spiegazione, ma riuscì a calmarla leggermente.

«Chi siete?» chiese a Callina.

«Callina Aillard. Sono una Guardiana delle Torri.»

«Sì, ho sentito parlare delle Torri», disse Kathie, che tremava ancora. «Ascoltate una cosa, però… non potete prendere una cittadina terrestre e trascinarla a mezza Galassia di distanza; mio padre farà fuoco e fiamme per trovarmi…»

La voce le si incrinò; sollevò le mani e si coprì gli occhi. Era ancora una bambina, capii, molto meno adulta della nostra Linnell. E come una bambina si mise a piangere.

«Ho paura! Riportatemi a casa!»

Con gentilezza, come se parlasse con Linnell, Callina mormorò: «Povera piccola! Non avere paura!»

Però, c'era ancora una cosa da fare, anche se avrei preferito evitarlo. Kathie doveva essere protetta dalle forze mentali dei darkovani, e io conoscevo un solo modo per farlo. Però, mi dispiaceva, perché mi rendeva vulnerabile. Dovevo mettere una barriera attorno alla sua mente, e nella barriera dovevo mettere una sorta di deviazione, in modo che ogni tentativo di entrare in contatto con Kathie, o di dominare la sua mente, venisse direttamente trasmesso dalla sua mente alla mia.

Inutile spiegare a Kathie quello che volevo fare. Mentre era abbracciata a Gallina, io protesi la mia mente, con tutta la delicatezza possibile, ed entrai in contatto con lei.

Per un attimo, provai un dolore intensissimo. Poi cessò, e Kathie prese a singhiozzare.

«Che cosa mi avete fatto?» pianse. «Sì, ho sentito che eravate voi… ma è impossibile, è una pazzia! Che cosa siete, voi

«Non potevi aspettare che fosse in grado di capire?» protestò Callina.

Ma io mi limitai a guardarle con aria grave, senza rispondere. Avevo fatto una cosa necessaria, e l'avevo fatta subito, perché volevo che la mente di Kathie fosse ben protetta, prima che qualcuno la vedesse.

E, soprattutto, prima che Callina le facesse incontrare Linnell. L'istante di chiaroveggenza, la notte prima, aveva creato in me una forte inquietudine. Perché, tra tutti gli schemi mentali esistenti, proprio quello di Linnell?

Che cosa succedeva, quando due duplicati si incontravano? Nessuno aveva mai fatto la prova, ma intuitivamente mi aspettavo che sorgesse una distorsione. Già la vicinanza delle due ragazze doveva avere causato una tensione nel tessuto dello spazio-tempo, che per ora, trattandosi di semplice materia, veniva compensata dall'energia dello schermo di Callina. Ma se i due duplicati fossero entrati in contatto mentale? Allora non si sarebbe più trattato di semplice materia, ma di forza psichica.

L'unica ipotesi che mi veniva in mente era che i loro pensieri si sarebbero sovrapposti, e che quindi, nell'universo, ci sarebbe stato un altro oggetto unico, non compensato; ma questo che cosa voleva dire? che le due Linnell sarebbero diventate una matrice vivente (ammesso che la cosa avesse significato)? che sarebbe sorta una distorsione e una delle due sarebbe finita in un altro universo? o che Kathie sarebbe tornata al punto di partenza? o che solo la mente di Linnell (o di Kathie, o di tutt'e due) sarebbe finita in un altro universo? Nessuna delle ipotesi mi piaceva molto.

Kathie continuava a piangere, consolata da Callina, che però non riusciva a calmarla. Io, nel vedere il suo pianto, provavo un intenso dolore. Era tanto simile a Linnell, e io non avevo mai sopportato le lacrime della mia cuginetta.

«Faresti meglio ad andartene», mi disse Callina, con severità, e, quando Kathie tornò a singhiozzare, mi ripeté, con ira: «Va' via! Mi occupo io, di lei!»

Mi strinsi nelle spalle, deluso.

«Come vuoi tu», dissi, e girai loro la schiena. Perché Callina non si fidava di me?

E in quel momento, quando mi separai, incollerito, da Callina, feci scattare, senza saperlo, la trappola in cui saremmo caduti tutti.

CAPITOLO 11

IL BALLO DEI COMYN

Una volta l'anno, su Darkover, i Comyn, i maggiorenti della città, i signori dei monti, i rappresentanti degli altri mondi e gli ospiti terrestri della Città Commerciale si mescolano tutti insieme, in una grande festa in cui ci si scambia, esteriormente, le massime espressioni di cordialità. Un tempo, la Festa del Solstizio d'Estate era l'occasione per avvicinare tra loro i Comyn e i rappresentanti delle persone comuni e per far scendere in mezzo alla popolazione anche le persone che normalmente ne stanno lontane, come i giovani cadetti aristocratici e le Libere Amazzoni. Nei monti ha ancora il suo tradizionale connotato di licenza sessuale: per un giorno, i vincoli matrimoniali sono sospesi, e i bambini concepiti durante la festa non sono affatto considerati figli illegittimi: anzi, i “figli del solstizio” sono considerati di buon augurio. Adesso la festa che si teneva al Castello era estesa a tutti coloro che si trovavano sul pianeta, e ogni persona con un minimo di importanza poteva farsi invitare dai Comyn; era anche tradizione che la festa si aprisse con il grande ballo.

Per tradizione, era un ballo mascherato, e anch'io mi ero messo una mascherina sugli occhi, ma non avevo cercato di nascondermi. Mi ero fermato in fondo alla sala, a scambiare convenevoli con un paio di funzionari del servizio spaziale terrestre che da tempo lavoravano con Lawton. Non appena la buona educazione me lo consentì, uscii sul balcone e guardai una delle lune che stava spuntando proprio in quel momento.

Dietro di me, la grande sala era piena di gente che indossava costumi ispirati a tutte le epoche di Darkover e a tutte le razze umane o aliene dell'Impero. Derik si era travestito da sacerdote del sole e indossava una lunga tonaca in filo d'oro, Rafe aveva la maschera, la frusta e i guanti con gli artigli di un assassino delle Città Aride.

Nell'angolo riservato tradizionalmente alle giovani donne, Linnell portava solo una mascherina di pagliuzze di vetro che la rendeva perfettamente riconoscibile, e gli occhi le brillavano per la felicità, poiché si sentiva al centro dell'attenzione. Dato che apparteneva ai Comyn, il suo nome era noto a tutti, su Darkover, ma per tutto l'anno frequentava solo i parenti stretti e le poche amicizie permesse a una ragazza della sua condizione sociale. Ora, mascherata, poteva parlare con chiunque volesse, danzare anche con perfetti sconosciuti, e l'emozione della serata era fin troppo forte per lei.

Accanto a lei, mascherata, scorsi anche Kathie. Non mi era venuto in mente che potesse partecipare alla festa, ma non vidi niente di male nella sua presenza. Era protetta dalla barriera mentale, e portandola alla festa le facevamo capire che non era una prigioniera, ma un'ospite importante. Assomigliava a Linnell, certo, ma la gente si sarebbe limitata a giudicarla una giovane aristocratica del clan Aillard.

Quando mi avvicinai, Linnell mi sorrise.

«Lew, sto insegnando alla tua cugina venuta dalla Terra le nostre danze! Non ci crederai, ma non le conosceva.»

Mia cugina. Doveva essere stata un'idea di Callina. Comunque, giustificava il fatto che parlasse il darkovano con un forte accento terrestre.

«Non mi è mai stata insegnata la danza», intervenne Kathie, sorridendo.

«Non ti è mai stata insegnata la danza?» fece Linnell, incredula. «Lew, tu che sei stato laggiù, non c'è nessuno che danzi, sulla Terra?»

«La danza», risposi, in tono asciutto, «costituisce una parte integrante di ogni cultura umana. È un'attività di gruppo che ha analogie funzionali sociali con i movimenti di gruppo degli uccelli e delle scimmie antropoidi, e che come questi svolge una funzione nelle cerimonie di accoppiamento e di scelta del partner. In talune culture umane è anche un modo tradizionale per entrare in una sorta di stupore estatico, e un analogo comportamento si trova in razze non umane come quella darkovana dei chieri, la cui danza in stato di trance esprime la partecipazione all'armonia delle forze naturali. C'è gente che danza sulla Terra come su Megaera, su Proxima e su Vainwal, e in effetti si danza da un capo all'altro della Galassia, a quanto so. Per ulteriori informazioni, corsi di antropologia sull'argomento, anche in registrazione, sono disponibili dove ti pare. Io non sono in vena di conferenze.»