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Mentre abbattevo una barriera dopo l'altra, qualcosa si opponeva a me: una grottesca parodia del vero Derik. Tuttavia, fui io a vincere. Sentii il nemico tremare e svanire come una nuvoletta di vapore consumata dal sole. La costrizione era sparita, la matrice-trappola era stata distrutta, e Derik, almeno, era libero.

Mi ritirai.

Regis si appoggiava contro una colonna ed era pallidissimo. Mi rivolsi a lui.

«Sei riuscito», gli chiesi, «a capire chi la controllasse?»

«Nessuna traccia», rispose lui. «Quando la matrice si è spezzata, ho sentito la presenza di Callina. Poi…» aggrottò la fronte, «… è scomparsa di nuovo e l'unica presenza che ho sentito è stata quella di Ashara! Perché proprio Ashara?»

Non lo sapevo. Ma se Ashara era desta e vigile avrebbe protetto Callina.

Ci eravamo rivelati, io e Regis; avevamo perso forza vitale, ma per il momento, forse, eravamo al sicuro. La mia principale preoccupazione, in quel momento, era per Regis. Io ero abituato a usare quei poteri, e conoscevo i miei limiti di resistenza. Lui no. A meno che non imparasse a usarli con maggiore cautela, il prossimo passo sarebbero stati l'esaurimento nervoso e il collasso.

Cercai di avvertirlo, ma Regis alzò le spalle.

«Non preoccuparti per me», disse. «Chi c'è con Linnell?»

Mi voltai per vedere se intendesse parlare di Kathie o dell'uomo con il costume da Arlecchino che mi aveva tanto turbato. Accanto a loro, però, c'era adesso un'altra figura mascherata: un uomo con una lunga tonaca e il cappuccio alzato, che gli coprivano completamente la faccia e il corpo.

Ma c'era qualcosa, in quell'uomo, che mi fece venire in mente, con un presentimento orribile, l'inferno che avevo trovato nella mente di Derik. Un'altra vittima… oppure l'uomo che controllava la matrice? Dovetti fare un grande sforzo di volontà per non correre fino a lui e non allontanarlo con la forza da Linnell.

Mi avviai verso di loro, camminando normalmente. Linnell mi vide.

«Lew», mi chiese, «dove eri?»

«Fuori», risposi concisamente. «A guardar sorgere la luna.»

Linnell alzò timidamente la testa per guardarmi. Era profondamente turbata.

«Che cosa c'è, chiya?» Per la forza dell'abitudine, mi veniva facile chiamarla con quel nomignolo infantile.

«Lew, chi è realmente Kathie? Quando sono vicina a lei, mi sento terribilmente strana. Non si tratta solo del fatto che assomiglia a me, ma del fatto che la sento come se fosse me. E poi mi sento… non saprei dire… come se dovessi avvicinarmi a lei, toccarla, abbracciarla. È una specie di sofferenza! Non riesco a staccarmi da lei! Ma, quando la tocco, voglio staccarmi e gridare…»

Linnell si torceva nervosamente le mani, pronta a scoppiare istericamente a piangere o a ridere. Io non sapevo che cosa dire. Non era una ragazza che avesse paura delle ombre; se la cosa la colpiva così, doveva essere qualcosa di importante.

Kathie stava danzando con Rafe Scott. Quando fece ritorno da noi, sorrise a Linnell; quasi come priva di volontà, Linnell cominciò a muoversi verso di lei. Che Kathie stesse facendo sulla mia piccola cugina qualche malvagio trucco mentale? Ma Kathie non aveva alcuna conoscenza dei poteri mentali darkovani. Lo sapevo. E niente poteva oltrepassare il blocco che avevo posto su di lei.

Linnell toccò quasi timidamente la mano a Kathie, lei le mise un braccio attorno alla vita e per qualche istante camminarono allacciate. Poi, con un movimento flessuoso, Linnell si sciolse e venne da me.

«Ecco Callina», disse.

La Guardiana, con aria distaccata e con il suo vestito trapunto di stelle, si faceva strada in mezzo alle coppie che danzavano.

«Dove sei stata, Callina?» le chiese Linnell. Osservò con tristezza lo strano costume della sorella, ma non fece commenti; Callina non fece alcun tentativo di giustificarsi o di spiegare la propria scelta.

«Certo», domandai anch'io, fissando Callina e unendo le immagini mentali alle parole. «Dove sei stata?»

Callina non parve notare la nostra apprensione, e parlò con tranquillità, senza che io potessi leggere messaggi nascosti nelle sue parole.

«Parlavo con Derik», disse. «Mi ha portato con sé per raccontarmi una storia confusa, che gli deve essere stata suggerita dal vino, ma non l'ha finita. Non ti invidio, cara», aggiunse, sorridendo alla sorella. «Per fortuna, alla fine il vino ha avuto il sopravvento… e mi auguro che non debba mai essere sconfitto da nemici più pericolosi.»

Si strinse nelle spalle.

«Vedo che Hastur mi fa segno», disse poi, con brio. «Con lui c'è anche Beltran. Suppongo sia giunta l'ora della cerimonia.»

«Callina…» disse Linnell, che stava per piangere, ma Callina si staccò da lei.

«Non compatirmi, Linnell», le disse. «Non lo farò.» Capii che in realtà voleva dire: “Non sarà un vero matrimonio”.

Non so che cosa avrei potuto fare o dire, ma Callina si allontanò in silenzio, rivolgendomi uno sguardo glaciale come quello di Ashara. Senza poter fare nulla, la vidi allontanarsi in mezzo alla folla.

In quel momento avrei dovuto capire tutto: quando ci lasciò senza abbracciarci, silenziosa e distante come la stessa Ashara, isolata nella sua tragedia e chiusa a tutti noi. Ascoltai gli annunci ufficiali, fatti da Hastur, il quale chiuse sui loro polsi i doppi braccialetti. Da quel momento, Callina era la moglie di Beltran.

Mi guardai attorno, alla ricerca di Regis, e rimasi senza fiato; il ragazzo era pallido come uno straccio. Lo presi sottobraccio e lo trascinai all'esterno. Trasse un profondo sospiro quando l'aria fredda gli colpì la faccia.

«Grazie», mormorò. «Hai fatto bene.»

Si piegò su se stesso e scivolò a terra, privo di sensi. Aveva la mano bagnata di sudore e respirava a fatica. Mi guardai attorno, alla ricerca di aiuto. Diana attraversava il corridoio al braccio di Lerrys…

Lerrys si immobilizzò a metà di un passo. Per un momento si guardò attorno, selvaggiamente, con la faccia convulsa, poi s'irrigidì.

Quella fu solo la prima onda d'urto. Poi si scatenò l'inferno. All'improvviso la sala divenne un incubo, distorto e privo di prospettiva, e il grido di Diana Ridenow s'interruppe, assorbito dall'aria che non era più capace di trasmettere i suoni. Qualcosa, poi, la afferrò e la scosse come un gattino, fece un passo, barcollando…

Le uniche due figure ferme, in mezzo all'aria distorta, erano due uomini: quello vestito da Arlecchino e quello che mi aveva inorridito, con la tonaca e il cappuccio. Adesso però il cappuccio era caduto all'indietro e quella che guardava con odio Diana era la faccia crudele di Dyan. La ragazza fece un passo, a fatica, e poi ne fece un altro; scivolò a terra e non si mosse più.

Lottai contro la paralisi indotta dalla distorsione spaziale. L'Arlecchino e il suo compagno si mossero e presero tra loro Linnell.

Non la toccarono fisicamente. Ma era in loro balìa come se l'avessero afferrata per le mani e per i piedi. Penso che urlasse, ma la stessa idea di “suono” era morta. Linnell si agitò sotto una forza invisibile; un alone scuro li circondò, all'improvviso, e Linnell cadde a terra con uno schianto. Io imprecai, ma non ero in grado di muovermi.

Kathie si gettò a terra, accanto a Linnell. Credo che fosse l'unica persona in grado di muoversi, nell'intera sala. Quando prese Linnell tra le braccia, vidi che aveva il viso sereno; rimase così per un momento, poi fu scossa da uno spasimo e s'afflosciò. Una debole, fragile, piccola cosa, con la testa abbandonata sul petto del suo doppio.

Sopra di loro, Dyan e l'uomo con il costume da Arlecchino parvero diventare più grandi, come effetto della forza che stavano accumulando su di loro.

Per un momento, in cui riuscii a vedere chiaramente al di là dello spazio normale, attraverso la maschera di Arlecchino scorsi il profilo di Kadarin. Poi le facce dei due uomini si unirono a formarne una sola, e per un istante scorsi il viso bellissimo e dannato che avevo visto nella stanza di Ashara, in cima alla Torre. Poi l'ombra si chiuse su di noi.