Il poco promettente silenzio che quelle parole avevano fatto calare sui presenti fu interrotto da un operaio corpulento in tuta verde. — Athos? Il pianeta dei finocchi? Tu sei uno di loro?
— Non può essere — disse un altro, in tuta azzurra. — Quella gente non mette mai il naso fuori dal suo buco.
Un tipo seduto a un tavolo lì accanto, in tuta gialla, disse una cosa estremamente volgare che fece ridere qualcuno.
Ethan trasse un lungo respiro e decise di insistere, anche se non gli sembrava che quegli uomini fossero molto recettivi. — Io vengo da Athos, ve l’assicuro. Sono un athosiano in tutto e per tutto. Il mio nome è Ethan Urquhart, e sono uno specialista in biologia della riproduzione. Mi trovo qui perché recentemente c’è stato un calo nella nostra percentuale delle nascite…
Tuta Verde esplose in una risata. — Posso crederci, ragazzo! Lascia che ti dica una cosa, tesoruccio. qui sei capitato nel posto sbagliato…
L’individuo volgare seduto al tavolo, dalla cui bocca esalavano vapori alcolici ad alta concentrazione, berciò un commento ancor più grossolano del primo e sollevò un dito in quello che sembrava un gesto offensivo. Tuta Verde ridacchiò e batté un indice sul petto di Ethan. — Kline non è il posto giusto per te, athosiano. È su Colonia Beta che devi andare, se vuoi farti operare per cambiare sesso. Poi, quando hai fatto, torna pure qui e magari possiamo organizzare qualcosa insieme… tieni presente che a me piacciono le poppe belle grosse.
— Vedendolo così da dietro, magari questo signorino mi sta bene anche subito! — gracidò Tuta Gialla.
Ethan si girò verso il tavolo, mentre i suoi sentimenti confusi e offesi lasciavano il posto a una freddezza formale. — Signore, lei sembra avere dei pregiudizi dolorosamente ristretti circa il mio pianeta. Le relazioni sentimentali sono questione di preferenze personali, e del tutto private. In realtà vi sono alcuni che per interpretare rigidamente i precetti dei Padri Fondatori fanno voto di castità. Essi sono i più rispettati…
— Yaaak! — gridò Tuta Verde, accanto a lui. — Questo è ancora peggio! — Il suo commento scatenò un coro di risate e di fischi fra gli altri lavoratori.
Ethan sentì un afflusso di rossore al volto. — Scusatemi. Io sono uno straniero, qui. Questo è il solo posto privo di femmine che ho visto finora su Stazione Kline. e così ho pensato che vi avrei trovato persone capaci di apprezzare un discorso razionale. La possibilità che si apre per voi su un pianeta civile…
— Apri questa possibilità! — latrò Tuta Gialla, e si alzò in piedi afferrandosi con gesto osceno la cerniera dei pantaloni.
Ethan girò su se stesso e lo colpì con un pugno alla mascella.
Subito dopo l’orrore e la vergogna per aver perso il controllo fino a quel punto lo paralizzarono. Non era quello il comportamento adatto a un rappresentante dell’Ufficio Immigrazione di Athos… doveva subito scusarsi e…
— Un posto senza femmine, eh? — grugnì Tuta Gialla tirandosi in piedi. I suoi occhi arrossati, pieni d’alcool, mandavano lampi d’ira. — È per questo che sei entrato qui… alla ricerca di pervertiti come te. Ora ti faccio vedere io!
Ethan stava per alzare un dito ammonitore quando s’accorse che non poteva. Due robusti amici di Tuta Gialla l’avevano afferrato da dietro per le braccia. S’irrigidì, lottando contro il terrorizzato impulso di divincolarsi da quella presa e liberarsi. Se fosse rimasto fermo esibendo un’espressione pacata, forse avrebbe potuto…
— Ehi, ragazzi, prendetevela con calma — intervenne Tuta Verde, in tono improvvisamente ansioso. — Dopotutto è un turista ignorante, pensate a cosa… aspetta!
Il primo pugno colpì Ethan al plesso solare e lo fece piegare in due, mentre il fiato gli scaturiva dalla gola con un ansito rauco. I due uomini lo fecero raddrizzare senza complimenti. Tuta Gialla non era un tipo sportivo. — Ecco cosa gli facciamo qui dentro… — whaam, un altro pugno. — … a quelli come te!
Ethan scoprì che non riusciva a trovare il fiato per chiedere scusa Disperatamente pregò che Tuta Gialla facesse un discorso un po’ più lungo per dargli il tempo di respirare. Ma Tuta Gialla continuò la sua opera demolitrice, di destro e di sinistro, colpendolo metodicamente.
— E questo… per aver insinuato… che qui dentro siamo… tutti come te…
Una voce di contralto, fredda e sarcastica, interruppe il pestaggio: — Evidentemente qualcuno non ha ancora capito che alla polizia non piace che i turisti vengano picchiati. È pessima pubblicità. Cosa succederebbe se costui sporgesse denuncia per aggressione?
— Ehi, un momento! — esclamò l’uomo dietro il bancone.
Ethan girò la testa. Era la femmina mercenaria, la comandante Elli Quinn. Possibile che l’avesse seguito fin lì? Stava in piedi qualche passo all’interno del locale, con le braccia lungo i fianchi e la testa leggermente inclinata, lo sguardo attento.
Tuta Verde mormorò qualcosa fra i denti, in tono preoccupato. Tuta Gialla imprecò con rabbia. I due che reggevano Ethan lo lasciarono, e lui cadde pesantemente in ginocchio. Uno di loro, Tuta Azzurra, prese l’ubriaco per un braccio. — Avanti, Zed — disse, senza distogliere lo sguardo dalla faccia della femmina. — Così può bastare, adesso diamoci un taglio.
Tuta Gialla si liberò con uno strattone. — Guarda, guarda. E cos’è per te questo finocchietto, eh, dolcezza? — sbottò.
Un angolo della bocca della femmina si curvò. — Supponiamo che io dica che non sono affari tuoi, eh?
— Le donne che vanno coi finocchi — ringhiò Tuta Gialla, — sono peggio dei finocchi… — E continuò a sbraitare osservazioni grossolane, mentre Ethan, in ginocchio sul pavimento, si massaggiava lo stomaco indolenzito.
— Zed — gli disse Tuta Azzurra. — Falla finita. Questa non è una tecnica. È una mercenaria. Una veterana, anche… guarda i suoi gradi. — Nel locale c’era intanto uno scalpiccio e un movimento generale; parecchi clienti a cui non piaceva come s’erano messe le cose stavano prudentemente raggiungendo l’uscita.
— Tutti gli ubriachi sono uno spettacolo penoso — disse la femmina. — Ma gli ubriachi aggressivi possono essere pericolosi.
Tuta Gialla si mosse verso di lei, senza smettere di grugnire imprecazioni fra i denti. La femmina attese che avesse oltrepassato un confine invisibile, a due passi di distanza da lei. Poi ci fu un improvviso ronzio e nell’aria balenò un lampo azzurrino. Ethan vide l’arma comparsa nella mano di lei rientrare silenziosamente nella fondina ancor prima che Tuta Gialla rotolasse al suolo. Tutti gli altri erano rimasti fuori dal raggio d’azione dello storditore, e intoccati.
— Fatti un sonnellino — sospirò lei. Guardò i due uomini rimasti presso il bancone poco più indietro. — Costui è vostro amico? — domandò, accennando col capo a Tuta Gialla. — Dovreste scegliere meglio i vostri amici. Se io avessi avuto una pistola al plasma potevate andarci di mezzo anche voi… non mi è piaciuto il modo in cui tenevate quest’uomo per farlo picchiare.
Tuta Azzurra e l’altro si scambiarono un’occhiata e uscirono subito dal locale, girandole rispettosamente alla larga. Ethan era ancora in ginocchio; aveva un forte dolore alle costole. La femmina mercenaria lo aiutò a tirarsi in piedi. — Andiamo, athosiano. Sarà meglio che io ti accompagni in un posto più sicuro.
— Avrei dovuto dirgli: "Perché, anche tu hai gusti normali come i miei?" — brontolò cupamente Ethan. — Ecco cos’avrei dovuto dirgli. Oppure…
Le labbra della comandante Quinn s’incurvarono. Irritato Ethan si domandò perché mai tutti quanti sembravano trovar così divertenti gli athosiani. salvo quelli che si comportavano come se temessero d’essere contagiati da un lebbroso.