— I turisti chiedono questo cibo? — domandò Ethan.
Lei gli gettò un’occhiata. — Non esattamente. Di solito i tritoni che vengono serviti agli stranieri appaiono nel menu sotto la voce Zampe di Rana Fresche, importate dalla Terra. Così diventano una pietanza piuttosto cara.
— E questo è… uh, etico?
Quinn scrollò le spalle. — Devono pur fare il loro guadagno. Le specialità rare di provenienza terrestre hanno sempre successo coi ricchi turisti. E anche se i kliniani li apprezzano, in realtà ormai ne hanno fin sopra i capelli e non è facile vendere a loro i tritoni in sovrappiù. Ma l’ufficio del Bio-controllo rifiuta di sostituire i mangia-alghe con un altro sistema, dato che questo modo di riciclare l’ossigeno è economico e funziona perfettamente. I tritoni sono un sottoprodotto e nient’altro.
I due risalirono a cavalcioni del cilindro e fluttuarono via lungo il corridoio. Ethan guardò il profilo della femmina mercenaria seduta davanti a lui. Doveva cercare di sapere qualcosa…
— Che razza di progetto genetico è? — domandò, all’improvviso. — Questo complotto di Millisor, voglio dire. Lei non ne sa di più?
La mercenaria gli elargì uno sguardo pensoso. — Genetica umana. Ma a dire la verità io non so quasi niente. Conosco qualche nome, qualche parola in codice. Dio solo sa cosa si propongono di ottenere. Dei Mostri, forse. O magari vogliono allevare superuomini. Il governo cetagandano è sempre stato in mano a un branco di militaristi molto aggressivi. Forse vogliono allevare un esercito di super-soldati in vasche di crescita, un po’ come fate voi athosiani, e conquistare l’universo o qualcosa del genere.
— Non è probabile — replicò Ethan. — Non un esercito, comunque.
— Perché no? Una volta ottenuto il tipo genetico desiderato lo si può clonare all’infinito, servendosi di replicatori uterini. È solo questione di avere l’attrezzatura sufficiente.
— Oh, sicuro, lei può produrre una gran quantità di bambini… anche se occorrono risorse economiche non indifferenti, migliaia di tecnici ben addestrati e grandi centri di riproduzione. Ma credo che lei non abbia capito che questo è solo l’inizio della spesa. E non è niente, paragonato a ciò che costa allevare questi bambini. Su Athos la cosa assorbe buona parte del prodotto planetario lordo. Nutrirli, alloggiarli, l’educazione, il vestiario, le cure mediche… a noi occorre un grande sforzo economico solo per mantenere stabile la popolazione, figuriamoci quando si parla di aumentarla. Nessun governo potrebbe tassare i cittadini quanto basta per allevare un esercito inizialmente non specializzato e del tutto improduttivo.
Elli Quinn inarcò un sopracciglio. — Strano, detto così. Sugli altri mondi gli esseri umani nascono a milioni, e questo non impoverisce necessariamente l’economia. Al contrario.
Distratto da quel ragionamento Ethan si stupì. — Dice davvero? Ma io non vedo come possano fare. Voglio dire, le spese di laboratorio per portare un feto dall’ovulo al parto sono molto alte, mi creda. Nel suo calcolo dev’esserci qualcosa di sbagliato.
Nello sguardo di lei si accese una scintilla ironica. — Ah, ma sugli altri mondi le spese di laboratorio non pesano sul governo. I loro laboratori funzionano gratis.
Ethan sbatté le palpebre. — Che assurdo punto di vista retrogrado! Gli athosiani non accetterebbero mai un incarico non pagato. Le femmine gravide non ottengono forse un credito da doveri sociali, come compenso della loro prestazione fisiologica?
— Penso che questo rientri nel cosiddetto lavoro non pagato delle casalinghe, anche quando si tratta di donne che lavorano — rispose lei, in tono seccato. — E la produzione di bambini generalmente supera la domanda. Per quanto riguarda il sesso non ci sono crumiri a mettere in crisi la ditta fornitrice di pargoletti.
Ethan era sempre più stupito. — Ma la maggior parte delle donne non sono militari combattenti, allora, come lei? Ci sono uomini fra i Dendarii?
Lei rise forte, poi abbassò la voce per non attrarre gli sguardi dei passanti. — I quattro quinti dei Dendarii sono uomini. E in quanto alle mie colleghe, tre su quattro svolgono mansioni tecniche, non combattenti. Queste percentuali sono all’incirca le stesse su tutti i pianeti umani, salvo in posti come Barrayar dove le forze armate non hanno donne neppure negli uffici.
— Ah — disse Ethan. Dopo una pausa, sconcertato, aggiunse: — Lei è un caso atipico, allora. — L’idea che s’era fatta delle Regole di Comportamento Femminile andava modificata, dunque…
— Caso atipico. — Lei ci rifletté un momento, poi sbuffò. — Già, suppongo che tu mi abbia definito bene.
Passarono in una galleria dove c’erano porte tutte etichettate UFFICIO ECOLOGICO — RICICLAGGIO. Mentre proseguivano in altri corridoi Ethan tirò fuori la sua carota e cominciò a mangiarla, non senza aver strappato via le radichette e le foglie che si mise in tasca, dopo un’occhiata alla perfetta pulizia del marciapiede.
Stava masticando l’ultimo boccone quando arrivarono a una porta su cui era scritto: ASSIMILAZIONE — STAZIONE B e sotto: SOLO PERSONALE AUTORIZZATO.
Nel vasto locale vivamente illuminato dove Quinn lo precedette. Ethan vide file di scaffali su cui erano allineate costose quanto incomprensibili attrezzature elettroniche. Al centro, un bancone da laboratorio gli apparve più familiare perché ospitava il necessario per le analisi organiche. Alcune decine di condotti forniti di portelli d’accesso ognuno di un colore-codice diverso costellavano la parete di fondo. Quella di destra era completamente nascosta da un grande macchinario d’aspetto strano, collegato ad altre apparecchiature tramite un intreccio di tubi; Ethan non si provò neppure a ipotizzare le sue funzioni.
Un paio di gambe in pantaloni verde-pino con una striscia azzurro-cielo sporgevano orizzontalmente fra alcune condutture, al livello del suolo. Una voce acuta stava mugolando parole incomprensibili. Dopo qualche altro grugnito selvaggio ci fu un clangore, a cui seguì il gemito di un meccanismo sigillante; le gambe si agitarono e il loro proprietario si alzò in piedi.
Si trattava di una femmina alta e robusta, con guanti di plastica lunghi fino al gomito, e fra le mani stringeva un oggetto metallico non identificabile lungo circa trenta centimetri che gocciolava di liquido scuro dall’odore disgustoso. F. Helda diceva la targhetta sul taschino sinistro della sua tuta Ecologia — Sorveglianza. La sua faccia arrossata, contorta dall’ira, spaventò Ethan mentre sbraitava ancora: — … incredibile stupidità di questi stranieri mangiafango, che non sanno neppure… — Vide i due appena entrati e s’interruppe. I suoi occhi si strinsero, e con espressione ancor più irritata e minacciosa li interpellò: — E voi chi siete? Non dovreste essere qui. Non sapete leggere?
Sul volto di Quinn c’era una smorfia di disappunto. Subito però si riprese e sorrise cordialmente. — Ho portato giù l’ultima raccolta di tritoni del Controllo Atmosferico. Dale Zeeman mi ha chiesto di fargli questo favore, visto che passavo di qui.
— Zeeman dovrebbe fare il suo lavoro con le sue mani — sbottò la femmina della Sorveglianza Biologica. — invece di affidarlo a una straniera ignorante. Gli farò rapporto, per questo…
— Guardi che io sono della stazione, nata e cresciuta qui — la informò la mercenaria con voce secca. — Mi chiamo Quinn, Elli Quinn Sono passata a salutare mio cugino Teki… lo conoscerà, lavora in questo dipartimento. In effetti, credevo di trovarlo qui, a quest’ora.
— Ah — disse la femmina, non troppo placata. — Suo cugino è nella Stazione A, questa mattina. Ma non la consiglio di andare a disturbarlo proprio adesso; stanno ripulendo i filtri. Non credo che avrà tempo da perdere in chiacchiere finché il sistema non sarà rimesso in funzione. Tuttavia l’orario di lavoro non ò il momento più adatto alle visite personali, se mi permette una…