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L’immagine inquadrata nel piccolo schermo olovisivo (una galleria all’altro capo di Stazione Kline, con negozi e passanti) tendeva a sobbalzare in un modo che disorientava lo sguardo, poiché la telecamera era mimetizzata in uno degli orecchini a forma di fiore fissati ai lobi degli orecchi di Elli Quinn. Ma con un po’ di concentrazione e dopo una mezzora di pratica Ethan riusciva a lasciarsi assorbire dalla scena che si svolgeva in quel settore. La camera d’albergo di Cee, dove aveva trascorso la notte, svanì dalla sua percezione, anche se il giovanotto biondo seduto accanto a lui poteva distrarlo con la sua presenza.

— Niente può andare male, se tu fai esattamente ciò che ti ho detto e ti comporti in modo normale — stava spiegando Quinn a suo cugino Teki, che quel mattino appariva fresco e riposato. Elegante nella linda uniforme verde-pino e azzurro-cielo. Teki non sospettava che la mercenaria stesse trasmettendo altrove la sua immagine. Il bendaggio bianco che il giorno prima gli ornava la fronte era stato sostituito da una striscia di plastica trasparente. Ethan notò che non c’era rossore o irritazione intorno ai bordi del taglio, già ben rimarginato.

— Non dimenticare che è l’assenza del segnale a indicare che tutto va annullato — continuò Quinn. — Io sarò nelle vicinanze, per ogni eventualità, ma tu non guardare mai direttamente verso di me; solo con la coda dell’occhio. Se non mi vedrai alzare una mano nel segno di "tutto bene’" sulla balconata, tornerai subito dentro e restituirai la roba al farmacista, dicendogli che hai sbagliato e che volevi l’altra medicina, il, uh…

— Tryptophan — mormorò Ethan. — Contro l’insonnia.

— Il tryptophan — continuò Quinn. — contro l’insonnia. Poi vai al lavoro come al solito. Non cercare di metterti in contatto con me. Passerò io più tardi a prendere la roba.

— Elli, questa faccenda ha qualcosa a che fare con l’individuo che mi hai chiesto di far uscire dalla quarantena ieri mattina? — volle sapere Teki. — Hai promesso che mi avresti raccontato tutto al momento giusto.

— Non è ancora il momento giusto.

— Stai lavorando per i Mercenari Dendarii, è così?

— Sai bene che sono in ferie.

Teki sorrise. — Sei innamorata di qualcuno di qui, allora? Se non altro è un progresso, rispetto al nanerottolo che viaggiava con te l’anno scorso.

— L’ammiraglio Naismith — disse rigidamente Quinn, — non è un nanerottolo. È una persona di bassa statura. E io non sono mai stata innamorata di lui, razza di ficcanaso cialtrone. Ammiro la sua intelligenza, tutto qui. — L’immagine oscillò quando scosse la testa con un sospiro spazientito. — È un professionista, capisci?

Teki mugolò qualcosa, scettico. — E va bene, ma se questa non è una cosa che stai facendo per il nanerottolo. di che si tratta? Non starai arrotondando la paga col commercio di droga o qualche altra strana illegalità, vero? Io sono sempre felice di farti un favore, ma non se questo deve costarmi il lavoro, dolcezza.

— Sei dalla parte della legge e del bene, te lo assicuro — disse Quinn, dandogli un colpetto nelle costole. — Ma se non ti metti subito in marcia farai tardi al tuo prezioso lavoro. Coraggio.

— E va bene. — Teki scrollò le spalle, senza prendersela. — Ma più tardi dovrai raccontarmi tutto, siamo intesi? — Si girò a guardare la galleria. — Comunque. se è tutto così legale e morale e giusto, perchè continui a dirmi che niente può andare male?

— Perché niente deve andare male — disse Quinn fra i denti, in una via di mezzo fra una minaccia e una preghiera, e gli fece cenno di avviarsi.

Pochi minuti dopo s’incamminò nella stessa direzione in cui era scomparso Teki. Ethan e Cee furono condotti in una lenta passeggiata davanti alle vetrine dei negozi. Soltanto un movimento cauto che consentì alla telecamera d’inquadrarlo li informò che il cugino della comandante Quinn era ancora in vista. Quando lei si fermò su una balconata riuscirono a scorgerlo; il giovanotto era entrato in una farmacia e stava aspettando il suo turno. Quinn si spostò fino a poterlo vedere attraverso la porta e poi regolò il microfono direzionale che aveva fra i capelli, regolandolo per oltrepassare la voce di un video che proponeva ai clienti un nuovo farmaco contro la nausea in assenza di peso.

— Dovrò farla arrivare dal magazzino — stava dicendo il farmacista, non abbiamo molte richieste di questa sostanza. Vediamo… — Batté qualcosa su una tastiera e guardò uno schermo. — Le sono state consigliate le pasticche da mezzo grammo, o quelle da un grammo?

— Uh… quelle da un grammo, mi sembra — rispose Teki.

— Bene, le ho richieste — disse l’uomo, e si girò verso il tubo della spedizione pneumatica. Ci fu una lunga pausa. Il farmacista bofonchiò tra i denti e batté ancora sulla tastiera. Lo sportello trasparente del tubo non si aprì. Il computer emise alcune note musicali. Il farmacista scosse il capo e introdusse di nuovo l’ordinazione.

— La trappola di Millisor al lavoro? — mormorò Ethan a Cee.

— È probabile. Un ritardo, per dare a uno di loro il tempo di intervenire. Spero di sbagliarmi, ma…

— Mi spiace, signore — disse il farmacista a Teki. — Sembra che in magazzino ci sia qualche intoppo. Se vuole accomodarsi lì, vado a prelevare le pillole personalmente. Ci vorranno pochi minuti.

Quinn si piegò sulla balaustra e controllò la ripresa della microcamera-orecchino con un minuscolo schermo da polso. Eseguì uno zoom trasmettendo a Ethan e Cee un’inquadratura del farmacista, che stava tirando fuori un catalogo o qualcosa del genere da sotto il banco. L’uomo soffiò via uno strato di polvere e uscì da una porta sul fondo, sfogliando le pagine.

Teki fece un sospiro e si gettò a sedere su un comodo divano, voltandosi a cercare Quinn con lo sguardo. Lei spostò l’inquadratura su un piccolo scaffale pieno di contraccettivi bisex, pillole gialle che avevano effetto per un mese. Anche la scena del depliant sullo scaffale era bisex, e tale che Ethan arrossì per l’imbarazzo. Sapeva che gli uomini e le femmine facevano quella cosa, ma vederlo esposto così… gettò un’occhiata di traverso a Cee, il quale non mostrava però la minima reazione. Ethan riportò fermamente lo sguardo sullo schermo olografico. Il giovanotto biondo era senza dubbio abituato a cose simili, dato che per sua stessa ammissione aveva vissuto in intimità con una femmina per parecchi anni. Probabilmente non vedeva nulla di sbagliato in quella cosa. Ethan desiderò che Quinn la smettesse d’interessarsi a quelle imbarazzanti specialità farmaceutiche.

— Topi — mormorò la mercenaria. — Sono svelti, dannazione.

L’inquadratura della microcamera si allargò di nuovo, e dopo un attimo di disorientamento Ethan vide che nella farmacia era entrato un altro cliente. Altezza media, abito grigio, compatto come una bomba… Rau.

Il cetagandano rallentò il passo, si voltò a guardare il banco dietro cui al momento non c’era nessuno, diede una lunga occhiata a Teki e poi gli voltò le spalle con indifferenza, comportandosi come un cliente qualsiasi. Fermo davanti allo scaffale dei contraccettivi si girò verso la porta, guardò fuori e vide Quinn dall’altra parte della galleria, appoggiata alla ringhiera. La bruna mercenaria doveva avergli elargito uno dei suoi sorrisi più abbaglianti, comprese Ethan, perché le labbra dell’uomo si curvarono in un involontario sorriso di risposta. Subito dopo, tuttavia, il cetagandano diede la schiena alla porta e a quella presenza che rischiava di distrarlo troppo.

Due minuti dopo il farmacista riapparve dal retro, salutò con un cenno del capo il nuovo cliente, mostrò a Teki una confezione di compresse con aria soddisfatta e si fece consegnare la sua carta di credito. Il computer la inghiottì e ne esaminò il contenuto, senza problemi e senza ritardi, quindi la restituì con l’accompagnamento di alcune soddisfatte note musicali.