— Io ho cercato di dirglielo, ma lei non si è mai fermata un momento ad ascoltarmi. Immagini di essere l’agente di qualcuno, o quello che le pare, qui su Stazione Kline. e di volersi impadronire delle colture ovariche spedite ad Athos. Immagini di dover prendere l’improvvisa decisione di sostituire quei tessuti congelati con altro materiale. E noi sappiamo che la decisione è stata improvvisa, perché se lei l’avesse programmata avrebbe portato con sé delle colture autentiche e nessuno avrebbe mai saputo e indagato sulla sostituzione. Giusto? Allora dove, dove, nel nome di Dio il Padre, andrebbe a prendere 450 ovaie umane? No, neppure 450: trecento e ottantotto, più sei ovaie di mucca. Io dico che neanche sul suo Manuale del Mago dello Spazio c’è scritto da quale cilindro tirarle fuori, comandante Quinn.
La bruna mercenaria aprì la bocca, la richiuse, e assunse un’aria molto pensosa. — Vai avanti, dottore.
Millisor aveva lasciato cadere la sua maschera indignata da Harmon Dal e, come dimentico dello storditore di Quinn, fissava Ethan con rapita attenzione. Rau spiava il suo capo in attesa di qualche segnale che gli desse l’ordine di agire. L’altro sorvegliante ecologico aveva un’aria disinteressata e spazientita. L’agente della Sicurezza, benché sorpreso da quel secondo e non meno imprevisto risvolto della situazione, sembrava deciso a mettere a verbale ogni parola pronunciata in quella stanza.
Ethan continuò: — Dimentichi le 426 astronavi sospette. Segua al contrario la rotta di una sola nave, quella del censimento galattico, quando ancora era attesa qui nella sua rotta verso Athos. Metodo, motivo e opportunità, per i Nove Peccati Capitali! Chi ha accesso a ogni locale e ogni cassetto di Stazione Kline? Chi può andare dentro e fuori da un magazzino senza che nessuno faccia domande? Chi si vede passare davanti ogni giorno le salme dei defunti… cadaveri metà dei quali sono di sesso femminile, e da cui nessuno noterà mai la scomparsa di pochi grammi di tessuto, perché i corpi vengono biodegradati subito dopo il prelievo? Ma questi cadaveri femminili non erano abbastanza, eh, Helda, per sostituire l’intero insieme delle colture ovariche prima che la nave del censimento partisse per Athos. Vero? Ecco perciò le ovaie di mucca, gettate frettolosamente nel mucchio tanto per fare numero, e le scatole piene solo in parte, e la scatola vuota. — Ethan fece una pausa, ansimando.
— Lei è un folle! — rantolò Helda. La sua faccia era impallidita ancor di più, ma ora stava diventando paonazza. Gli occhi ostili di Millisor la stavano divorando. Quinn la guardava come un essere umano di fronte a una visione ultraterrena. Le dita dell’agente della Sicurezza erano inchiodate alla tastiera del minicomp in una sorta di stupefatta paralisi.
— Non folle quanto lei — disse Ethan. — Cosa sperava di ottenere?
— Domanda inutile — sbottò Millisor. — Noi sappiamo a cosa mirava. Non si faccia ingannare dalle apparenze, e le domandi chi l’ha pagata e dove ha mandato le… — Un secco gesto dello storditore di Quinn gli ricordò che era stato retrocesso dal rango di interrogatore a quello di prigioniero.
— Voi dovete andare tutti al Reparto Quarantena e…
— È finita, Helda — disse Ethan. — Scommetto che se scendessi giù al Riciclaggio troverei da qualche parte un sigillatore per pacchi postali.
— Oh, sicuro — lo informò volonterosamente Teki. — Lo usiamo per sigillare oggetti ritenuti contaminati e immagazzinarli in attesa di ulteriori analisi. È sotto il tavolo dove sezioniamo gli oggetti organici troppo voluminosi prima d’introdurli nel degradatore. Io l’ho usato per sigillare un paio di scarpe, una volta. Ho anche cercato di sigillare globi d’acqua da gettare nei pozzi antigravità, ma non ci sono riuscito perché…
— Chiudi la bocca. Teki! — protestò disperatamente Helda.
— Questo è niente. Pensa che Vernon ha sigillato dei topi bianchi e li ha spediti…
— Basta con queste chiacchiere insulse — grugnì Millisor da un angolo della bocca, esasperato. Teki si calmò e sedette, sbattendo le palpebre.
Ethan allargò le mani e fronteggiò Helda senza ostilità, scuotendo la testa. — Perché ha fatto questo? Io devo capire.
L’ostilità concentrata nell’atteggiamento della femmina esplose in parole quasi a dispetto della sua volontà. — Perché? Lei ha anche il coraggio di chiedermi il perché? Quando ho visto sull’etichetta qual era il contenuto delle scatole ho deciso che se non volevate delle madri, voi bastardi snaturati nemici delle donne, allora non avreste avuto nessuna madre. Neppure i ventri di metallo che vi partoriscono contronatura. E poiché avevate bisogno di ordinare altrove le colture ovariche ho giurato che avrei fermato anche la prossima ordinazione, e la successiva, e quella dopo ancora, finché… — Stava rantolando, adesso. Soffocava di rabbia? No, comprese Ethan: il suo vanaglorioso trionfo intellettuale s’era trasformato in veleno dentro di lei, in lacrime cocenti. — Finché non sarei riuscita a costringere Simmi a fuggire da quel pianeta, condannato all’estinzione, e allora lui avrebbe capito il suo sbaglio e sarebbe tornato a casa per vivere con una donna. E ho giurato a me stessa che stavolta non avrei criticato la sua scelta e non le avrei torto un capello, e anche la sciocca più vanitosa mi sarebbe andata bene. Ma non potevo sopportare il pensiero che i miei nipoti sarebbero nati fra i mangiafango di quel mondo di depravati, di soli uomini, posto che meritino d’essere chiamati uomini… — Helda ingoiò le lacrime e si erse rigidamente, fronteggiandoli con aria di sfida, rossa in faccia e ansimante, con un filo di saliva sulle labbra dopo quello sfogo.
Ethan pensò che ora capiva come un giovane soldato con la testa imbottita di propaganda poteva sentirsi quando, alla sua prima esperienza di combattimento, si trovava davanti la faccia odiata del suo nemico. Poco prima, in un momento di furore eroico, lui s’era gloriato della possibilità di colpire quella femmina, gli era parso di aver sempre saputo che a minacciare Athos era stata una di quelle creature maligne e subdole. Ma le cose non erano così semplici, e adesso lui si trovava lì con tutti i pezzi di quel rompicapo fra le mani, senza voler colpire nessuno. E per nulla eroico.
— Per il Cristo degli Spazi — mormorò l’agente della Sicurezza, che aveva finalmente fatto i suoi conti. — Allora devo arrestare una della Sorveglianza Ecologica?
Teki ridacchiò. L’altro tecnico, chiaramente colto di sorpresa dalla confessione di Helda, aveva l’aria di non sapere se dire la sua opinione o restare in disparte e rendersi invisibile.
— Ma cosa ne hai fatto delle altre? — Millisor si piegò verso di lei, a denti stretti.
— Le altre cosa? — tirò su col naso Helda.
— Le colture ovariche congelate che hai tolto da quei contenitori diretti ad Athos — spiegò Millisor, sillabando le parole come se stesse parlando a un animale che forse, pazientemente interrogato, poteva essere in grado di rispondere come un essere umano.
— Oh, quelle. Le ho buttate via.
Sulle tempie del cetagandano pulsavano vene e capillari. Ethan avrebbe potuto dire di quant’era salita la sua pressione. Sembrava avere anche qualche difficoltà a respirare. — Stupida puttana — ansimò. — Stupida puttana, tu non sai cos’hai fatto…
La risata di Quinn li colse di sorpresa, facendoli voltale stupiti. Se l’ammiraglio Naismilh fosse qui, si divertirebbe un mondo.
L’autocontrollo del Ghem-colonnello cedette, alla fine. — Maledetta cagna senza cervello! — gridò gettandosi su Helda, e le artigliò le mani alla gola. Il raggi degli storditori di Quinn e dell’agente della Sicurezza s’incrociarono, e il robusto cetagandano si afflosciò al suolo.