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— Già, lo immagino. — Ethan rise, si rilassò un poco e sedette.

Elli Quinn annuì. — Avete la neve, su Athos? — Senza attendere la risposta proseguì: — Sai cosa trovo attraente in te. e anche un po’ sorprendente? Il fatto che venendo da una società piuttosto chiusa, piuttosto xenofoba, tu riesca a fare uno sforzo d’immaginazione e vedere molte piccole cose della nostra società attraverso gli occhi degli altri.

Lui scrollò le spalle, imbarazzato. — A me è sempre piaciuto vedere cose nuove, scoprire come funzionano le cose. La biologia molecolare lo richiede. Comunque la curiosità non è una cosa proibita dalla nostra teologia.

— Secondo voi athosiani esistono delle virtù carnali?

Ethan sbatté le palpebre, sorpreso dall’insolito accoppiamento di quelle due parole. — Io… non lo so. Così a occhio direi che possono esserci. Forse vengono chiamate con un altro nome. Ma sono sicuro che non ci sono virtù nuove sotto il sole di Athos… né nuovi vizi sotto il vostro. — Prima che Quinn gli facesse osservare che la lontana palla di cenere intorno a cui girava Stazione Kline non era un vero sole, Ethan smise di menare il can per l’aia: — A proposito di cose carnali, io… uh, prima che lei se ne torni dai Mercenari Dendarii vorrei chiederle se… mmh, cioè, avrei quella che lei potrebbe definire una richiesta un po’ insolita. Non si offende se gliene parlo?

Adesso Ethan aveva tutta l’attenzione della mercenaria, che lo scrutava con la testa inclinata di lato e un sorrisetto teso. — Come faccio a saperlo, prima che tu dica di che si tratta? Comunque penso di aver sentito proposte di tutti i generi, per quel che vale.

Lui era più vicino alla porta, fuori dalla quale c’era una guardia pronta a intervenire, e inoltre lei sarebbe stata poco propensa a lottare con una mano dietro la schiena, per così dire. Quali guai avrebbe potuto dargli? Ethan decise di andare avanti.

— Io ho già stabilito come e dove eseguire la mia missione e procurarmi le colture ovariche per Athos. Mi recherò su Colonia Beta, come mi ha consigliato lei, dove potrò anche approfittare delle organizzazioni universitarie che offrono complessi genetici di cittadini selezionati… Ho visto il loro catalogo, e lo considero molto attraente.

Lei annuì con educata approvazione e lo guardò, in attesa di quel che avrebbe detto.

— Del resto — continuò Ethan, — niente m’impedisce di cominciare fin d’ora. Parlando cioè di questa scelta di complessi genetici selezionati. Ciò che voglio dire è… a lei farebbe piacere donare un’ovaia al pianeta Athos, comandante Quinn?

Ci fu un momento di sbalordito silenzio. — Per tutte le comete dello spazio — disse lei con voce debole. — Questa ancora non l’avevo mai sentita.

— L’operazione è del tutto indolore — si affrettò a rassicurarla Ethan. — Qui a Stazione Kline c’è un laboratorio che può occuparsi della preparazione e conservazione di queste colture… ho trascorso la mattina da loro, per controllare. Non è una richiesta comune ma rientra nelle loro possibilità. E lei mi ha detto che mi avrebbe aiutato nella mia missione, se io l’avessi aiutata nella sua.

— L’ho detto? Ah. Suppongo di averlo detto…

Un nuovo pensiero colpì Ethan, che ansiosamente chiese:

— Lei ne ha una di cui può fare a meno, sì? Voglio dire, le femmine hanno due ovaie, come gli uomini hanno due testicoli. Lei non ne ha mai donata una prima, o non ha avuto un incidente in combattimento o qualcosa del genere… non le sto chiedendo l’unica che ha, insomma?

— No, sono ancora equipaggiata con tutte le mie parti di ricambio originali. — Quinn rise, ed Ethan fu subito rassicurato. — È solo che mi hai colto di sorpresa. Non è la proposta… non è la proposta che mi aspettavo, dopo che mi hai detto che ti incuriosiscono le esperienze nuove. Temo d’essere inguaribilmente materialistica.

— Non è colpa sua, ne sono certo — disse Ethan, comprensivo. — Essendo femmina e tutto il resto, voglio dire.

Lei aprì la bocca, la richiuse e scosse il capo. — Non si può spremere birra da una vacca — mormorò fra sé. — Be’, senti… — Inalò il fiato, lo lasciò uscire. — Senti… e chi sarebbe a beneficiare della mia, uh, donazione?

— Chiunque scegliesse il suo genotipo — disse Ethan. — In poco tempo la sua coltura sarebbe divisa in sub-colture ospitate in ogni centro di riproduzione di Athos. Fra un anno, di questi tempi, lei potrebbe avere già un migliaio di figli. Io stesso, non appena risolto il problema del mio coniuge alterativo designato, potrei senz’altro… uh… — Senza capire il perché si trovò ad arrossire, sotto lo sguardo improvvisamente allusivo della bruna. — Io preferirei avere tutti i miei figli dalla stessa coltura ovarica, capisce? Per quell’epoca potrei avere già diritto a quattro bambini. Io non ho mai avuto neppure un fratello, sa, proveniente dalla stessa coltura. Questa pratica sembra dare alle famiglie una certa piacevole omogeneità. La diversità nell’uguaglianza… — Si accorse che stava cominciando a balbettare e s’interruppe.

— Un migliaio di figli maschi — ironizzò lei, — e nessuna femmina?

— Be’, no… niente femmine. Non su Athos. — E timidamente aggiunse: — Le figlie femmine sono importanti per una femmina come i figli lo sono per un uomo?

— Diciamo che il pensiero della continuità ha una certa attrattiva — ammise lei. — Nella mia vita professionale, tuttavia, non c’è molto spazio per i figli, maschi o femmine.

— Be’, lei può averne.

— Così pare. — La luce divertita nel suo sguardo aveva lasciato il posto a qualche ombra pensosa. — Però non potrei mai vederli, no? I miei mille figli maschi. Loro non saprebbero neppure chi sono io.

— Lei sarebbe soltanto due iniziali e un numero: EQ-1. Io però… io potrei usare il mio Livello di Sicurezza A con la censura per mandarle, diciamo, un olocubo, un giorno o l’altro… Se questo le interessa, voglio dire. Lei non potrebbe mai venire su Athos, né mandare dei messaggi video… almeno non con la sua faccia. Oppure potrebbe nascondere il suo sesso e oltrepassare la censura con questo stratagemma… — Ethan rifletté che avere a che fare con Quinn e le sue tendenze avventurose gli aveva fatto un brutto effetto, se si lasciava sfuggire di bocca suggerimenti così asociali. Si schiarì la gola.

Negli occhi di lei brillava di nuovo una scintilla maliziosa. — Contrabbandare immagini femminili su Athos, mimetizzandole magari con un paio di baffi… che idea rivoluzionaria.

— Io non sono un rivoluzionario e lei lo sa — replicò Ethan con dignità. Fece una pausa. — Anche se… la mia patria mi apparirà diversa quando sarò tornato. Io non voglio cambiare me stesso e le persone che amo. Non oltre certi limiti, comunque.

Lei si guardò attorno, come se vedesse oltre le paratie metalliche quella che era stata la sua casa, la sua gente, e la distanza che la separava da loro. — I tuoi istinti sono sani, dottor Urquhart, anche se suppongo che questo ormai serva a poco. Il cambiamento è in funzione del tempo, oltreché delle esperienze, e il tempo è una barriera implacabile.

— Una coltura ovarica può sfidare il tempo… per 200 anni o forse più, ora che stiamo perfezionando i nostri metodi di conservazione. Lei potrebbe continuare ad avere figli per molti anni dopo la sua morte.