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— Non vorrai cambiare idea e tirarti indietro all’ultimo momento, vero, Ethan? Bada che l’ultimo momento è vicino.

Si avvicinava con la stessa velocità del suolo sotto di loro. Ora stavano attraversando lo strato di nuvole più basso, veli di nebbia che roteavano fuori dall’oblò, scompigliati dal vento del loro passaggio. Ethan pensò all’altro carico, quello che viaggiava insieme al suo bagaglio personale, compresso e nascosto: le 450 colture ovariche da lui acquistate su Colonia Beta allo scopo di poter dimostrare sia ai Cetagandani (se costoro avessero tentato qualcosa nel prossimo futuro) sia al Consiglio della Popolazione, che le originali colture ovariche fornite da Casa Bharaputra non erano state mai più ritrovate.

Cee lo aveva aiutato a fare quello scambio di materiale biologico: ore e ore trascorse nella stiva dell’astronave del censimento a scambiare etichette, a falsificare documenti di carico. O forse era stato lui ad aiutare Cee. Ormai c’erano dentro tutti e due, comunque, insieme e fino al collo.

Ethan scosse il capo. — Era una decisione che qualcuno doveva prendere. Se non io, il Consiglio della Popolazione. Alla lunga ci sono due sole scelte che non comportino il rischio della guerra razziale o del genocidio: o tutto, o niente. Io sono convinto che lei abbia ragione su questo punto. E il comitato… be’, io temo che sarebbero costituzionalmente incapaci di arrivare a un accordo su una decisione così difficile. Tu hai intuito l’inevitabile, e io tremo al pensiero del nostro futuro. Ma anche se mi fa tremare e mi spaventa è un futuro che io devo cercare di raggiungere. Potrebbe perfino essere… interessante.

Se Ethan provava un senso di colpa era per la 451a coltura, la EQ-1, il cui contenitore era sulle sue ginocchia. Se lui non fosse riuscito a portare a termine ciò che aveva progettato, di tutti i bambini che sarebbero nati su Athos la prossima generazione soltanto i suoi figli non avrebbero avuto i geni nascosti, la bomba a orologeria recessiva della telepatia. Ma i suoi nipoti li avrebbero avuti, si ripromise per tranquillizzarsi la coscienza. Alla lunga tutto sarebbe rientrato nella media. Forse lui avrebbe vissuto abbastanza da vederlo succedere; forse avrebbe potuto alimentare e aiutare quel processo.

— Ma ti sei riservato una possibilità di cambiare idea — osservò Cee. Il suo cenno del capo verso il bagaglio di Ethan e la stiva della navetta indicò l’origine del suo disagio.

— Temo d’essere inguaribilmente portato all’economia — si scusò Ethan. — A volte mi viene da pensare che avrei dovuto essere un casalingo. Le colture ovariche betane erano troppo invitanti per rinunciare a procurarmele quand’ero già a metà strada. Ma se riavrò il mio vecchio lavoro, o meglio, se otterrò la direzione di un Centro di Riproduzione, potrà esserci una possibilità… cioè, mi piacerebbe mettere alla prova le mie capacità di ingegnere genetico trasferendo il complesso telepatico nelle culture betane, per poi distribuire queste ultime nei Centri di Riproduzione di Athos. Se riuscissi a farlo in segreto. Ad ogni modo intendo distribuire subito questa coltura, appena avrò la possibilità di farla riprodurre. — Sollevò la scatola contenente la EQ-1 e dopo aver controllato il termostato se la rimise con cura sulle ginocchia. — Ho promesso alla comandante Quinn un migliaio di figli. E come direttore di un Centro di Riproduzione mi spetterà un seggio nel Consiglio. Forse potrò perfino concorrere alla presidenza, un giorno o l’altro.

Nonostante il segreto che aveva circondato la missione di Ethan, nell’atrio dello spazioporto della capitale era in attesa una piccola folla di uomini. La maggior parte, risultò, erano biologi e meditec dei Centri di Riproduzione del Nono Distretto, impazienti di portarsi via le nuove colture. Ethan rischiò d’essere educatamente travolto nella loro fretta di affollarsi intorno ai contenitori refrigerati. Ma c’erano anche il Presidente del Consiglio della Popolazione, il Dr. Desroches, e soprattutto il padre di Ethan.

— Ha avuto delle difficoltà con quelle persone, uh… le femmine? — gli domandò il Presidente.

— Oh… — Ethan tenne stretta la scatola della EQ-1. — Niente che un uomo retto non sappia affrontare, signore.

Desroches sogghignò. — Cosa le avevo detto? — mormorò al Presidente.

Ethan e suo padre si abbracciarono, non una ma più volte, come per rassicurarsi a vicenda sul loro ottimo stato di salute. Suo padre era un uomo alto, con una faccia temprata dal sole e dal vento come quella di un vecchio marinaio. Ethan poté sentirgli addosso l’odore del salmastro, anche sull’abito buono che indossava solo alla festa, e in lui fiottarono catene di piacevoli ricordi.

— Sei un po’ pallido — lo rimproverò l’uomo tenendolo per le spalle, appena poté guardarlo meglio. — Per Dio il Padre, ragazzo, è come riaverti dalla tomba in più di un senso, credimi. — E lo abbracciò di nuovo.

— Be’, sono stato lontano da casa per un anno. — Ethan sorrise. — Stazione Kline non ha un sole e le lampade solari sono proibite; su Escobar sono rimasto appena una settimana; e su Colonia Beta c’è anche troppo sole ma la gente non va quasi mai in superficie, salvo nelle zone protette da schermi ambientali. Sto meglio di quello che il mio aspetto fa pensare, te lo assicuro. In effetti mi sento meglio di quando sono partito. Uh… — Si guardò attorno di nuovo, stavolta senza nascondere la sua perplessità. — Ma dov’è Janos? Possibile che non abbia trovato il tempo di venire? — Quando vide l’espressione accigliata di suo padre, un’improvvisa paura lo fece irrigidire.

L’uomo tossicchiò, non sapendo da dove cominciare. — Mi spiace doverti accogliere con questa notizia, figliolo, ma… tutti siamo stati d’accordo che era meglio dirtelo subito.

Dio il Padre pensò Ethan, Janos ha fatto riparare la mia auto antigravità e si è ammazzato…

— Janos non è in città.

— Non è in città. — Il cuore di Ethan riprese vita a quelle parole.

— Dopo la tua partenza è diventato sempre più scriteriato… Spiri dice che non c’era più nessuno a esercitare un salutare controllo su di lui, anche se io dico che un uomo deve saper controllare se stesso e Janos ha passato da un pezzo l’età in cui uno dovrebbe cominciare a comportarsi da uomo. Spiri e io abbiamo avuto delle discussioni a causa sua, purtroppo, anche se ora è tutto appianato…

L’atrio dell’astroporto sembrava ruotare intorno al centro di gravità di Ethan, proprio sotto il suo stomaco. — Ma cosa è successo?

— Be’… Janos è scappato da casa e se n’è andato nelle Terre Esterne col suo amico Nick, un paio di mesi dopo la tua partenza. Ha detto che non sarebbe più tornato… ha detto che laggiù uno è libero, non ci sono stupide usanze ammuffite, e nessuno che cerca di costringerlo a rispettarle per forza. — Il padre di Ethan ebbe una smorfia malinconica. — Non c’è neanche un futuro, ma di questo a lui non importa nulla, evidentemente. Io gli dò qualche anno, al massimo cinque o sei, e poi vedrai che ne avrà abbastanza di quella sua libertà. Non sarà il primo né l’ultimo ad accorgersene. Ma forse gli occorrerà più tempo che ad altri per capire la ragione. È sempre stato il più testardo di voi ragazzi.

— Ah — disse Ethan con voce molto sottile. Cercò di sentirsi adeguatamente addolorato. Ci provò con tutta la sua forza, piegando in giù gli angoli della bocca. — Be’… — Si schiarì la gola. — Forse non tutto il male vien per nuocere. Alcuni uomini non sono tagliati per la paternità. Meglio che lo capiscano per tempo, e non dopo esser diventati responsabili di un figlio.

Si rivolse a Terrence Cee, e il sorriso che aveva trattenuto sfuggì al suo controllo. — Ora, padre, come ti ho detto per telefono, voglio che tu conosca una persona… ho portato qui un immigrante. Soltanto uno, ma ti assicuro che è un uomo di tutto rispetto. Ha sopportato gravi traversie, prima di cercare qui un approdo sicuro. È stato un buon compagno di viaggio per me, negli ultimi otto mesi, e un vero amico.