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La risata di lei (quello era il pronome che le si addiceva, non potevano esserci dubbi) suonò stranamente acuta agli orecchi di Ethan, che stava arrossendo. — Ehi… tu devi essere un athosiano, è così? — lo interpellò divertita quella voce un paio di ottave troppo alta. — Volevi chiedermi qualcosa?

Ethan fece un passo indietro, prima d’accorgersi che quello era il secondo passo indietro. Be’, cercò di giustificarsi, la persona che si vedeva davanti non aveva niente in comune con la foto della scienziata di mezz’età sul Giornale Betano. Era stato un errore più che comprensibile da parte sua. Comunque, s’era appena ripromesso che avrebbe evitato di parlare con le femmine, per quanto umanamente possibile, ed ecco che stava già… Si schiarì la voce. — Come si fa per uscire da qui? — mormorò, gettando occhiate a destra e a sinistra lungo il molo.

La femmina inarcò le sopracciglia. — Non ti hanno dato una mappa della stazione?

Ethan scosse il capo, nervosamente.

— Be’, è quasi un crimine mandare in giro uno straniero per Stazione Kline senza una mappa. Uno potrebbe avventurarsi alla ricerca urgente di un gabinetto, perdersi nei corridoi di servizio e morire di fame prima di trovare il modo di uscirne. Ah… ecco laggiù uno spaziale che conosco. Ehi, Dom! — gridò la femmina verso un membro dell’equipaggio della nave del censimento, ora vestito in eleganti abiti civili, che stava attraversando il molo. — Vieni qui un momento, per favore!

L’uomo dell’equipaggio cambiò strada, mentre la sua espressione seccata diventava compiaciuta nel vedere la persona che l’aveva chiamato, anche se appariva perplesso. Nel fermarsi accanto a loro si tenne eretto più di quanto Ethan l’avesse mai visto, petto in fuori e pancia in dentro. — Purtroppo non ricordo dove, ma… — e sorrise, — io la conosco, signora?

— Be’, dovresti… sei stato seduto accanto a me per due mesi, al corso di addestramento Emergenze Navali nello Spazio. Ammetto che è stato parecchio tempo fa. — Si passò una mano fra i corti capelli riccioluti. — Immaginami coi capelli più lunghi. Andiamo., la re-gen non può aver cambiato la mia faccia a questo punto. Io sono Elli!

La bocca dell’uomo si aprì in un O di stupore. — Per la Cometa Santa! Elli Quinn! Ma sei diversa… cosa ti è successo?

Lei si toccò uno zigomo liscio. — Completa rigenerazione facciale. Che te ne pare?

— Ti hanno fatto un lavoro fantastico!

— Chirurghi betani, sai… i migliori.

— Sì, ma… — Dom si accigliò. — Perché? Non si può certo dire che tu fossi sgradevole da guardare, prima di arruolarti coi mercenari. — La gratificò di un sorriso timido come un pugno nelle costole, mentre oscillava avanti e indietro sui talloni con l’espressione di un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria. — Oppure sei diventata ricca con quel lavoro?

Lei si sfiorò ancora la mandibola, e il suo sorriso si spense. — No, non ho sposato un miliardario o svaligiato il suo yacht. È stata una necessità… mi sono presa un raggio al plasma nella testa durante un abbordaggio, in una battaglia su Tau Verde, qualche anno fa. Non avevo un aspetto molto attraente senza faccia, credimi. Così l’ammiraglio Naismith, che non fa le cose a metà, me ne ha comprata una nuova.

— Che mi possano… — mormorò Dom, colpito. — Be’, non si può dire che te ne abbia comprata una da quattro soldi.

Ethan, che aveva trovato un po’ esagerato il suo entusiasmo per l’estetica facciale della femmina, fu costretto ad ammettere che aveva ragione. Una bruciatura da plasma era orrenda, c’era anzi da sorprendersi che non l’avesse uccisa. Osservò la faccia di lei con interesse medico.

— Se non ricordo male te n’eri andata coi mercenari dell’ammiraglio Oser. — disse Dom. — Quella che indossi è ancora la sua uniforme, no?

— Ah, permettimi di presentarmi col mio grado, amico: comandante Elli Quinn, della Flotta dei Liberi Mercenari Dendarii, al tuo servizio. — E gli rivolse uno scherzoso inchino. — I Dendarii si sono annessi Oser, le sue uniformi, e me… ed è stato un bel passo avanti nella mia carriera, lascia che te lo dica. Ma questa è la prima vera vacanza che mi prendo da quando me ne andai da casa, dieci anni fa, e intendo godermela. Capitare come per caso davanti ai vecchi compagni di scuola e sbalordirli con la mia nuova faccia… sventolare le mie ricche carte di credito davanti agli occhi della gente che diceva che avrei fatto una brutta fine… ma, a proposito di fare una brutta fine, sembra che abbiate spedito in esplorazione il vostro passeggero, qui, privo delle necessarie informazioni. Ed essendo un athosiano, senza una mappa qui non è in grado di trovarsi neanche… il naso. -

Dom guardò sospettosamente l’ufficialessa mercenaria. — Non è che stai facendo giochi di parole, eh? Ne ho sentiti altri su quelli che si fermano su Athos, e dopo quattro anni nello spazio ti assicuro che quelle battute possono diventare drammaticamente vere.

La risata della femmina mercenaria echeggiò fra i carrelli trasportatori parcheggiati sul molo. — Ecco rivelato il segreto motivo per cui tutti ti hanno abbandonato, signor athosiano — disse a Ethan. Si rivolse all’altro: — Posso occuparmi io di lui, allora, essendo in virtù del mio sesso esente dal sospetto di, uh, desideri lascivi contronatura?

— Per quel che riguarda me, puoi — concesse Dom con una scrollata di spalle. — Io ho una moglie che mi aspetta a casa. — E s’avviò intorno a Ethan, evitandolo con attenzione.

— Bene. Ci vediamo più tardi, d’accordo? — disse la femmina.

L’uomo della nave del censimento annuì e dopo un ultimo sguardo, fra ammirato e rammaricato di doverla lasciare, sparì lungo la rampa d’uscita. Rimasto solo con la femmina Ethan soppresse l’impulso di corrergli dietro in cerca di protezione. Ripensando vagamente che la servitù economica era uno dei marchi dei dannati, all’improvviso ebbe l’orribile sospetto che la femmina mirasse ad alleggerirlo del suo denaro… e lui aveva con sé tutto il denaro che quell’anno Athos aveva destinato alle spese all’estero. Il suo sguardo corse con repentina preoccupazione all’arma che lei aveva al fianco.

Sulla strana faccia della femmina ci fu un’espressione divertita.

— Non guardarmi così. Non ho intenzione di mangiarti. Né di fare del sesso con te. — Ebbe una smorfia. — La terapia di conversione non è fra le mie specialità.

— Fare del… — Ethan deglutì saliva. — Io sono un uomo fedele al mio p-partner — balbettò. — Si chiama Janos. Ho qui una sua foto… vuole vederla? Così capirà…

— Ti credo sulla parola — disse lei. alzando una mano. L’ironia che c’era nella sua voce si smorzò in un tono più comprensivo. — Ti ho davvero spaventato, è così? Santo cielo, non sarò la prima donna che tu abbia mai incontrato, per caso?

Ethan annuì. Dodici uscite da cui poteva andarsene, e aveva voluto venire a domandare proprio a lei…

La femmina sospirò. — Ti credo. — Si mordicchiò pensosamente un labbro. — Potresti assumere una guida indigena, anche se Stazione Kline ha fama di non derubare troppo i turisti. È un buon posto per gli affari… una giungla, in altre parole. Io comunque sono un cannibale amico, e se vuoi posso offrirti mezzora del mio tempo.

Ethan scosse il capo, con un sorriso paralizzato sul volto.

Lei scrollò le spalle. — Be’, forse quando avrai superato il tuo shock culturale ci incontreremo ancora. Se cerchi un distributore puoi procurarti uno di questi… — Tolse di tasca un oggetto, un piccolo proiettore olovideo. — Non costano poco, ma te ne regalano uno quando scendi da una nave passeggeri come si deve… io del mio non ne ho bisogno. — Premette il pulsante e nell’aria apparve un’immagine larga un metro, che ondeggiò quando lei mosse l’altra mano per indicare la zona periferica. — Noi siamo qui. Ti consiglio di dirigerti in questa sezione, la Passeggiata del Viaggiatore, dove potrai trovare negozi, una camera d’albergo, ristoranti… in effetti nella zona commerciale puoi trovare tutto, ma immagino che tu voglia attenerti alle cose normali. Passa da questa parte. Prendi questa rampa e gira qui, al secondo incrocio. Sai come far funzionare quest’affare? Bene. Buon divertimento… — La femmina gli mise in mano il proiettore olovideo, lo salutò con un ultimo sorriso e se ne andò da un’altra uscita.