Quinn storse le labbra. — Ciò che ne resta, vuol dire, nelle colture che gli athosiani hanno ordinato come spose-in-vitro? È un problema. Si arrotolò una ciocca di capelli intorno a un dito. — Lei si rende conto, suppongo, che la mia missione qui è finita. Ho già fatto il mio lavoro. Potrei metterla fuori combattimento con lo storditore lì dove si trova, prelevarle un campione di tessuto e sparire prima che lei si svegli.
Cee si agitò, a disagio. — E allora?
— Gliel’ho detto perché lei capisca i fatti.
— Cosa vuole da me? — la sfidò Cee, rabbiosamente. — Pretende che io mi fidi di lei?
Quinn strinse le labbra. — Lei non si fida di nessuno. Non lo ha mai fatto. Però si aspetta che gli altri si fidino di lei.
— Ah — disse Cee. annuendo seccamente. — Si riferisce a questo.
— Lei dica ad altri una sola parola di questo — sorrise Quinn a denti stretti, — e io organizzerò per la sua persona un’uscita di scena ancor più completa di quella di Okita
— I suoi segreti e quelli del suo ammiraglio non hanno il minimo interesse per me — disse Cee rigidamente. — Sono cose poco rilevanti in questa situazione, comunque.
— Sono rilevanti per me — borbottò Quinn, ma gli concesse un cenno d’assenso, accettando la sua implicita assicurazione che avrebbe rispettato il silenzio.
Tutti i peccati che Ethan aveva commesso o contemplato gli balzarono alla mente, fuggendo dalle stanze del suo passato in cui li aveva chiusi e nascosti. Capiva bene da cosa nasceva la minaccia di Quinn. Ed evidentemente questo suo sentimento non sfuggì a Cee, perché il giovanotto biondo distolse lo sguardo dalla mercenaria e si girò verso di lui.
All’improvviso Ethan si sentì spaventosamente nudo. Tutte le cose a cui avrebbe voluto evitare di pensare sembravano affollarsi nella sua testa. L’affascinante bellezza fisica di Cee, ad esempio, la sua personalità intelligente e nervosa, quei meravigliosi occhi azzurri… Ethan maledisse il debole che aveva per i ragazzi biondi e snelli, e distolse a stento la mente dalle immagini di un rapporto sessuale. Dopo essersi visto nudo nelle sue fantasie erotiche, Cee non si sarebbe più lasciato ingannare dalla sua distaccata aria professionale da medico. Ethan invidiò disperatamente l’indifferenza e l’autocontrollo di Quinn.
Ma poteva fare di peggio. Poteva pensare a quanto fragile era la protezione di Athos che lui doveva teoricamente fornire a Cee, come ricompensa per tutte le cose che il telepatc gli aveva rivelato. Quanto si sarebbe sentito tradito e in pericolo Cee, dopo aver capito che l’asilo politico di Athos consisteva nelle chiacchiere di uomo incapace perfino di proteggere se stesso? Ethan arrossì, ancor più vergognoso di prima, e abbassò lo sguardo sul pavimento.
Stava per lasciare Cee all’eccitante vita avventurosa dei Mercenari Dendarii ancor prima di aver avuto la possibilità di parlargli di Athos… i mari azzurri, le tranquille cittadine, l’ordinata vita sociale, le fattorie nelle regioni terraformate. e oltre quei confini le zone desertiche coi loro affascinanti aspetti climatici e le bizzarre comunità di Emarginati… i saggi, anche se scostanti, eremiti che si davano alla contemplazione, i fuorilegge… Ethan immaginò se stesso mentre conduceva Cee in barca sulla costa della Provincia Meridionale, per mostrargli i recinti sommersi degli allevamenti di pesce di suo padre (Cetaganda aveva mari?) gli operai abbronzati dal riflesso dell’acqua salmastra, il duro lavoro sotto il sole caldo, e la birra fresca bevuta di sera sotto un pergolato.
Cee ebbe un fremito, come un uomo che si distogliesse con uno sforzo da un sogno indotto dalla droga. — Ci sono mari su Cetaganda, sì — mormorò, — ma io non li ho mai visti. Ho sempre vissuto nei corridoi, nei laboratori, nelle prigioni.
Il rossore di Ethan si estese al collo e agli orecchi. Si sentiva trasparente come vetro.
Quinn, che lo guardava, ridacchiò senza alcuna allegria per comunicargli che capiva perfettamente. — Signor Cee, credo che il suo talento non le procurerà molti inviti ai ricevimenti della buona società.
Il giovanotto parve tirarsi fuori dal bozzolo dei pensieri altrui con uno sforzo di volontà. Ethan ne fu sollevato.
— Se potete dare asilo politico su Athos a me, dottor Urquhart, perché non prendere anche l’eredità di Janine? E se non potete proteggervi da Millisor, perché suppone di…
Il sollievo di Ethan abortì. Ma ormai mentire sarebbe stato assurdo. — Io non riesco ancora a immaginare come uscire vivo da questo guaio — ammise, sconfortato. — figuriamoci come tirarne fuori lei. — Diede uno sguardo a Quinn. — Ma non ho intenzione di gettare la spugna. Il mio lavoro non è finito.
La mercenaria alzò un dito a indicare che accusava il colpo. — Potrei farvi notare, signori, che prima di pensare a cosa fare con quel materiale genetico bisogna scoprire se esiste ancora e dove lo hanno portato. Ora, in questa dannata equazione sembra che manchi un elemento. Cerchiamo di restringere il campo d’indagini. Se Millisor non ha quel carico, chi può averlo?
— Chiunque abbia scoperto di cosa si trattava — rispose Cee. — Governi planetari rivali. Organizzazioni criminali. Flotte di mercenari indipendenti.
— Badi a chi mette nello stesso mazzo, Cee — brontolò Quinn.
— Casa Bharaputra sapeva di che si trattava — suggerì Ethan.
Quinn sorrise a mezza bocca. — E loro appartengono a due di quelle tre categorie, essendo sia un governo privato sia un’organizzazione criminale… ahem. Scusate i miei pregiudizi. Sì, alcune persone di Casa Bharaputra sapevano probabilmente anche quello che lei, Cee, non ha voluto dir loro. Ma ormai costoro sono morti e sepolti. A quanto ho capito io, Casa Bharaputra non sa più quale uovo aveva covato. I dirigenti con cui ho parlato non mi hanno certo messo a parte dei fatti loro, però devo presumere che se avessero saputo quant’erano importanti quelle colture mi avrebbero chiesto di mettere nelle loro mani Millisor vivo, per poterlo interrogare, invece di ordinarmi esplicitamente la sua eliminazione fisica. — Inarcò un sopracciglio verso Cee. — Lei ha senza dubbio conosciuto la loro mentalità meglio di me. Pensa che il mio ragionamento regga?
— Sì — ammise Cee con riluttanza.
— Stiamo girando in cerchio — fece notare Ethan.
Quinn srotolò la ciocca di capelli. — Già.
— C’è la possibilità che sia intervenuto qualcun altro — disse ancora Ethan. — Un estraneo, giunto per caso a conoscere alcuni fatti. Il capitano di un’astronave. ad esempio, o…
— Senta — brontolò Quinn. — io ho detto di restringere il campo delle possibilità, non di allargarlo! Mi servono informazioni. Fatti. — Si alzò in piedi. Scrutò il giovanotto biondo. — Pensa di aver finito per oggi, signor Cee?
Lui si stava palpeggiando una tempia con aria sofferente. — Sì. l’effetto si è smorzato. Non sento più niente.
Ethan lo guardò preoccupato.
— Sente dolore? È una cosa collegata alla telepatia?
— Sì. Non importa. È sempre così. — Cee andò a sdraiarsi sul letto e si coprì il volto con una mano.
— Cosa pensa di fare? — domandò Ethan a Quinn, che stava uscendo.
— Per prima cosa guarderò se nelle mie trappole per dati è rimasta imprigionata qualche informazione. Poi cercherò di sondare con molta discrezione il personale dei magazzini. In quanto a ciò che il supervisore umano di un sistema automatizzato potrà ricordare di un singolo carico, a sette mesi di distanza dai fatti… Oh, be’. Se non altro avrò scartato una pista. Tu potresti restare qui anche oggi, dottor Urquhart; questo posto è sicuro quanto un altro. — Un cenno del capo gli suggerì in silenzio: E già che ci sei, tieni d’occhio il nostro amico.
Ethan ordinò alla consolle di servizio della stanza tre quarti di grammo di acido acetil-salicilico e un po’ di vitamina B. e mise le due pasticche in mano al giovane telepate.
Cee le ingoiò e si girò di fianco, rivolgendogli un gesto mi-lasci-stare-io-posso-anche-morire che non ebbe certo l’effetto di tranquillizzarlo. Ma dopo una ventina di minuti la sofferente apatia che s’era impadronita di lui lasciò il posto al sonno.