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— Ci stiamo lavorando — disse il capitano Arata.

La camera fu aperta ed Ethan seguì il suo accompagnatore fino all’ingresso di quella successiva. Qui Arata accennò alla guardia di restare fuori dalla porta ma invece di fare lo stesso entrò con Ethan, fermandosi un passo oltre la soglia in educato ma risoluto atteggiamento d’attesa. Lui rifletté che chiedergli di uscire sarebbe stato inutile; la stanza era sicuramente monitorata.

Avvicinandosi al letto su cui giaceva Millisor, sveglio e vestito con un semplice camice verde sotto cui doveva essere nudo, Ethan notò con sollievo che aveva cinghie di sicurezza chiuse intorno ai polsi e alle caviglie. Il cetagandano s’era limitato a voltare la testa verso di loro. Teneva le mani incrociate sul petto, rilassato come se avesse già completamente accettato il fatto d’essere legato e in arresto, ma scrutava Ethan con un sardonico distacco. Questo ebbe l’effetto di farlo sentire un codardo, come un goffo turista che osasse avvicinare un predatore feroce ormai messo ai ceppi da cacciatori ben più esperti e coraggiosi di lui.

— Uh, buon pomeriggio, colonnello Millisor — lo salutò Ethan, piuttosto incongruamente.

— Buon pomeriggio, dottor Urquhart. — Il cetagandano gli rivolse un ironico cenno del capo a mo’ di inchino. Appariva esente da qualsiasi animosità personale: un professionista, come Quinn. Del resto non aveva mostrato alcuna animosità personale verso di lui neppure quando aveva ordinato la sua esecuzione.

— Io, uh… volevo essere completamente e definitivamente sicuro, prima della sua deportazione, che lei abbia capito che Athos non ha mai ricevuto, e non riceverà mai, materiale genetico proveniente dal Gruppo Jackson — disse Ethan.

— Le probabilità sembrano far propendere per questa ipotesi — gli concesse Millisor. — Nonostante ciò io dubito di tutto. È una questione di logica.

Ethan soppesò quella dichiarazione. — Incontrare la verità così all’improvviso deve sembrarle insopportabile, allora. Specialmente una verità dove c’è molta follia umana e assai poca logica.

Millisor lo guardò con aria di compatimento. — Lei ha una filosofia difettosa, Urquhart. Io non ho mai conosciuto nessuno disposto a regalarmi la verità; al massimo la sua versione della verità. — Strinse le palpebre, — Dunque, cosa ne pensa di Terrence Cee, ora che lo ha conosciuto?

Ethan s’irrigidì, allarmato. — Di chi sta parlando?

— Andiamo, Urquhart, so benissimo che si trova qui. Posso sentire l’odore della sua presenza, nella situazione tattica. Lo ha trovato attraente, lei, da autentico athosiano? Ma non c’è bisogno d’essere athosiani per apprezzarlo… e per essere apprezzati da lui. Sa, in passato ho avuto modo di notare che il suo, uh, dono, funziona in due direzioni per quel che riguarda certe emozioni… come se lui fosse contagiato da quelle altrui.

Era un pensiero sgradevole, al momento, soprattutto perché Ethan non poteva negare di aver trovato Cee molto attraente. Si volse a mezzo. Millisor stava ora guardando con interesse Arata, forse in attesa delle reazioni dell’ufficiale della Sicurezza alla piega che aveva preso la conversazione. Ethan cercò subito di tagliare ogni accenno di Millisor alla lista di fatti e nomi che lui aveva tenuto segreti: — Non mi è ancora accaduto di parlare del signor Cee con… con loro. E non ho alcuna voglia di farlo. Questo, nel caso che lei se lo stia domandando.

Millisor inarcò le sopracciglia, stupito. — Come favore a me?

— Come favore a loro — lo corresse lui.

Il cetagandano accettò quella dichiarazione col beneficio del dubbio, almeno a giudicare dal suo cenno del capo. — Ma Cee è su Stazione Kline. Dove, esattamente, Urquhart?

Ethan scosse il capo. — Non lo so, mi creda. Se lei preferisce pensare che questa è una bugia, è un problema suo.

— Allora lo sa la sua amichetta, la mercenaria. Perciò la domanda resta la stessa: dov’è quella donna?

— Non è la mia amichetta! — esclamò Ethan, inorridito. — Io non ho niente a che fare con la comandante Quinn. Quella femmina lavora da sola. Se lei ha dei problemi con la comandante Quinn, se la prenda con lei, non con me!

Arata, senza muovere neppure un muscolo del viso, s’era fatto più attento.

— Al contrario — disse Millisor. — Quinn ha tutta la mia ammirazione. Molte cose che prima non avevo capito mi sono adesso chiare. Se potessi la assumerei al mio servizio.

— Uh… non credo che lei sia disponibile.

— Tutti i mercenari hanno l’etichetta col prezzo. Forse non in denaro. Prestigio, potere, piacere.

— No, guardi — disse con sicurezza Ethan — Il suo ammiraglio è ostile a voi cetagandani, e Quinn sembra innamorata di lui. Io ho già visto questo fenomeno nell’esercito di Athos… adorazione di certi ufficiali che i subordinati vedono come eroi. Alcuni ufficiali abusano di questo vantaggio, altri no. Non so a quale categoria il suo ammiraglio appartenga, ma non credo che voi riuscireste a interessarla altrettanto.

Arata annuì in silenzio, con aria comprensiva.

— Anch’io conosco quel comportamento — sospirò il Ghem-lord. — Be’, peccato. — Il suo grugnito, indifferente e distaccato, costrinse Ethan a chiedersi perché si fosse lasciato indurre a prendere le difese di Quinn e della sua fedeltà ai Dendarii. Che Millisor stesse cercando di farlo avvicinare a lui per afferrarlo? Ma aveva le gambe saldamente assicurate al letto.

— Le confesso una cosa, Urquhart: lei mi lascia perplesso — proseguì il cetagandano. — Se lei non era d’accordo con Cee per cospirare ai nostri danni, allora poteva essere soltanto la sua vittima. Non riesco a capire che guadagno lei veda nel proteggere quell’uomo, dopo il brutto scherzo che stava cercando di fare ad Athos.

— Lui non voleva fare niente di male ad Athos. Voleva soltanto emigrare là. Non è certo un delitto. E da quanto ho visto finora di questa parte della galassia, devo dire che lo capisco. Io stesso ho una gran voglia di tornarmene in patria.

Le sopracciglia di Millisor si sollevarono fin quasi all’attaccatura dei capelli, uno dei pochi gesti che gli erano concessi. — Perdio! Comincio davvero a credere che lei sia lo sciocco ingenuo che proclamava d’essere, Urquhart! Eppure credevo che lei avesse capito cos’hanno fatto al materiale da voi ordinato.

— Sì. Cee ha chiesto che il fornitore ci spedisse materiale ovarico prelevato da sua moglie. Un po’ macabro, forse, dato che si trattava di un cadavere. Ma considerando chi lo ha allevato, c’è da stupirsi che non sia molto più strano.

Millisor lo guardò un attimo, incredulo, e poi scoppiò a ridere. Ethan non trovava nulla di divertente in quella situazione. Guardò il Ghem-lord, a disagio.

Millisor si calmò e scosse il capo. — Lasci che le presenti due fatti, allora. Due fatti ormai obsoleti, visto che la mentecatta colpevole di aver aperto i contenitori su questa stazione ha ormai compiuto il suo stupido sabotaggio. Uno: il complesso genetico, uh, del quale stiamo parlando… — gettò uno sguardo ad Arata, — era recessivo, e non sarebbe riapparso nel fenotipo finché non fosse stato presente in entrambe le metà del genotipo, ovvero l’ovulo femminile e uno spermatozoo maschile. Due: ogni singolo ovulo prodotto dalle colture destinate ad Athos conteneva il meccanismo per produrre l’altra metà del complesso genetico. Rifletta su questo, dottor Urquhart.