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Aveva barcollato avanti perché era stata spintonata da un uomo con l’uniforme arancione e nera della Sicurezza di Stazione Kline. Così l’avevano presa, alla fine. Ethan fu sul punto di ridere. Stare a guardare come se la sarebbe cavata sarebbe stato affascinante…

Il suo buonumore s’inaridì quando poté vedere meglio la pistola che l’individuo robusto dalla faccia inespressiva le puntava alla nuca. Era un letale distruttore neuronico. Un’arma non regolamentare per gli agenti della Sicurezza.

Fu in quel momento che lo scalpiccio sulla strada dei moli lo fece voltare, e vide Millisor e Rau che venivano verso di loro.

CAPITOLO TREDICESIMO

Ethan ed Elli Quinn furono spinti uno accanto all’altra, entrambi nel potenziale raggio di fuoco della parabola con cui terminava la canna del distruttore neuronico, impugnato con truce decisione dall’individuo che portava l’uniforme della Sicurezza. Cee fu invece tenuto sotto tiro dallo storditore di Rau, in disparte. Questo bastò per far capire a Ethan quanto fosse più precaria la loro situazione.

Vista da vicino Quinn appariva ridotta ancora peggio, con un labbro spaccato, pallida e tremante sia per le percosse ricevute che per i postumi di un colpo di storditore. Senza gli stivaletti sembrava più piccola e delicata. Cee si muoveva come un cadavere in cerca di una tomba dove lasciarsi cadere, indifferente, rigido, con gli occhi azzurri vuoti e senza luce.

— Cos’è successo? — sussurrò Ethan a Quinn. — Come sono riusciti a trovarla loro, quando neppure la Sicurezza c’è riuscita?

— Mi ero dimenticata di avere addosso quel dannato rintracciatore — sibilò fra i denti lei. — Avrei dovuto sbatterlo nel primo cestino di rifiuti, quando non mi serviva più. Sapevo che avrebbe potuto compromettermi! Ma Cee mi stava distraendo con le sue chiacchiere, e io avevo fretta e… oh, all’inferno, ormai a che serve… — Si morse un labbro, frustrata, poi se ne pentì e lo leccò teneramente. Il suo sguardo continuava a scrutare i loro avversari, soppesando le possibilità, rifiutando le inevitabili conclusioni, cercando ancora altri sbocchi senza migliore fortuna.

Millisor s’incamminò intorno a loro, rilassato e soddisfatto. — È un piacere vederla qui, dottor Urquhart. Avremmo potuto organizzare due incidenti separati, uno per lei e uno per la comandante Quinn; ma avervi entrambi qui ci offre ora un’opportunità assai più… ghiotta. Per l’efficienza professionale, intendo.

— Perché vuole vendicarsi? — balbettò Ethan. — Noi non abbiamo mai cercato di ucciderla.

— Non sia sciocco — lo rimproverò amichevolmente Millisor. — La vendetta non ha niente a che fare con la professionalità. Voi due morirete per il semplice motivo che sapete troppo. Quant’è banale, vero?

Rau sogghignò aspramente. — Gli dica come, colonnello — lo invitò.

— Ma certo. Io le auguro di cuore che la cosa stimoli il suo senso dell’umorismo, comandante Quinn, perché vorrei davvero andarmene sapendo che lei è morta con il sorriso sulle labbra. — Millisor le indicò i moli. — Osservi, se non le spiace, i tubolari estensibili sulla paratia esterna della stazione. Sigillati a entrambe le estremità, essi costituiscono piccoli compartimenti privati. Proprio il posto adatto che una coppietta col gusto dell’avventura troverebbe stimolante per un amplesso un po’ insolito. Stimolante, ma ahimè sfortunato, perché nel sonno profondo seguito alle loro impegnative effusioni erotiche…

Rau alzò allegramente lo storditore. perché fosse chiaro quanto sarebbe stato inevitabile quel sonno profondo.

— … il corridoio tubolare verrà esteso nello spazio, durante i preparativi per l’aggancio automatico al convogliatore delle merci, nella stiva di una nave da carico. Detta nave trovasi in fase di avvicinamento, ed è attesa al Molo C-12, quello laggiù, dopo che il mio corriere sarà salpato. Ora, perché facciate buona impressione a chi vi scongelerà da quell’imbarazzante posa, mi domando: dovremmo lasciarvi completamente nudi? — Millisor si mostrò seriamente perplesso. — Oppure soltanto nudi dalla vita in giù, per inscenare un amplesso più appassionato e furioso?

— In nome di Dio il Padre — mugolò Ethan inorridito. — Il Consiglio della Popolazione penserà che ho raggiunto gli abissi d’ogni depravazione, per compiere atti sessuali con una femmina!

— Signore Iddio — ansimò sottovoce Quinn, non meno sbigottita. — L’ammiraglio Naismith penserà che mi sono completamente rimbecillita per fare all’amore dentro un tubolare d’attracco, fra tutti i maledetti posti che c’erano.

Lo sguardo di Terrence Cee si girò sulla paratia esterna dei moli, come se cercasse la morte con la stessa disperazione con cui la comandante Quinn vi cercava una via d’uscita. Fece un passo da quella parte. Subito lo storditore di Rau lo prese di mira.

— Illuditi pure, mutante — grugnì Rau. — Non ti lasceremo una sola possibilità. Una mossa sbagliata e sarai portato a bordo in stato d’incoscienza. — I suoi denti si scoprirono in un sorriso. — Ma non vorrai perderti lo spettacolo che i tuoi amici stanno per darci, no?

Le mani di Cee si aprivano e si chiudevano; l’angoscia e la rabbia lottavano per prendere il sopravvento in lui. entrambe impotenti e inutili. — Mi dispiace, dottore — mormorò. — Puntavano un distruttore neuronico alla testa della comandante Quinn, e io sapevo che non stavano bluffando. Ho pensato che forse lei non sarebbe venuto, visto che ce l’aveva con me. Avrei dovuto lasciare che uccidessero una sola persona. Mi dispiace, mi dispiace…

Le labbra di Quinn si piegarono in un sorriso sarcastico; un’altra goccia di sangue uscì dal taglio. — Non è il caso di chiedergli scusa con tanto fervore, Cee. L’avrebbero eliminato anche senza la tua collaborazione.

— Non deve affatto chiedermi scusa — disse Ethan con fermezza. — Probabilmente io avrei fatto lo stesso, al suo posto.

L’uomo col distruttore neuronico accennò a Ethan e a Elli Quinn di muoversi e li scortò fino alla paratia esterna, tenendosi per sicurezza una decina di metri più indietro; poi lungo le piattaforme di carico verso il portello del Molo C-12.

— Chi è questo individuo? — domandò Ethan a Quinn, accennando col capo alle loro spalle. — È lui Setti?

— Già, proprio lui. Avrei dovuto sparargli nella schiena quando ne avevo l’occasione, e riscuotere il denaro che Casa Bharaputra mi aveva promesso — sussurrò la mercenaria con aria disgustata. E aggiunse, pensosamente: — Se io saltassi addosso a questo bastardo, pensi che riusciresti a raggiungere uno di quei corridoi sulla destra prima che Rau ti abbatta con lo storditore?

C’erano cinquanta metri o forse più. e quasi tutti allo scoperto sulla strada. — No — mormorò francamente Ethan.

— Che ne dici di gettarti al riparo in quel tubolare estensibile?

— E poi? Impiccarmi con la cintura dei pantaloni prima che vengano a spararmi?

— E va bene — ringhiò lei con impazienza. — Allora fammi la grazia di un’idea migliore.

Una mano di Ethan si appoggiò sulla tasca destra dei pantaloni e incontrò un piccolo oggetto oblungo. — Forse potremmo guadagnare tempo con questo — disse, tirando fuori la capsula del messaggio.

— Cosa diavolo è quella?

— Pensavo di consegnarla alla Sicurezza. Mentre venivo qui, un uomo mi ha avvicinato per strada e me l’ha voluta lasciare per forza. Ha detto che è un messaggio per Millisor, attivabile soltanto con il suo numero di matricola militare, e che io avrei dovuto dargliela se mi fosse capitata l’occasione di incontrarlo…

Quinn s’irrigidì, e allargò una mano a stringergli un braccio. — Di che colore era?

— Eh?

— Quell’uomo. Il suo colore!

— Rosa. Cioè, aveva un completo rosa.

— Non il vestito, la sua pelle!

— Una sfumatura interessante… color caffè. Insolita ma attraente. Vorrei che Athos consentisse l’importazione di geni della razza africana terrestre, per variare…

— Ehi, tu, cos’hai in mano? Fammi vedere — disse Setti dietro di loro, in tono minaccioso.