Nei gesti di Abito Marrone ci fu una pausa disgustata. — Potrebbe essere come dice lei — borbottò Abito Rosa.
— Quel settore dei moli è pieno di gente della Sicurezza, a quest’ora — obiettò Abito Marrone. — Potrebbe essere un trucco.
— Sentite, ragazzi, cercate d’essere ragionevoli e di mettervi nei miei panni, uh? — disse Quinn. — Il prezzo del Barone Luigi era metà in anticipo e metà a lavoro finito. E io ho già eliminato Okita. Perciò un quarto della somma mi spetta a buon diritto.
— Noi abbiamo soltanto la tua parola, su Okita. Io non ho visto il corpo — disse Abito Rosa.
— Professionalità, sergente, professionalità.
— Maggiore — la corresse Abito Rosa.
— E sono stata io a far fuori Setti, giù al molo, proprio poco fa. Questo fa metà del lavoro. Dunque siamo pari, mi sembra.
— L’hai fatto fuori con la nostra bomba — disse Abito Marrone.
— Vogliamo litigare su dettagli così meschini? Sentite, noi siamo alleati, si o no?
— Nossignora — grugnì Abito Marrone, storcendole il braccio ancor di più.
Nel corridoio si stavano avvicinando delle voci, e rumori di veicoli e di attrezzature, dalla parte dei moli. Abito Rosa s’infilò la pistola al plasma in una fondina ascellare, sotto la blusa ricamata. — E ora di andare.
— E vuoi passargliela liscia? — domandò Abito Marrone.
Abito Rosa scrollò le spalle. — Metà lavoro l’ha fatto. Diciamo che gliela passiamo liscia a metà. Tu sei mancina o destra, comandante Quinn?
— Destra.
— Saldiamo il conto del Barone sul suo braccio sinistro, e andiamocene.
Abito Marrone lasciò cadere in ginocchio Quinn, le fece allungare il braccio sinistro sul bordo di un grosso vaso da piante e premette con fredda e calcolata energia. Il lieve crack cartilaginoso fu quasi udibile. La mercenaria scivolò al suolo senza un gemito. Per la seconda volta Cee trattenne Ethan dal precipitarsi avanti. I due bharaputrani di pelle nera entrarono nel pozzo antigravità, si diedero una spintarella verso il basso e sparirono.
— Dannazione, credevo che non se ne sarebbero più andati — mugolò Quinn tirandosi a sedere. — L’ultima cosa di cui ho bisogno è che la Sicurezza mi veda con quei due figli di puttana e tragga le sue conclusioni. — Si girò con la schiena contro il vaso, pallida in faccia. — La prossima volta mi farò assegnare a una missione di combattimento. Questo lavoro dei Servizi Segreti non mi piace come mi aveva assicurato l’ammiraglio Naismith.
Ethan si schiarì la gola. — Comandante, lei ha… uh, bisogno di un medico?
La mercenaria cercò di sorridergli. — Forse. E tu?
— Già. — Ethan sedette pesantemente accanto a lei. Gli ronzavano gli orecchi, e le pareti di quell’atrio sembravano pulsare. Ruminò sul commento di lei. — Questo non sarà per caso il suo primo lavoro per il Servizio Segreto, eh?
— L’hai detto.
— La mia solita fortuna. — Ethan poggiò le mani al suolo. Il pavimento antiattrito non gli era mai sembrato così invitante.
— La Sicurezza sta arrivando — osservò lei. Alzò lo sguardo verso Cee. che si protendeva su di loro con ansiosa ma impotente sollecitudine. — Che ne dice di far loro un favore e semplificargli un po’ la scena? Sparisca, signor Cee. Se si allontana con aria indifferente, quella tuta verde la farà arrivare dove vuole. Vada al lavoro, o da qualche altra parte.
— Io… io… — Cee allargò le braccia. — Come potrò mai ripagarvi? Voi due avete fatto molto per me.
Lei si teneva il braccio, con una smorfia. — Non si preoccupi, penserò a qualcosa. Nel frattempo io non ho visto nessun telepate qui attorno, oggi. E tu, dottore?
— Neppure uno — annuì blandamente Ethan.
Terrence Cee scosse il capo, frustrato, gettò uno sguardo verso il corridoio e sparì verso l’alto nel pozzo antigravità.
Quando gli agenti della Sicurezza fecero finalmente la loro comparsa, arrestarono Elli Quinn.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Ethan passò attraverso il rivelatore d’armi senza provocare un solo fremito di reazione nei sensori che lo avevano analizzato da capo a piedi fino alla profondità delle ossa, e respirò più liberamente. Il Reparto Detenzione di Stazione Kline era un ambiente spoglio capace di mettere soggezione a chiunque, privo delle sottigliezze della psico-architettura e dei colori studiati per rallegrare i turisti. Se quell’effetto era voluto, certo otteneva il suo scopo. Ethan si sentiva in colpa per il solo fatto d’essere entrato in visita al Settore Minima Sicurezza, dov’erano tenuti i carcerati in attesa di giudizio o ritenuti non pericolosi.
— La comandante Quinn è nell’Infermeria Numero Due, ambasciatore Urquhart — lo informò il secondino incaricato di fargli da guida. — Da questa parte, prego.
Su per un pozzo antigravità, a destra e a sinistra lungo corridoi dalle pareti metalliche non verniciate. La gente che viveva da generazioni in una stazione spaziale, rifletté Ethan, doveva aver finito per sviluppare un senso dell’orientamento molto particolare basato su cose come le differenze di gravità, o di pressione, che caratterizzavano il passaggio da un settore all’altro. Per non parlare della sensibilità a certi dettagli.
La scarsa percezione dei colori poteva rivelarsi un handicap mortale, in un luogo dove gli avvertimenti di cui tenere conto erano molteplici. Le uniformi degli agenti di custodia, come tutti gli abiti da lavoro del personale, avevano un codice di colori ben preciso, e la quantità di arancione e di nero variava a seconda del grado. I semplici secondini avevano tute arancione con poche strisce nere. Quello che lo accompagnava rallentò il passo per rivolgere un formale saluto, che fu restituito distrattamente, a un uomo dai capelli bianchi la cui uniforme non era molto rallegrata dal colore arancio. Uno poteva farsi un’idea di tutte le gerarchie della stazione in base a quel genere di indizi.
Il capitano Arata, che stava uscendo dall’Infermeria Due giusto mentre Ethan e la sua guida arrivavano, esibiva molto nero con fasce arancione solo sul colletto, sulle maniche, e sul lato esterno dei pantaloni. Anche la sua faccia era piuttosto scura.
— Ah, ambasciatore Urquhart. — Il cipiglio fu messo da parte e sostituito con un sorrisetto dal sapore ironico. — È venuto a visitare la nostra avventurosa mercenaria spaziale? Non c’era bisogno che si prendesse il disturbo. Fra poco sarà di nuovo una persona libera, con soddisfazione di tutti i parenti e amici che l’hanno tenuta su di morale in questi giorni. La sua carta di credito è risultata essere qualcosa di stupefacente, sostenuta addirittura da garanzie diplomatiche, e le pene pecuniarie stabilite dal tribunale sono state pagate. Aspetta solo il nulla osta dei medici, per andarsene.
— Sembra che lei non ne sia altrettanto soddisfatto, capitano — osservò Ethan. — Comunque, io ho solo qualche domanda da farle.
— Anch’io — sospirò Arata. — Parecchie. Le auguro di avere più fortuna di me con le risposte. Nelle ultime settimane, quando supponevo che mi frequentasse perché ho un sorriso simpatico, non faceva che risucchiarmi informazioni abbastanza riservate. Ora che sono io a volere informazioni, cosa ottengo? Un sorriso simpatico. — Scosse il capo. — Ma sono certo che la persuaderò a collaborare. Ci sono responsabilità tuttavia, che anche altre persone potrebbero aiutarci a precisare. — E guardò Ethan con aria d’attesa, per chiarire che quella non era soltanto un’allusione.
— Le auguro buona fortuna nella sua indagine — disse Ethan, cordialmente deciso a non essergli d’aiuto neppure un po’. Aveva fatto fronte alle domande della Sicurezza sui terribili eventi accaduti ai moli trincerandosi dietro i suoi privilegi diplomatici, dopo aver lasciato alla prolifica inventiva di Quinn la versione ufficiale dell’intera faccenda. Nell’interrogatorio preliminare, a cui avevano partecipato entrambi, nonostante le sue condizioni fisiche la mercenaria aveva mescolato menzogne e verità, montando una storia abbastanza fantasiosa che tuttavia poteva reggere su tutti i punti verificabili dalla Sicurezza. Nella sua spiegazione, ad esempio, Millisor e Rau stavano cercando di rapirla allo scopo di farle il lavaggio del cervello e trasformarla in un doppio agente, infiltrata fra i Mercenari Dendarii ma in realtà al servizio dei cetagandani. I due killer di Casa Bharaputra, ancora a piede libero, erano stati accusati di tutti i crimini che avevano commesso e di qualcuno con cui non c’entravano niente… come la scomparsa di Okita, il cui cadavere veniva per il momento cercato nello spazio. Buona parte delle energie della Sicurezza erano adesso rivolte al consolato del Gruppo Jackson, che dava rifugio ai due bharaputrani, e si stavano negoziando i termini della loro deportazione. Terrence Cee era rimasto nell’ombra. Ethan non aveva osato aggiungere o sottrarre una parola a quel poco che la Sicurezza sapeva di lui.