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Videro i cavalieri smontare, aiutandosi a vicenda. Li videro guardarsi intorno con una strana espressione di contentezza, di cupezza e di stupore. Il drago stava immobile come se fosse di pietra, mentre i due smontavano dal suo dorso e gli si fermavano accanto. Girò leggermente la testa mentre l’arcimago gli parlava, e gli rispose brevemente. Coloro che l’osservavano videro lo sguardo obliquo dell’occhio giallo, freddo e pieno d’ilarità. Coloro che comprendevano udirono il drago dire: — Ho portato il giovane re al suo regno, e il vecchio alla sua casa.

— Ancora un poco più oltre, Kalessin — replicò Ged. — Non sono giunto dove devo andare. — Guardò i tetti e le torri della Grande Casa, nella luce del sole, e parve sorridere un poco. Poi si rivolse ad Arren, che stava ritto, alto e snello negli abiti lisi, un po’ malfermo sulle gambe per la stanchezza del lungo volo e lo sbalordimento di tutto ciò che era accaduto. E, di fronte a tutti, Ged s’inginocchiò davanti a lui e piegò la testa grigia.

Poi si rialzò, e baciò il giovane sulla guancia, e disse: — Quando giungerai al tuo trono in Havnor, mio signore e caro compagno, regna a lungo e saggiamente.

Guardò di nuovo i Maestri e i giovani incantatori e i ragazzi e gli abitanti della città raccolti sulle pendici e ai piedi del Colle. Il suo volto era sereno, e nei suoi occhi c’era qualcosa che somigliava all’ilarità degli occhi di Kalessin. Voltò le spalle a tutti, e montò di nuovo sulla zampa e sulla spalla del drago, sedendosi tra i grandi picchi delle ali, senza redini, sul collo dell’enorme creatura. Le rosse ali s’alzarono con un frastuono tambureggiante, e Kalessin l’Antichissimo balzò nell’aria. Il fuoco scaturì dalle sue fauci, e fumo e tuono e vento di tempesta erano nel battito delle sue ali. Volteggiò in cerchio sopra la collina e si allontanò verso nordest, verso quella parte di Earthsea dove sorge l’isola-montagna di Gont.

Il Portinaio, sorridendo, disse: — Ora ha finito di agire. Sta andando a casa.

E tutti guardarono il drago volare tra la luce del sole e il mare, finché lo persero di vista.

Le Gesta di Ged narrano che colui che era stato arcimago andò all’incoronazione del Re di Tutte le Isole, nella Torre della Spada in Havnor, nel cuore del mondo. Il canto narra che quando la cerimonia dell’incoronazione ebbe termine e incominciò la festa, lasciò tutti e scese solo al porto di Havnor. Là stava sull’acqua una barca, consunta e logorata dalle tempeste e dalle intemperie e dagli anni: non aveva la vela alzata, ed era vuota. Ged chiamò la sua barca per nome, Vistacuta, e quella venne a lui. Sceso sulla barca dal pontile, Ged voltò le spalle alla terra, e l’imbarcazione si mosse senza vento né vela né remi: lo portò fuori dalla baia, verso ovest tra le isole, verso ovest sul mare; e di lui non si sa altro.

Ma nell’isola di Gont raccontano la storia in modo diverso. Dicono che fu il giovane re, Lebannen, ad andare in cerca di Ged per condurlo all’incoronazione. Ma non lo trovò al Porto di Gont, né a Re Albi. Nessuno seppe dirgli dov’era, ma solo che si era avviato a piedi tra le foreste della montagna. Lo faceva spesso, dissero, e non ritornava per molti mesi, e nessuno conosceva le strade della sua solitudine. Alcuni si offrirono di cercarlo, ma il re lo proibì dicendo: — Lui regna su un regno più grande del mio. — E così lasciò la montagna, e s’imbarcò, e ritornò a Havnor per farsi incoronare.

FINE