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«Graziosa vero? Mio fratello non se n’è accorto nemmeno che gliel’ho fregata dal giubbotto…» Il fiato di Tiff sapeva di vino o birra, e negli occhi le danzava un bagliore sinistro. «Pensavo di provare a farci un lavoretto d’intaglio… magari con una mutosina, eh?» A sottolineare la battuta le uscì di gola un risolino aspro.

Melanie fissò il coltello col fiato sospeso. Possibile che avessero davvero intenzione di ferirla?

La vibrolama saettò vicinissima, mentre Tiff simulava un primo affondo contro il mento della sua vittima. Melanie chiuse gli occhi. L’avrebbe sentita nessuno, se si fosse messa a urlare? Sua cugina Germyn l’aspettava al bar. Forse sarebbe venuta a cercarla. O magari poteva anche succedere che se Melanie si fosse concentrata intensamente, ma proprio al massimo delle sue forze, avrebbe scoperto di possedere lei pure qualche facoltà mutante. E allora sarebbe riuscita in un istante a scagliare Tiff lontano da sé, per poi librarsi in aria e sfuggire alle sue aguzzine. Strinse forte gli occhi già serrati, cercando spasmodicamente di proiettare contro le due nonmutanti un’ondata di energia mentale. Ma quanto più si sforzava, tanto più sentiva di indebolirsi. Infine, disperata, rinunziò. Lucidamente consapevole della propria impotenza, comprese che non avrebbe potuto sottrarsi all’aggressione.

Riaprì gli occhi, domandandosi quanto mancasse al momento in cui la lama avrebbe incominciato ad affondarle nelle carni, e quanto male le avrebbe fatto. Forse sarebbe morta, e allora Tiff avrebbe passato in galera il resto dei suoi giorni. Niente male, come prospettiva. Anche il cecchino che dieci anni prima aveva ucciso tre mutanti al World Trade Center era finito in carcere. Rimaneva un fatto, però: Melanie non aveva nessuna voglia di morire.

«Tiff, non farlo», implorò. «Te ne pentirai.»

Ruotando silenziosamente sui cardini, la porta del bagno si spalancò. Kelly McLeod, bocca aperta, mani artigliate attorno alla borsetta, si bloccò sulla soglia.

«Ti consiglio di usare un altro bagno, McLeod!» intimò Tiff in tono minaccioso. «Questo è occupato.» Continuava a impugnare saldamente il coltello sotto il mento di Melanie.

Kelly venne avanti con le mani sui fianchi.

«Ehi, che sta succedendo?»

«Oh, solamente un lavoretto d’intaglio con una mutosina», rispose Cilla ridacchiando. «Sei venuta a darci una mano?»

«Ma siete impazzite?» esclamò Kelly rivolgendole uno sguardo colmo di ripugnanza. «Si può sapere cosa vi ha fatto?»

Cilla la fissò corrucciata. «E a te che te ne frega? Sarai mica una che gli piacciono i mutosi, per caso, no?… Oh, Tiff, che ne diresti di darla pure a lei una ripassatina?»

«Vattene, Kelly, o faranno male anche a te!» ansimò Melanie.

Ma Kelly non le diede retta. Avanzò invece rapidamente, afferrò gli anelli che pendevano dal naso di Cilla e tirò forte. Cilla emise uno strillo terrificante, incominciando a percuotere Kelly a piene mani.

«Lasciatela stare!» gridò Kelly. «Capito? Toglietele subito le mani di dosso!»

«Fatti i fatti tuoi, McLeod!» replicò Tiff, lasciando Melanie per puntare la vibrolama contro la nuova venuta.

«E tu vai a farti fottere!»

Tiff tentò con uno scatto di colpirla, ma Kelly lasciò andare gli anelli e si scansò schivando il coltello, che proseguì la corsa andando a scalfire invece il braccio di Cilla. La ragazza portò d’istinto una mano a coprirsi la ferita e cominciò a lamentarsi forte, mentre il sangue le filtrava tra le dita.

«Stai zitta, Cilla!» le gridò Tiff. «Devo avere un po’ di plastipelle in borsetta. Dio quante storie, ti ho appena sfiorata!»

Cilla serrò le labbra troncando a mezzo un singhiozzo e si diede precipitosamente a rovistare nella borsa di Tiff alla ricerca della benda.

Kelly scoppiò in una risata. «Ma fai sempre tutto quel che ti dice lei?»

«Amica dei mutosi!» berciò Cilla. Si girò di scatto e la colpì in pieno volto con un manrovescio che fece vacillare Kelly e mandò rosse striature di sangue a spiaccicarsi sulla parete. Tiff bestemmiò, lasciò andare Melanie e si volse sollevando la mano armata per colpire Kelly.

Melanie colse l’occasione al volo. Con un balzo fu addosso a Tiff, le afferrò la mano che impugnava il coltello e se la portò alla bocca, affondando i denti nel polso.

Tiff cacciò un urlo di dolore. Melanie serrò forte le mascelle e mantenne la presa, mentre l’altra cercava inutilmente di liberarsi. Il gusto salato del sangue di Tiff le inondò il palato. Il coltello cadde a terra tintinnando, e con un calcio Melanie lo scaraventò nell’angolo accanto alla porta. Vide Kelly e Cilla accapigliarsi furiosamente. La stanza si era fatta all’improvviso affollata e rumorosa, un putiferio di gente che si agitava e di voci che rimbombavano.

«Ahi! Lasciami, maledetta mutante!» urlò Tiff.

Va’ all’inferno, pensò Melanie continuando a stringere.

«Basta, ragazze! Fatela finita!»

Jeff, il buttafuori dello Hardwired, si insinuò a fatica nella mischia chinando il capo per schivare i colpi, e riuscì a separare Cilla e Kelly beccandosi soltanto un paio di calci. Il suo compare, il calvo e tarchiato Ron, agguantò Melanie e Tiff.

«Lasciala andare, ragazzina!» ordinò a Melanie scrollandola piuttosto brutalmente.

Seppur controvoglia, Melanie aprì la bocca per liberare il polso malconcio dell’avversaria.

Guardandole disgustato, Jeff le spinse tutte e quattro verso l’uscita. «Le ragazze sono sempre le peggiori», commentò rivolto a Ron, il quale assentì con aria da intenditore.

«Bestiacce feroci», dichiarò burbero.

«Allora, non mi importa sapere perché e nemmeno chi ha incominciato», le apostrofò Jeff in tono aspro. «Le regole le conoscete: niente risse dentro l’Hardwired. Siete espulse per due settimane. Fuori!»

L’intero club se ne stava buono e cheto. Era stato spento anche il robostereo. File di facce osservarono curiose mentre Tiff e Cilla, imprecando, varcavano in fretta la soglia del bagno. Giunta all’estremità del bar, Tiff si fermò.

«Attenta a te, mutosa, prima o poi ti ritrovo!» gridò.

Melanie le rispose con un gesto osceno. Tiff replicò allo stesso modo, poi uscì dal locale sempre stringendosi con l’altra mano il polso ferito.

Jeff agevolava l’operazione tenendo la porta aperta. «Fuori di qui, signorine. Avanti, anche voi due.»

Melanie cercò in extremis d’individuare Germyn percorrendo con lo sguardo la folla assiepata, poi lasciò perdere. Con ogni probabilità sua cugina doveva aver ripreso la strada di casa al primo accenno di agitazione, portandosi via il libratore. Poco male, pensò. Germyn non era mai stata un granché, come compagnia. Recuperò quindi la sua giacca a vento arancione dall’attaccapanni a muro e uscì nel parcheggio. Kelly le andò dietro senza fiatare. Melanie la sbirciò con la coda dell’occhio. Per quale motivo l’aveva aiutata? In fondo, a parte una saltuaria frequentazione scolastica, si conoscevano appena.

Il peso di quel silenzio andò crescendo su di loro, finché a un certo punto Melanie non ne poté più.

«Grazie», sbottò. «Comunque non eri obbligata, sai?»

Kelly si strinse nelle spalle. «Be’, mica potevo star lì a guardare mentre ti facevano a fettine, non credi? E poi quelle due serpi non le ho mai potute soffrire. Tu però dovresti stare più attenta. Non ci vuol niente a provocarle.»

«Già, me ne sono accorta», dichiarò Melanie con amarezza. «Ad ogni modo sono state loro a creare il casino. Io pensavo solo ai fatti miei.»