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«E quegli occhi, allora, da dove ti sarebbero venuti?»

Melanie sospirò. «Anche le mie teorie sono disfunzionali.»

Mentre ancora le aleggiava in volto un sorriso di affettuosa comprensione, Kelly fermò la macchina davanti alla casa di Melanie. Spense il motore e si volse a guardarla.

«Senti, Melanie, ti ringrazio sinceramente per tutto quello che mi hai detto. A tuo fratello voglio bene sul serio, e nonostante le difficoltà spero che potremo essere amiche.»

«Be’, sì, certo, se vuoi…»

Kelly annuì.

«Ciao, allora. E grazie per il passaggio.» Melanie scese dalla macchina, richiuse lo sportello, e mentre Kelly usciva a marcia indietro dal viale rimase lì a guardare i fari gialli del libratore tracciare il loro sentiero di luce attraverso la nebbia che si andava infittendo.

Che strano, pensò, essersi fatta un’amica a causa di una rissa. E una nonmutante, per giunta.

Bill McLeod guardò con raccapriccio il livido che segnava il volto della sua primogenita. E che cos’erano quelle macchie rossastre che aveva sui vestiti? Sua moglie, seduta accanto a lui sul divano, si distolse dalla sua lettura per levare su Kelly uno sguardo preoccupato.

«Si può sapere cosa diavolo ti è successo?»

«Ero all’Hardwired. Sono rimasta coinvolta in una rissa.»

«Una rissa?»

«Proprio così. Dentro i bagni. Due ragazze hanno aggredito Melanie Ryton. Avevano una vibrolama.»

«Un coltello?» McLeod provò una stretta allo stomaco. Ma allora era sangue, quello che chiazzava la camicetta di sua figlia! «Dio mio, Kelly, ti hanno ferito?»

«No. Comunque era un coltello piuttosto piccolo.»

«Ti consola scoprire che tua figlia è un’esperta di coltelli!» commentò lui in tono caustico. «E poi chi sarebbe, questa Melanie Ryton? Qualcosa a che vedere con Michael?»

«È sua sorella.»

McLeod scosse la testa. Un altro Ryton! Come avrebbe fatto a liberarsi di quella maledetta famiglia?

«Sei proprio sicura di star bene?» domandò Joanna.

«Tutto a posto, mamma. Solo un po’ in disordine, capirai.»

«Ma dovevi per forza entrarci anche tu?» domandò McLeod.

Kelly gli gettò un’occhiata colma di disgusto. «E secondo te che cosa avrei dovuto fare? Starmene lì buona buona a guardare?»

Il tono di quella risposta fece sbottare l’ira che già gli covava dentro. «Kelly, avresti potuto rimanere ferita! E incomincio a pensare che te lo saresti meritato!»

«Che cosa vorresti dire?»

«Voglio dire che stai andando in cerca di guai! Sempre attorno a questi mutanti… Lo vedi che bei risultati? Possibile che tu non abbia altre amicizie?»

«Bill!» l’ammonì Joanna con voce indignata.

Tranquillamente appoggiata al muro, con le mani in tasca, Kelly non parve accusare il colpo.

«Papà, Melanie è una persona del tutto inoffensiva. Non ha nemmeno qualcuno di quei poteri che hanno gli altri mutanti. Solo quegli occhi strani. Eppure le danno tutti addosso perché è una mutante. E io non lo sopporto.»

«Questo ti fa onore», convenne Joanna. «E infatti noi ti abbiamo sempre insegnato a difendere i tuoi ideali, non è vero, Bill?»

Lui annuì impaziente. «Ma certo, chi dice il contrario? Però non è questo il punto. Il fatto è che ormai dovresti avere imparato a tenerti alla larga dai guai. Le beghe dei mutanti non ti riguardano. Perché non ti trovi un po’ di amici con gli occhi normali?»

L’autocontrollo di Kelly incominciava a sgretolarsi. «Perfetto», replicò, gli occhi ridotti a due fessure sotto l’impeto d’una collera crescente. «Quindi domani, per prima cosa, dirai a Cindy che deve smetterla di incontrarsi con Reta. Sì, facciamola finita, con questi mutanti. Ma ci pensi? Diventeremo i famosi McLeod, implacabili avversari dei mutanti!…» Poi, con voce stridula di rabbia, soggiunse: «E invece a me, guarda caso, i mutanti piacciono, e non m’importa se la pensi diversamente!»

«Bill, mi state facendo venire il mal di testa. Non potreste lasciar perdere per un po’?» si lamentò Joanna con tono irritato.

McLeod incominciava a pensare di avere gestito male la situazione. «Non posso far finta di niente», insisté, sulla difensiva. «Cerca di capirmi, Kelly, non è che io voglia proibirti di vedere questi mutanti, ma sarei molto più contento se tu passassi più tempo in compagnia della gente normale. E se dessi un taglio a quella tua storia con Michael Ryton. Hai sempre avuto da scegliere, con tutti i bei ragazzi che ti fanno il filo. Me lo sai dire per quale ragione devi metterti per forza insieme a un mutante?»

«Dio santo, ho sempre più spesso l’impressione che in questa famiglia trattiate anche me come una mutante!» ribatté Kelly. «Perché mai non dovrebbero piacermi? E comunque non ho la minima intenzione di smettere di incontrare Michael. È molto più interessante di qualunque altro ragazzo abbia mai conosciuto. E anche se si tratta di un mutante, be’, che male c’è?»

«Calmati, Kelly», intervenne Joanna. «Tuo padre è giustamente rimasto sconvolto al pensiero di quel coltello. Non ti sembra una reazione motivata? Rifletti: ti presenti a casa col viso contuso, coi vestiti coperti di sangue…»

«Sono solo poche macchie.»

«… e ci racconti che sei reduce da una rissa in un bar. Be’…»

«Certo, mi rendo conto», ammise Kelly, dondolandosi imbarazzata da un piede all’altro. «E mi dispiace. Ma preferite che vi racconti bugie?»

«No, ovviamente no. Anzi, sono fiera che tu abbia avuto il coraggio di difendere Melanie. Anche tuo padre è orgoglioso di te.»

McLeod si sentì riprendere da una vampata d’irritazione. «Jo, fammi il favore di non parlare di me come se io non fossi nemmeno presente!»

«Papà, non ti accorgi che la mamma sta solo cercando di metter pace?»

McLeod si domandò quando sua figlia aveva incominciato a usare con lui quel detestabile tono condiscendente…

«Lo vedi bene anche da te, vero, che i nostri timori non sono ingiustificati, e che può rivelarsi pericoloso essere troppo amici dei mutanti?…» continuò Joanna.

Kelly alzò le spalle. «Mamma, capisco benissimo quel che stai cercando di dire. Ma se ci fossi stata io, nella situazione di Melanie, non avreste voluto che i miei amici venissero ad aiutarmi?»

«Be’, si capisce.»

«E allora, che differenza fa? Cosa importa se Melanie è una mutante? È mia amica, tanto basta. Senza contare, poi, che lei di quei poteri mutanti non ne ha nemmeno uno.»

«È la prima volta che sento dire una cosa del genere», intervenne brusco McLeod.

«Eppure è vero.»

«Certo che dev’essere dura, per lei», osservò Joanna aggrottando la fronte.

Per qualche istante anche il pessimo umore di McLeod non poté fare a meno di addolcirsi. Povera, piccola Melanie, pesce fuor d’acqua sia di qua che di là… Ma poi gli venne in mente il padre, il gelido, altero James Ryton, e la sua irritazione si risvegliò.

«Ascolta, non metto in dubbio che questa Melanie incontri qualche difficoltà, a scuola. Ma non è mica l’unica, sai? Un mucchio di gente deve lottare per tirare avanti. E alcuni non sono nemmeno mutanti. Lei avrà di sicuro altre amicizie. Amicizie mutanti. Quindi non mi pare il caso che tu debba star lì a compatirla.»

«Mi sarebbe piaciuto essere anch’io una mutante, per un quarto d’ora, là in quei gabinetti», dichiarò Kelly ridacchiando. «Avrei fatto volare Tiff Seldon dritta dritta dentro la tazza, e poi giù, una bella lavata di capo!…»

McLeod capì che sua figlia stava cercando di curargli l’umor nero mettendola sullo scherzo, e pur controvoglia si degnò di sorridere. Ma un attimo dopo gli balenò in mente un’immagine del volto di Kelly… perfettamente identica all’originale tranne che per quei due estranei occhi dorati, e dovette fare uno sforzo per non mettersi a tremare. Si accorse che il gran fuoco della sua rabbia era bruciato completamente, lasciandosi dietro solo sparse braci vacillanti e una massiccia dose di depressione.