Выбрать главу

«Chi è implicato in questa faccenda?»

«Gran parte degli operatori attivi localmente nel campo della ricerca medica. Ribeiros è la pedina più importante, certo. Ma è inutile che stiate a perder tempo. Non riuscirete mai a incastrarlo. È troppo ben protetto, e credo che la cara Eleanor se ne stia rendendo conto.»

«Mi spiega perché dovrei darle retta? Come fa a sapere tutte queste cose?»

Skerry sorrise. «Diciamo che ho i miei canali… e i miei sistemi per venire a sapere le cose. E poi non sono ostacolato da norme e regolamenti ufficiali.»

«Ma insomma, qual è il motivo della sua presenza qui?»

«Non crederà mica che il Congresso degli Stati Uniti sia l’unico organismo interessato alla questione del supermutante…»

«E del supermutante, a lei, chi gliene ha parlato? Qual è la sua fonte d’informazione?»

«Ho buone orecchie. Migliori, a dire il vero, di quelle di cui dispone gran parte dei nostri uomini politici… Guardi che le si sta freddando il caffè.»

Andie ne prese un sorso, reagendo con una smorfia a quell’infame sciroppo zuccherino, e si affrettò a posare la tazza. «Quindi, secondo lei, dovrei credere che uno sconosciuto chiacchierone sbucato dal nulla sta conducendo la sua indagine privata sulla medesima questione che interessa a noi, con la differenza che costui conosce già tutte le risposte? Pretendo troppo se le chiedo per conto di chi agisce, lei?»

«Diciamo soltanto che si tratta di un gruppo… molto particolare.»

«Particolare come sono particolari i mutanti?»

Le rivolse un beffardo gesto di saluto. «Brava davvero. Persino più sveglia di quanto immaginavo.»

«È da solo, qui?»

«No, siamo venuti in due, a dare un’occhiata.»

«Perché non parlarne alla Jacobsen?»

Lui scrollò il capo. «Sarebbe solo una perdita di tempo. Mia cugina è una signora di saldi princìpi. E io non è che sia esattamente il benvenuto, in certi raffinati ambienti mutanti.»

«Capisco. Be’, e se le parlassi io, a nome suo?»

«Ci crederebbe ancora meno.»

«Ma allora perché si è rivolto a me?»

«Perché lei fa parte di una commissione governativa autorizzata a indagare. Potrebbe indirizzarla verso le direzioni adeguate. E favorire in definitiva l’intervento di… be’, diciamo, degli opportuni organismi.»

«Vuol dire la CIA? In tal caso mi servirebbero prove piuttosto solide.»

«Provi con questo.» Skerry si tolse di tasca una memocassetta e gliela porse. Lei lo fissò con aria scettica.

«Che roba è?»

«Il resoconto di esperimenti genetici su embrioni umani eseguiti in una clinica nei pressi di Jacarepaguá.»

«Cosa? Ma è illegale! E chi gliel’ha dato?»

Un sorriso. «L’ho rubato.»

Andie scansò la sedia dal tavolino e scosse la testa. «Non posso accettarlo. Mi renderei complice di un reato. Per non dire della baraonda che nascerebbe se si venisse a sapere che abbiamo sottratto informazioni…»

Fu interrotta dalla risata di Skerry. «Comincio a pensare che lei non sia poi così sveglia. Scusi, basta non dirlo che è roba rubata. Da quella clinica, creda a me, non uscirà nemmeno una parola.»

«Preferirei comportarmi onestamente.»

Skerry smise di sorridere. «Qui non siamo negli Stati Uniti, signora avvocatessa. Qui le sue regole di comportamento non valgono un bel nulla. Da queste parti conta soltanto chi conosciamo e che cosa sappiamo. E, soprattutto, chi è a conoscenza di quanto sappiamo. Quindi stia molto attenta. Si tenga strette queste informazioni, e non le passi a Eleanor finché non sarete rientrate a Washington. Quaggiù la sua cara senatrice è attentamente controllata.»

«Da chi?»

«Sono in parecchi. La polizia. Gente che rappresenta interessi stranieri. E altri mutanti, ovviamente.»

Andie immaginò una folla di estranei impegnati a scrutare il suo capo, e lei stessa, con potenti binocoli e attraverso i buchi delle serrature. Un esercito di spie, volendo prestar fede alle dichiarazioni di quello sconosciuto.

«Ma lei come fa a saperlo?» insisté. «E poi perché dovrebbe interessarle?»

«Per usare una frase fatta, se non io, chi? E se non ora, quando? Dammi retta, sorellina, questa è una faccenda seria. Per voi, per me e per quella massa di gente che tiene d’occhio il tuo capo. E mentre tutti perdono tempo ad agire attraverso i canali ufficiali, gli esperimenti continuano.»

«Su soggetti umani?»

«A quanto pare.»

«Ma ne sei proprio sicuro?»

«Ti dico di sì. Mi raccomando, quindi, state in campana.» E Andie vide d’un tratto l’immagine di lui tremolare come se, fra di loro, fosse trascorsa una folata di vento torrido. Era forse un effetto da imputarsi a stanchezza visiva, oppure lo sconosciuto le stava davvero svanendo dinanzi agli occhi? Attraverso la sua maglietta si scorgeva ormai il tronco della jacaranda. Andie dovette fare uno sforzo per impedirsi di rimanere semplicemente lì, inerte, a bocca aperta.

«Aspetta! In caso di necessità come faccio a rintracciarti?»

Ma la sedia di fronte era già vuota. Sentì alitarle, su una guancia, la carezza di un venticello fresco.

«Sarò io a trovare te.» Un mormorio all’orecchio, un sussurro nella sua mente. Chinò lo sguardo, quasi aspettandosi di veder svanire anche la memocassetta. Ma l’ellissoide in plastica azzurra continuava a giacerle in palmo di mano simile a un uovo. Lo ripose nello scomparto della cintura e diede un’occhiata all’orologio. Se si sbrigava, avrebbe fatto appena in tempo per l’appuntamento al Cesar Park.

Bill McLeod afferrò il nebulizzatore. Il muso del suo Cessna superleggero necessitava di una ritoccata, e a tale scopo egli aveva appena preparato una dose di vernice argentea.

Alle sue spalle sentiva Kelly chiacchierare con quella ragazza mutante, Melanie Ryton, mentre si davano entrambe da fare a sverniciare la coda del Cessna. Nonostante i timori di suo padre, Kelly insisteva nel frequentare quella famiglia. Mah, forse era soltanto una fase passeggera. Melanie era una brava ragazza. E, come Joanna continuava ad assicurargli, anche suo fratello Michael era un bravo ragazzo.

Bravi ragazzi un corno, pensò McLeod. Aveva promesso a Joanna di astenersi dall’affrontare l’argomento, tuttavia non gli andava proprio giù che sua figlia si ostinasse a filare con quel giovanotto mutante. E poi non faceva nessuna fatica a immaginare fin dove sua figlia e Michael Ryton si fossero spinti, sessualmente parlando. Nemmeno questo gli andava a genio. Kelly, d’altra parte, aveva diciotto anni. Finché si comportava con discrezione, gli sarebbe toccato cercare almeno di rispettare la sua intimità.

McLeod tracciò un lucido e scintillante arco con il liquido argenteo. A contatto con la fusoliera, il pigmento crisacrilico si asciugò all’istante. Squadrò l’effetto con occhio critico. Un piccolo intervento di rifinitura non avrebbe guastato, pensò.

«Kelly! Posso interromperti?»

«Certo, papà.»

«Ti spiacerebbe andarmi a prendere la borsa degli attrezzi che sta nel bagagliaio del libratore?»

«Va bene.»

La osservò correr via con Melanie alle costole. Il limpido sole di maggio luccicava sui suoi capelli neri e sulla tuta gialla. Per un attimo l’immaginò in corsa attraverso una pista in direzione di un aereo, la snella figura fasciata di un diverso genere di abbigliamento, una grigia tuta di volo. Che magnifico pilota sarebbe stata! Bisognava che le suggerisse di far domanda per entrare all’Accademia Aeronautica. Se solo le fosse riuscito di pensare a qualcos’altro, oltre ai mutanti…