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«Cosa possiamo fare per lei, signor Horner?» si informò la Jacobsen. Con quel tono di voce avrebbe congelato un pinguino, pensò Andie.

«Ordunque, mia cara signora, m’è avvenuto di riflettere che, lungi dal dividere i nostri sforzi, è al contrario tassativo che noi li si unisca. Dobbiamo necessariamente operare di concerto, se intendiamo massimizzare gli esiti di questa missione.» Stava utilizzando la medesima intonazione cui era solito ricorrere per i suoi sermoni televisivi. Le sue parole ristagnavano in aria come chiazze d’olio. Infido ipocrita. Chissà, si chiese Andie, se al tatto sarebbe risultato untuoso come all’udito?

La Jacobsen incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale.

«In pratica?»

«Riconoscendo che gli interessi dei suoi e dei miei elettori sono coincidenti. Presentando un fronte unito, per così dire.»

«Come il Fronte Unito Musulmano?»

Inequivocabile, il sarcasmo della senatrice. Andie si sforzò di non mettersi a ridere.

«Be’, sì… cioè, no.» Horner parve innervosirsi. «Quel che sto cercando di farle comprendere è… non vorrebbe riesaminare le mie proposte? Ciò mi renderebbe senza dubbio assai propenso a comunicarle qualsivoglia informazione nella quale mi capitasse di imbattermi…»

«Senatore Horner, come ben sa, lei è tenuto in forza di legge a condividere con l’intera commissione le informazioni di cui venisse eventualmente in possesso nel corso di questa indagine. Altrimenti la sua presenza qui non avrebbe senso. E se mai dovessi sospettare che lei nasconde qualcosa allo scopo di procacciarsi favori o estorcere collaborazione, sarà mia cura cavarglielo personalmente fuori dalla testa, quel qualcosa!» La voce di Eleanor Jacobsen s’era ridotta quasi a un sussurro. «Gliel’ho già spiegato che non m’interessa affatto schierarmi con alcuno specifico gruppo di potere.»

«A parte quello che lei già rappresenta.» La voce di Horner non suonava più untuosa. Adesso il senatore ragliava come un asino.

«Io rappresento lo stato dell’Oregon», ribatté calma la Jacobsen.

«Lei rappresenta i mutanti! E la violenza mentale è contro la legge!»

Andie trattenne il respiro, aspettando di vedere come avrebbe reagito la Jacobsen. Con suo grande stupore, la senatrice scoppiò a ridere.

«Oh, andiamo, Joseph. Non è da lei. Violenza mentale?»

La faccia di Horner era paonazza di rabbia. «Al suo posto non riderei così di gusto, senatrice. Lei reca un pessimo servizio al suo elettorato, negandogli l’ausilio e il conforto del Gregge.»

La Jacobsen sorrise ironica, ma i suoi occhi non ridevano più. «Joseph, non c’è bisogno di un telepate per capire che cosa le interessa. Sono convinta che il suo Gregge gradirebbe immensamente aggregarsi una bella schiera di mutanti attivi. Diciamo pure che li accoglierebbe a braccia aperte. E senza badare a spese. Assoluta libertà di adesione al Gregge, per i mutanti…» Il suo tono si fece duro. «E invece stia pur certo che mi guarderò bene dal favorire le manovre di qualunque gruppo, suo o altrui che sia. Non ne ho né l’autorità né l’interesse.»

«Potrebbe pentirsene.»

«È una minaccia?»

«Diciamo un’osservazione.»

Eleanor Jacobsen puntò le mani sul tavolo e si levò in piedi. «Riservi le sue osservazioni all’indagine, senatore. E adesso, se vuole scusarci…»

Si avviò per uscire dalla stanza, e Andie le tenne dietro ben volentieri.

Una volta nel corridoio, Andie trasse un sospirone. «Dio ci scampi, che individuo malefico!»

La senatrice annuì. «Ho cercato di escluderlo dalla missione, ma è riuscito lo stesso a intrufolarsi. Il fatto è che più di tanto non potevo insistere, pena il rischio che trapelasse qualche indiscrezione. Quei vampiri dei media farebbero qualunque cosa, pur di mettere le mani su una notizia di questo genere.»

«Pensa che creerà altri fastidi?»

«No. Comunque sarà un gran sollievo rientrare a Washington. Trovato niente, in biblioteca?»

«Nada. Il motto ufficiale è: Quali occhi dorati? Ah, quelli? Semplici lenti a contatto.»

La Jacobsen sorrise debolmente. «Be’, continua a provare.»

«Ci torno oggi pomeriggio.»

«Può anche darsi che le cliniche del Jacarepaguá ci forniscano qualche indizio più sostanzioso di quelli reperiti sinora.»

Andie ponderò se non fosse il caso di riferire alla senatrice del suo incontro con Skerry. E se la Jacobsen non le avesse creduto, neppure con l’aiuto della memocassetta? Skerry l’aveva pure avvertita di tenere la cosa per sé fin quando non fossero tornate a Washington. Passò loro accanto, lungo il corridoio, una robocameriera, gran balenio di lucette azzurre e cinguettio di sensori. Andie rabbrividì. A detta di Skerry la Jacobsen veniva sorvegliata di continuo, e forse a spiarla erano le macchine, oltreché le persone. Per rivelarle quanto aveva saputo, avrebbe dovuto attendere davvero che fossero tornate alla base. Al sicuro.

«Di che cosa volevi parlarmi, Andie?»

«Oh, io… ecco, volevo chiederle soltanto che ne pensa di Ribeiros.»

Le sopracciglia della Jacobsen s’inarcarono in un moto di perplessità. «Mi pareva di avervi già accennato, a dire il vero. Comunque… Freddo, imperturbabile. Sembrerebbe collaborare, ma l’apparenza inganna.»

«Quindi nutre qualche sospetto?»

«Sì. Ma neanche uno straccio di prova.»

«Be’, ad ogni modo sono sicura che presto scopriremo qualcosa.» Andie si augurò di apparire più fiduciosa di quanto in realtà non fosse.

«Ammesso che vi sia qualcosa da scoprire.» Eleanor le regalò una breve stretta sulla spalla. «Andiamo, ti do un passaggio fino in clinica.»

Dure ore dopo, mentre le colonne alfanumeriche delle variazioni demografiche ondeggiavano attraverso lo schermo in quelle che ai suoi occhi affaticati apparivano ormai solo macchie indistinte, Andie decise di andare a vedere se Karim avesse fatto qualche progresso. Magari aveva scoperto un branco di supermutanti appollaiati sopra una jacaranda. O alla guida di tutti i taxi di Rio. Insomma, una cosa qualunque.

Lo trovò in giardino che parlava a certi ricoverati provvisti di vistose fasciature al cranio. Alcuni di loro, avendo gli occhi bendati a protezione della luce, indossavano cuffie radar. All’avvicinarsi di Andie, la porta si aprì ruotando con un gemito meccanico. Karim levò lo sguardo e sorrise. Poi, congedatosi, le si fece incontro.

«Non sapevo che qua dentro si potesse ottenere accesso ai pazienti.» Andie diede un’occhiata per la stanza, ammirando il rigoglio di bromeliacee in fiore, la lussureggiante varietà di piante in vaso, il ruscello artificiale.

«Be’, a dire il vero non è che abbia proprio chiesto il permesso», ammise Karim sorridendo. «Sono solo andato un po’ in giro per vedere cosa mi riusciva di trovare.»

Andie rise. «Così hai curiosato senza dar troppo nell’occhio, hai aspettato di avere via libera, e ti sei intrufolato qui.»

«Confesso ogni addebito, vostro onore. Allora, come va? Scoperto qualcosa?»

Andie avvertì un curioso formicolio nel bel mezzo della schiena, come se qualcuno la stesse fissando. Nell’afferrare Karim per un braccio si gettò una fugace occhiata alle spalle, ma il corridoio appariva deserto.

«Dai, usciamo un attimo», gli rispose. «Ti va di fare una passeggiata sulla spiaggia?»

«Ottima idea. Possiamo prenderci il libratore di Craddick completo di conducente. Tanto i signori senatori sono tutti impegnati in un altro dei loro interminabili abboccamenti con Ribeiros. Andranno avanti a chiacchierare per ore e ore. Viva la libertà!» E si mosse verso l’uscita.

«Vai a capire di che staranno discutendo», disse Andie mentre attraversavano di buona lena il parcheggio asfaltato. Nella vampa implacabile del pieno sole pomeridiano poteva quasi vedere le ondate di calore levarsi dal suolo bollente. Chissà che a socchiudere gli occhi non le riuscisse di scorgere l’incerta sagoma di Skerry baluginare in mezzo a quel torrido rimescolio…