Выбрать главу

I telecronisti pendevano dalle labbra di Eleanor Jacobsen. Andie notò il bizzarro giovanotto occhialuto in seconda fila rivolgere verso la senatrice quello che pareva un apparecchio di registrazione.

«È di vitale importanza che tutti noi si consideri questa presunta scoperta per ciò che veramente è: una pura falsità, un’inconsistente diceria…»

Un gemito lacerante traversò la sala, sommergendo la voce della senatrice. Eleanor Jacobsen, volgendosi per identificare la causa della turbativa, s’interruppe di colpo, avviluppata in un turbinio di luce bianca.

Andie boccheggiò, cercando di muoversi, ma il locale era gremito e si ritrovò bloccata da ogni parte, impotente. Ricolma di orrore vide Eleanor crollare in avanti, stramazzare di schianto sul palco.

«Quell’uomo! Prendete quell’uomo con gli occhiali!» urlò.

Ma quello stava già scavalcando una fila di sedili, sgusciando fra la gente, correndo verso l’uscita. Poi la folla proruppe.

«Trovate un dottore!»

«Chiamate la vigilanza!»

«Prendetelo! Ha sparato a Eleanor Jacobsen!»

Un nerboruto cameraman in maglietta azzurra catturò l’attentatore a un metro e mezzo dalla porta, ed entrambi scomparvero sotto un mucchio di agenti in uniforme.

Andie riuscì ad aprirsi la strada fino alla pedana. Eleanor giaceva abbandonata al suolo come una bambola di stracci. Gli occhi spalancati, immobili, fissi nel vuoto. Una donna in rosso stava china su di lei, cercando qualche segno di vita.

«Come sta? Respira? E il cuore?»

Andie rivolse quelle domande meccanicamente. Le era bastato uno sguardo per rendersi conto. Eleanor Jacobsen era morta. Rimase a guardare, istupidita, mentre la donna, con gesto pietoso, chiudeva due palpebre inerti sugli occhi ormai spenti della mutante.

«Un dottore! Chiamate un dottore! Presto!» gridava qualcuno.

Andie si costrinse a fissare il volto pallido di Eleanor, vincendo l’impulso di accarezzare le bionde chiome scompigliate. Quella magnifica intelligenza, quello spirito indomito, quell’impegno continuo… tutto svanito. L’eroina mutante, la splendida Eleanor dagli occhi d’oro, assassinata da un nonmutante. Brucianti, copiose, sgorgarono le lacrime. Si accasciò sul bordo della pedana, si nascose il volto fra le mani. Era tutto finito, pensò. Tutto finito.

«Passami la livella laser», ordinò Bill McLeod, chinandosi sopra il muso del suo vecchio Cessna.

Joanna rovistò dentro la borsa degli attrezzi. «Quale sarebbe?»

«È lunga e nera, con un led giallo.»

«Non la trovo», si arrese. «Ma te lo dovevi proprio portare in vacanza con noi, quest’aggeggio?»

«Non importa. Dai qua, che guardo da me.»

Accompagnando il gesto con un sorriso, Joanna gli allungò la borsa dondolante. Certo, a lei non interessava affatto passare il tempo a lavorare sull’aereo di Bill, ma una visitina alla vecchia pista nei pressi di Lake Louise faceva da sempre parte integrante delle loro vacanze. E poi le dava gusto stare a guardare i piloti della domenica che armeggiavano coi loro apparecchi. Il balenio delle lucenti vernici metalliche… i limpidi cieli azzurri attraverso i quali salivano a librarsi i piccoli scafi… le piaceva trovarcisi in mezzo.

Sebbene dietro insistenza di Bill avesse frequentato regolari corsi di volo e conseguito la licenza di pilota, con la nascita dei ragazzi il suo interesse per quel gioco rischioso s’era affievolito fin quasi a svanire. Conservava gelosamente nella memoria i momenti esaltanti delle sue evoluzioni solitarie, ma preferiva che rimanessero appunto quel che erano: vagheggiamenti del pensiero, nient’altro.

«Ti ricordi quando Kelly veniva qui insieme a noi?» gli domandò.

«Già. Sarebbe potuta diventare un pilota fenomenale.»

«Lo credo anch’io. Ora come ora, invece, non riesco neppure a capire che cosa le interessa.» Joanna si lasciò sfuggire un sospiro.

«A parte i combattimenti all’arma bianca, vuoi dire?»

«Bill!»

Lui sollevò le mani in gesto di resa, poi tornò a dedicarsi all’aereo. «Dai, scherzavo. A proposito, saputo più nulla di quella ragazzina mutante?»

«Melanie Ryton? Kelly non ne ha quasi più parlato.»

«Me n’ero accorto. Da quando siamo arrivati, praticamente non fa altro che andarsene in giro con aria trasognata.»

«Soffre per la mancanza di Michael. È un fatto naturale.»

«Vorrei poter dire lo stesso di lui…»

«Lo sai, no, che non mi piace sentirti parlare di Michael a questo modo.» Joanna incrociò le braccia con aria irritata.

«Accidenti, Jo, che ci posso fare? Mi fa venire i brividi. È un bravo ragazzo, niente da dire, però ha certi occhi… La loro aria esotica non è che migliori molto le cose. Comunque non lo so mica chi era più a disagio, quando Kelly l’ha convinto a fornire quella prova pratica di levitazione… Dava l’impressione di volersi andare a nascondere sotto il divano. E ti dirò che non stento affatto a capirlo. A lui dev’esser sembrata più che altro una presuntuosa e ridicola ostentazione.»

Joanna ridacchiò. «Eppure era una cosa davvero sbalorditiva. Non credo di aver mai veduto un mutante mettersi in mostra tanto apertamente. Quasi quasi lo invidiavo. Pareva un’esperienza piuttosto gradevole.» Cercò, per un istante, d’immaginare che sensazione le avrebbe dato librarsi in aria a quel modo.

«Può darsi. Ma se vuoi la mia opinione, quel mutante non mi sembrava che si divertisse poi tanto.»

«In effetti hai ragione. È sempre così serio. Penso comunque che sia preoccupato per sua sorella.»

«Già, e adesso dobbiamo anche fare i conti con questa assurda storia del supermutante, ammesso che ci sia da credere a quel senatore… come si chiama?… Horner.»

McLeod rimase qualche attimo in silenzio, il che voleva dire che probabilmente era intento a serrare un cavetto. Joanna si appoggiò alla fusoliera argentata.

«Caro, sono quasi le cinque e un quarto. Vuoi sentire le notizie di borsa?»

«Certo.»

Joanna premette un pulsante sul proprio orologio. Un annunciatore sciorinò la consueta serie di comunicati commerciali, propose qualche commento spicciolo sul mercato azionario, quindi passò alle cifre di chiusura della giornata borsistica.

«Gran parte dei valori guida hanno subito un’immediata, precipitosa flessione a seguito del delitto di oggi pomeriggio… l’indice Dow Jones dei titoli industriali ha chiuso a duemilacinquataquattro e quaranta, con una perdita secca di settecentoventi punti.»

McLeod rialzò la testa di scatto, mancando per un pelo uno dei pannelli del vano motore. «Quale delitto?»

Joanna sintonizzò il canale notiziario.

«… Ed ora, ultimissima di cronaca da Washington: Arnold Tamlin, presunto assassino della senatrice Eleanor Jacobsen, è stato trovato morto nella sua cella all’una e trentotto pomeridiane. Nulla è ancora trapelato circa le cause del decesso. Si prevede che l’autopsia verrà eseguita non appena saranno stati individuati e informati i famigliari.»

«Bill, qualcuno ha ucciso quella senatrice mutante… Dio mio, non è possibile…» Joanna si sentiva strana, come in preda allo stordimento.

McLeod si accigliò. «Tanto lo sapevo che una cosa del genere doveva succedere, prima o poi…»

«Ssss… ascolta!»

Il notiziario proseguiva.

«L’arresto di Tamlin è avvenuto pochi attimi dopo il verificarsi del mortale attentato ai danni della senatrice Eleanor Jacobsen dell’Oregon. La senatrice Jacobsen, mutante, stava in quel momento tenendo una conferenza stampa per confutare le affermazioni fatte dal senatore Horner a proposito delle voci, recentemente circolate, sull’esistenza di un cosiddetto superuomo mutante. Colpita da una scarica fotonica a distanza ravvicinata, la senatrice Jacobsen ha perso la vita all’istante. Nel conseguente tafferuglio, il sospetto Tamlin è stato bloccato e arrestato. Informato dell’accaduto, il senatore Horner ha rilasciato la seguente dichiarazione: ’È una tragedia. Una vera tragedia. Ma sia fatta la volontà di Dio. Chiniamo dunque la testa, fratelli, raccogliendoci in preghiera…’»