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«Cara, ha telefonato Michael Ryton. Ha detto che avrebbe richiamato più tardi. E… be’, già che ci siamo, ti dovrei parlare.»

Kelly s’irrigidì sulla difensiva. «A proposito di che?»

«Tuo padre è un poco preoccupato di questa tua amicizia con Michael.»

«Uffa. E tu?»

«Be’, Michael sembrerebbe un giovane a posto, però…»

Con un sospiro, Kelly prese ad elencare, imitando la monocorde voce di un computer: «Incluso nell’elenco ufficiale dei migliori studenti della Cornell, membro della squadra di tennis, insignito della borsa di studio Merton, laureato con lode, socio giovane della Ryton, Greene and Davis Engineering…»

«Sì, tutte queste cose le so anch’io», l’interruppe sua madre con tono di leggera impazienza. «Quello che non so, è se sia davvero tanto una buona idea che tu intrattenga una così grande amicizia con qualcuno che ha parecchi anni più di te. Dopotutto non sei nemmeno diplomata!»

«Oh, mamma, via! Tu e papà praticamente mi avete gettato fra le braccia di Don Korbel, quando è tornato a casa da Yale per le vacanze di Pasqua. E solo perché è figlio di un vecchio commilitone di papà. A voi non importa niente dell’età di Michael. L’unica cosa che vi preoccupa è il fatto che sia un mutante.»

Sua madre assunse un’aria imbarazzata. «Be’, Kelly, devi capire che su questi mutanti ne sappiamo un po’ più di te. È gente imbevuta di spirito di parte, rigidamente legata al proprio gruppo. È gente strana. Li abbiamo visti coi nostri occhi svolazzare sulla spiaggia… anche se non saprei dire come facciano a stare sospesi in aria a quel modo. È gente schiva, altera, gelosa dei suoi segreti. E noi temiamo che un simile legame possa farti soffrire.»

«Anche Cindy ha un’amica mutante.»

«Già, però Reta ha la stessa età di tua sorella… e il medesimo sesso.»

«Allora è di questo che si tratta.» A Kelly veniva da ridere. «Me lo dovevo immaginare. Eppure non sembravate mica tanto impensieriti, in Germania, quando andavo agli appuntamenti con quei soldati. E fra l’altro erano anche più vecchi di Michael.» Tacque un istante, vedendo che aveva colpito nel segno. «Quindi non ha senso che incominci a preoccuparti proprio ora. Sono capace di badare a me stessa. Michael è un bravissimo ragazzo, e tre volte più interessante di quei babbei che frequentano quella balorda scuola per minorati in cui mi avete cacciato.»

«Non dubito che sia un giovanotto in gamba…» Joanna portò il bicchiere alle labbra e inghiottì una lunga sorsata. «È solo che siamo preoccupati. Non sembri molto soddisfatta.»

Un fiotto di esasperazione incominciò a smantellare l’autocontrollo di Kelly. L’ultima cosa che desiderava era mettersi a discutere di un simile argomento con sua madre, col rischio di far venire a galla domande alle quali neppure lei era in grado di rispondere.

«Sarei di sicuro molto più soddisfatta se la faceste finita di cercar di controllare le mie amicizie», dichiarò. «Perché non vi preoccupate un poco anche per Cindy?» Fissava sua madre con sguardo furibondo. «Non scomodarti a rispondermi. Lo so già da me. Perché Cindy è sempre contenta. Oh, che ragazza fortunata!»

«Kelly, io…» Sentendo sbattere la porta d’ingresso, Joanna si interruppe. «Ecco tuo padre. Che ne diresti di andartene un po’ di sopra, in attesa della cena?» Non era un gentile invito.

James Ryton sedeva nella gelida sala conferenze attendendo impaziente, a braccia conserte, che la riunione avesse termine. Sarebbe giunto in ritardo al convegno annuale del clan, se McLeod non concludeva alla svelta: di lì alla costa c’erano due ore di macchina. La proposta di costui era una follia, naturalmente. Quei normali non vedevano mai più in là del loro naso. Nulla di strano che lui e la sua équipe d’ingegneri fossero ininterrottamente sotto contratto con il governo. Le nuove misure di sicurezza non facevano altro che rendere le cose più difficili.

«Trasmetteremo la documentazione completa al vostro ufficio domattina», dichiarò McLeod disattivando il grande schermo a parete.

«Benissimo. Prima possiamo incominciare, meglio è.» Strinse la mano a McLeod, salutò con un cenno del capo, e si incamminò in direzione dell’ingresso, pavimentato di moquette rosa. Era convinto che quelle trattative faccia a faccia fossero solo una maledetta perdita di tempo, ma non se ne poteva fare a meno per via dei soliti regolamenti governativi. C’era da perdere le staffe, comunque, al pensiero del perfetto apparato da teleconferenze installato nel suo ufficio proprio per questi casi.

Era stupido e dispendioso incontrarsi di persona, e Ryton detestava sia lo spreco sia la stupidità, ma purtroppo i normali sembravano esservi specializzati.

Prese mentalmente nota di coinvolgere Michael nelle future trattative. Forse avrebbe anche potuto affidare interamente quel compito a suo figlio, visto che gli piaceva tanto frequentare i nonmutanti.

Ryton pensò alla barriera che ormai da tempo cercava di erigere attorno alla sua casa, alla sua famiglia, alla sua intera esistenza. Era incominciato tutto con le violenze degli anni Novanta. Con i bestiali omicidi a sangue freddo. Oh, egli era stato un giovane idealista scriteriato, allora, pieno di entusiasmo e di ottimismo. Ma Sarah aveva trascinato via con sé quello ed altro, quando era caduta sotto i colpi degli assassini. Sua sorella, quella creatura meravigliosa, violentata e mortalmente percossa.

Rabbrividendo nell’aria decembrina, Ryton salì a bordo del libratore. Quei pazzi che perseguivano inutili contatti coi normali andavano in cerca di guai, su questo non nutriva alcun dubbio. I mutanti non erano mai stati accettati, e mai avrebbero potuto esserlo.

Certe forme d’interazione coi nonmutanti risultavano inevitabili, ovviamente, essendo costoro a controllare l’economia, gli apparati governativi e il sistema scolastico. Quel che più lo disgustava, era che le loro viscide, dolenti emozioni gli si appiccicavano addosso come ripugnanti ragnatele ogni qual volta gli toccava penetrare nel loro mondo. Pur oscurando al massimo la propria sensibilità extrapercettiva, non poteva mai evitare del tutto un certo grado di contaminazione. Sospirando, Ryton immise il libratore sulla rampa di accesso all’autostrada.

Gentucola, quei normali. Con prospettive limitate e meschini interessi. Timorosi di qualunque diversità. Sospettosi di ogni stranezza. Se l’indomani, al risveglio, avesse scoperto che erano svaniti dalla faccia della Terra, non ne avrebbe certo sentito la mancanza. Già troppo gli avevano portato via. La giovinezza. La fiducia. Sarah. No, non l’avrebbe mai rimpianto, un normale. Mai.

2

Al richiudersi della porta, il sordo martellare dei marosi s’interruppe di colpo. Michael si tolse il giaccone, accogliendo con gioia il tepore dei termodiffusori, e riconobbe al primo sguardo quei cinquanta volti sin troppo noti, quei familiari cento occhi d’oro, ogni singolo individuo di quel gruppo, quasi tutta gente del suo clan, radunato attorno al grande tavolo che riempiva lo spazio destinato a sala da pranzo.

Mamma li accolse con un lieve sorriso, indicando loro le due grigie sedie pieghevoli che attendevano vuote vicino a lei. Sospirando, Michael andò circospetto a sistemare la sua alta, dinoccolata figura, sul freddo sedile di metallo, avvertendone acutamente, attraverso i pantaloni, la rigida, severa essenzialità. Melanie gli sedette accanto. Una più attenta occhiata in giro per la stanza gli confermò l’assenza di suo padre. In ritardo, evidentemente.

«Come stavo dicendo», declamò zio Halden, «in questo anno 672 della nostra attesa, 2017 secondo il calendario comune, abbiamo avuto due nascite, una morte, una scomparsa… ma si tratta di Skerry, e non è una novità. I soliti incaricati lo stanno cercando. Le nostre indagini a largo raggio ci hanno consentito di localizzare, in una zona rurale del Tennessee, due confratelli isolati, ed essi si sono uniti a noi. Sono stati celebrati tre matrimoni.» Breve pausa. «Due matrimoni misti. Ma la relativa prole verrà tenuta sotto stretta sorveglianza.» Era solo frutto della sua immaginazione o veramente, tutt’intorno a Michael, cento occhi dorati avevano versato lacrime di dolore? E cinquanta bocche esalato un gemito di delusione?