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«È necessario concordare la candidatura di qualcuno che porti a termine il mandato di Eleanor Jacobsen», dichiarò Halden. «Mi incontrerò lunedì col governatore Akins, e per allora dobbiamo esserci accordati sulla sostituzione. Prima decidiamo, più possibilità abbiamo di vedere ratificata la nostra scelta.»

«Ma perché prendersi il disturbo?» obiettò Zenora. «Finiremo solo per fornire un altro bersaglio alle armi dei normali.»

«Se assumiamo un atteggiamento del genere, allora sì che verremo sconfitti!» ribatté Halden in tono aspro.

«E bravo zio, fatti sentire!» si intromise una voce ben nota. L’intero gruppo si volse, all’unisono: cinquanta paia di occhi dorati videro una fiammeggiante colonna colore arancio che in lenta rotazione accanto al fluidivano grigio argento andava pian piano plasmandosi in forma umana: un atletico mutante maschio in stivali neri, jeans, maglietta viola, giaccone militare e ampio sorriso incorniciato da una riccioluta barbetta castana. Skerry. Al suo fianco, con aria timorosa, una donna dai capelli rossi, abbigliata con un impeccabile completo grigio. Michael la riconobbe per Andrea Greenberg, l’assistente di Eleanor Jacobsen. Che diavolo ci faceva, qui, insieme a quella testa balzana?

«Pace e bene a tutta la compagnia!» esclamò Skerry giovialmente. «Scusate l’intrusione ad effetto, ma come sapete ho un debole per i colpi di scena. Dunque, desidero innanzitutto presentarvi una mia cara amica. Su, coraggio, di’ ciao ai bravi mutanti, Andie.»

Lei annuì, esitante. «Salve.»

«Skerry, che significa questa bravata?» insorse Zenora. «Portare una nonmutante a una nostra riunione privata, e proprio in un momento come questo? Ti ha dato di volta il cervello?»

«Non ancora, zietta. Ho solo trent’anni, ricordi? E poi questa non è mica una normale qualsiasi, sai? Andie Greenberg è stata assistente di Eleanor Jacobsen.»

«Calmati, Zenora. Garantisco io per lei», intervenne James Ryton.

«Continuo a non capire il motivo della sua presenza.»

«Capirai, capirai», promise Skerry.

Facendo levitare attraverso tutta la stanza una sedia bianca pieghevole, Michael la depose accanto ad Andie. Mentre lei prendeva posto, egli le rivolse una rassicurante strizzatina d’occhio.

«È raro averti fra di noi, Skerry. A cosa dobbiamo l’onore?» domandò Halden.

«Date un’occhiata a questa.» Skerry gettò sul tavolo una memocassetta.

Halden si accigliò. «Che roba è?»

«Ti va di dare una smossa a questo branco di poltroni? Di indurii a trovare qualcuno che completi il mandato di Eleanor Jacobsen? Ecco, lì dentro c’è qualcosa che dovrebbe far battere forte forte i vostri cuori mutanti, gente. C’è il motivo per cui dobbiamo riavere qualcuno al Congresso appena possibile. C’è la prova che in Brasile si svolgono ricerche mutagene.»

«In Brasile? Ma allora non erano solo vuote dicerie?»

Skerry annuì. «Stanno facendo studi sui tessuti germinali. In particolare, procedure di mappaggio cromosomico in soggetti umani.»

«… Cercando, evidentemente, di individuare e isolare mutazioni che possano essere riprodotte in vitro… quindi la cosa è molto più seria di quanto immaginassimo», commentò Halden, pallido in volto. Porse la memocasseta a Zenora, e lei la inserì nel lettore della videoparete.

Le luci si attenuarono, e sullo schermo, in un chiarore azzurro, trascorse il contenuto della cassetta. A Michael parevano semplicemente diagrammi tratti da un testo di genetica, ma suo padre e suo zio, pietrificati dall’inquietudine, fissavano il grande monitor con attenzione spasmodica.

«Replicazione di geni? Scissione di zigoti? E in embrioni umani?» trasecolò Ryton.

«A quanto pare.»

«Incredibile. Noi non siamo neppure in grado di avvicinarci, a un simile grado di accuratezza», dichiarò Halden con voce rotta dall’emozione. «Nemmeno tramite la psicocinesi.»

«Ma sono poi riusciti a innestare qualcuno di questi embrioni, e a portarne a termine la gestazione?» domandò Ryton.

«Non lo so», rispose Skerry. «Non è chiaro fin dove possano essersi già spinti. Né chi sia a finanziare gli esperimenti. Queste registrazioni risalgono a un paio d’anni fa, e sono incomplete.»

«Dove le hai trovate?»

Skerry si strinse nelle spalle. «Diciamo semplicemente che una fortunata circostanza mi ha consentito di scoprirle…»

Halden sospirò. «Il che probabilmente vuol dire che le hai rubate.»

Michael trattenne un sorriso. Che fenomeno, pensò, mio cugino!

«Risparmiami i tuoi moralismi, zio!» scattò Skerry. «Lo sai benissimo che abbiamo sempre tirato avanti come potevamo. Mi ricordo ancora di quando usavamo metterci tutti quanti lì dopo il convegno annuale a discutere di sistemi d’effrazione e metodologie di truffa… e nessuno si scandalizzava, figuriamoci. Per noi era roba di ordinaria amministrazione, no?»

«Ha ragione lui», intervenne Michael. «E poi le informazioni ormai ce le abbiamo. Che importa come ci sono arrivate?»

Con un cenno di assenso, Halden mostrò di accettare le loro argomentazioni. «Comunque tu le abbia avute, ci hai reso un favore enorme», ammise. «A questo punto non possiamo più fare a meno di prenderle sul serio, quelle dicerie.»

«E se fosse tutto un imbroglio?» insinuò Zenora. «Skerry potrebbe anche aver truccato le registrazioni. Non si può certo dire che sia il più affidabile membro del clan.» Gli lanciò un’occhiataccia, e lui gliela restituì con veemenza.

«Per quale motivo mi sarei dovuto prendere tutto questo disturbo, cara zia Zenora? Sono d’accordo che è tempo e fatica sprecata cercare di salvarvi il culo, ma visto e considerato che ormai l’ho fatto, il minimo che potete fare voi è credere a quello che vi metto davanti agli occhi.»

«Se solo Eleanor fosse ancora viva…» si lamentò Ryton. «Qualunque iniziativa si decida d’intraprendere, mi sentirei molto più tranquillo se potessimo contare sul suo apporto.»

Skerry si sporse avanti, poggiandosi sul tavolo a palme in giù. «Veniamo alla seconda buona nuova, James. In Brasile, con Eleanor Jacobsen, c’era anche Andie. È per questo che ve l’ho portata.»

Halden si rivolse a lei. «Può dirci qualcosa delle vostre indagini?»

«Be’, sì…» rispose Andie. Parve a Michael che fosse piuttosto a disagio. «… e no. In effetti avete appena visto le uniche prove sicure che abbiamo sugli esperimenti mutageni. Tuttavia sono convinta che in Sudamerica stia avvenendo molto più di quello che possiamo scoprire. E credo che la senatrice Jacobsen ne fosse perfettamente consapevole.»

«Impressioni soggettive, assurdità», fu il commento di Zenora.

«Può darsi», replicò Andie. «Ma allora dove se li sono procurati quegli agenti mutageni? E perché l’intera città pareva sotto l’effetto di una nube mentale?»

«Nube mentale?» Halden indirizzò a Skerry uno sguardo severo. «Quanto le hai rivelato di noi?»

«Parecchio. Smettila di fare quella faccia affranta, Halden. Lei ci può aiutare. E noi non possiamo assolutamente permetterci di rifiutare l’aiuto dei nonmutanti.»

«Ma perché dovremmo crederle?» insisté Zenora. «Forse ha solo accettato di darti una mano a portare scompiglio nella nostra riunione.»

«E secondo te che cosa diavolo ci guadagnerebbe?» ribatté Michael con rabbia. Incominciava a pensare che sua zia stesse diventando paranoica.

«Sono venuta qui per offrirvi ogni possibile collaborazione», dichiarò Andie con voce pacata. «La morte della senatrice Jacobsen è stata una terribile tragedia non solo per i mutanti, ma anche per i nonmutanti. E, per me, una grave perdita personale. Nutrivo nei suoi confronti una profonda ammirazione. E credevo sinceramente nello scopo che lei perseguiva… la cooperazione e integrazione fra mutanti e nonmutanti. Ci credo ancora. Ma voi?»