Le sue parole vennero accolte da un profondo silenzio, e fu evidente a Michael che tutti i presenti ne erano rimasti colpiti. Il giovane sentì rinascere in sé l’ottimismo.
«Se desiderate ulteriori prove del fatto che in Brasile sta avvenendo qualcosa di infame», soggiunse Andie, «vi propongo di condividere le esperienze da me vissute a Rio de Janeiro. Skerry mi ha spiegato come funziona la cosa, e sono disposta a sottopormi al procedimento, se ciò può in qualche modo favorire la continuazione dell’opera iniziata da Eleanor Jacobsen.»
«Ma si rende conto di quello che ci sta offrendo?» le chiese Halden.
«Sì.»
Per qualche istante nessuno fiatò. Poi, come per tacito consenso, un lieve mormorio si diffuse per la stanza. Michael si sporse a prendere la mano di Andie, augurandosi che lei sapesse davvero quello che faceva.
Mordicchiandosi nervosamente un labbro, Andie pensò che si era presentata a questo convegno segreto pronta a vedersi accogliere con ostilità e rabbia, sì, ma senza la reale intenzione di dare in pasto i suoi ricordi a un gruppo di sconosciuti mutanti.
D’altronde se l’era aspettato di scontrarsi con un muro di diffidenza, e se non fosse riuscita a convincerli a prestar fede alle informazioni di Skerry, allora l’intera missione brasiliana diveniva inutile e priva di senso. E l’unico modo per convincerli, a quanto pare, consisteva nell’accettare un’esperienza che la metteva profondamente a disagio. Nell’afferrarle la mano, Skerry le rivolse uno sguardo di affettuosa solidarietà. Andie respirò a fondo, e chiuse gli occhi.
Nel volgere di qualche istante provò la sensazione di galleggiare in una pozza di tiepida luce dorata, scivolando lungo un’onda mentale di pulsanti armonie. Ma sì, non c’era nulla da temere, qui. Anzi, fratellanza e cordialità le recavano conforto. La cruda, angosciosa ferita che le piagava l’animo nel ricordo dell’assassinio di Eleanor Jacobsen cessò di martellarle dentro, la sofferenza si acquietò in lieve dolore. Poi dolcemente, delicatamente, il mormorio andò affievolendosi, l’onda s’indebolì, scomparve, e Andie si ritrovò seduta al solito posto, ammiccando, stringendo la mano di Skerry.
«Ma che bella l’escursione a Teresópolis…» l’apostrofò sogghignando il giovanottone.
Andie arrossì e gli lasciò di scatto la mano. «Hanno visto tutti?»
«Macché. Ho provveduto io a schermarti. E poi la mente di gruppo ha certe limitazioni. Può vedere solo dove viene diretta o invitata. Io però non ho resistito alla tentazione di andarmene un pochino a zonzo…»
Andie gli rivolse un’occhiataccia. Avrebbe dovuto immaginarselo che non c’era da fidarsi del tutto. Prendi, per esempio, quella ridicola esibizione all’arrivo… Skerry era un tipo decisamente imprevedibile. Cercò di ignorare il pensiero di lui che le andava sbirciando nei ricordi più intimi, dedicandosi piuttosto a verificare le reazioni dei presenti.
L’uomo in camicia rosso scuro, quell’Halden che presiedeva la riunione, le sorrise. «Grazie, signorina Greenberg. Davvero molto convincente.» Volse lo sguardo in giro sui convenuti. «Allora, c’è rimasto qualche scettico fra noi?»
Cinquanta teste dissero di no. «In tal caso siamo tutti d’accordo nel concludere che in Brasile stanno avendo luogo eccezionali e pericolosi esperimenti», dichiarò Halden. «Propongo dunque di formare noi stessi una commissione d’indagine. Se aspettiamo l’avvio di un’altra inchiesta governativa, potrebbe essere troppo tardi.»
«Ma cosa c’è di tanto terribile in questi supermutanti?» domandò Andie.
«Nulla», rispose Halden, «finché non cadono sotto il malaugurato controllo di certe fazioni.»
«Per esempio?»
Halden si strinse nelle spalle. «Se ci riflette, signorina Greenberg, di gruppi che perseguono proprie specifiche mire antisociali vedrà che se ne possono citare almeno una dozzina. Terroristi, fascisti, neonazisti… tanto per cominciare.»
«E voi credete che dietro gli esperimenti sui supermutanti possa nascondersi uno di questi gruppi ostili?»
«Un gruppo ostile, esatto. Perché, altrimenti, tanta segretezza? E per quale motivo non hanno richiesto la nostra collaborazione? I genetisti mutanti sono ben noti per la loro abilità.»
«Senza offesa, zio, ma sembra proprio che non abbiano alcun bisogno della nostra abilità», obiettò Skerry.
«Siete mai riusciti a produrre un supermutante con metodi naturali?» chiese Andie.
Halden scosse la testa. «Il massimo che abbiamo ottenuto, finora, sono i mutanti doppi, come per esempio il giovane Ryton. Ma mutanti superiori sviluppati tramite esperimenti genetici clandestini, e probabilmente illeciti, al fine di venire manipolati da chissà quali centri di potere per ignoti e perversi scopi, potrebbero avere terribili conseguenze.»
«Vede, signorina Greenberg», intervenne James Ryton, «le forze armate di tutto il mondo hanno fatto la corte ai mutanti fin da quanto abbiamo reso pubblica la nostra esistenza. Se l’immagina quanti servizi segreti potrebbero trarre beneficio dalle capacità dei nostri migliori chiarudenti? Quante situazioni di guerriglia potrebbero venire drasticamente alterate da interventi telecinetici? Attualmente i nostri talenti sono troppo inaffidabili per interessare davvero i militari. Ma un mutante con capacità potenziate desterebbe notevole interesse in un mucchio di governi… ci può scommettere. L’apparizione di una simile creatura potrebbe essere un fatto meraviglioso… o costituire un pericolo per l’intera umanità. Lei ha purtroppo avuto esperienza diretta di quanto violenta può essere la reazione di certi normali nei confronti dei mutanti convenzionali. Pensi con quale indignazione l’opinione pubblica accoglierebbe eventuali mutanti potenziati.»
«Be’, ma allora perché non vi rivolgete al governo federale esponendo le vostre preoccupazioni?»
«Avevamo sperato che l’indagine brasiliana potesse produrre risultati ufficiali da usare appunto come base per un dialogo in tal senso. Sfortunatamente, la morte di Eleanor Jacobsen ha distolto la nostra attenzione… e anche quella del governo.»
Andie annuì. «È vero. Passeranno degli anni prima che si decidano a riconsiderare il problema. Ormai è praticamente questione chiusa, in Congresso.»
«Anche se forse è una delle cause del delitto», soggiunse Skerry. «E ciò significa che non possiamo permetterci di attirare ulteriore attenzione su questa storia.» Sorbì un sorso di tè da una vecchia tazza di porcellana azzurra.
«Skerry ha ragione. Dobbiamo innanzitutto condurre un’indagine per conto nostro», convenne Halden. «Fra noi ci sono senza dubbio diversi individui in grado di occuparsene. Ad esempio il dottor Lagnin, in congedo sabbatico da Stanford. Christopher Ruschas, che dirige un laboratorio genetico a Berkeley. E altri. Col suo aiuto, signorina Greenberg, ci muoveremo sulla traccia dell’indagine governativa.»
«Contateci pure», disse Andie sorridendo.
«Skerry, potremmo aver bisogno anche di te.»
«Non lo so, Halden. Di solito preferisco agire da solo.»
Andie l’avrebbe preso volentieri a calci. Ma come, prima faceva in modo di coinvolgerli tutti e poi voleva tirarsene fuori?
«Bene, vedi allora se ti riesce una volta tanto, nell’interesse della causa, di superare la tua istintiva ripugnanza…» replicò Halden in tono sarcastico. «Ma se non te ne frega nulla, mi dici qui cosa ci sei venuto a fare?»
Skerry scrollò le spalle. «Sono venuto a vedere il mio vecchio al manicomio dei mutanti.»
Halden increspò le labbra. «Diavolo, era ora che ti decidessi a far visita a tuo padre!»
«Mah, per quel che ci guadagna… L’hanno talmente imbottito di porcherie che nemmeno si ricorda più il suo nome.»
«Fin quando non avremo trovato un sistema per curare le vampate mentali, i sedativi sono l’unico sistema per rendere sopportabile il dolore in fase terminale.»