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Aveva davvero l’aria di essere pronto al combattimento. Michael rabbrividì. Skerry sarebbe stato un formidabile avversario.

«Ma no, che discorsi. Però devi ammettere che in effetti non ci stai fornendo informazioni molto sostanziose», intervenne Halden, lanciando a sua moglie un’occhiata caustica.

Skerry si voltò verso di lui. «Sono venuto qui per schiarirvi le idee circa la situazione in Brasile e per suggerirvi di votare contro Jeffers. Non ho alcuna accusa a suo carico. Però credo che vi stiate sbagliando sul suo conto.»

«Se tu partecipassi un po’ più spesso alle riunioni di clan, forse potremmo avere più fiducia nelle tue sensazioni», commentò Zenora.

«Lascia perdere», tagliò corto Skerry. «Lo sai benissimo che non voglio averci niente a che fare. E se solo riusciste a rendervi conto che vi sono più utile standomene per conto mio e rimanendo estraneo alla vostra piccola cerchia claustrofobica, allora capireste pure che ho ragione io, a proposito di Jeffers.»

«Skerry, non sei proprio in grado di fornirci alcuna prova?» insisté Michael.

«Nulla che possa risultarvi convincente.»

«Be’, è chiaro che non possiamo semplicemente operare sulla base della tua parola», disse Halden. «Cerca di essere ragionevole. Probabilmente ti sei fatto trasportare dall’emotività. Jeffers è un ottimo candidato.»

«È il nostro funerale, invece.» Skerry incrociò le braccia.

Al di sopra del tavolo si formò l’immagine di un gigantesco distintivo della fraternità mutante. D’improvviso ognuno dei bracci contornanti il dorato occhio centrale si sollevò, e ciascun pugno si serrò in gesto minaccioso. Le braccia si distesero, si allungarono, si protesero verso i membri del clan, per poi ripiegarsi con strane angolazioni. La distanza fra ciascun gomito e il rispettivo polso aumentò. I pugni scomparvero. Divenute assurdamente sottili, le braccia parvero far leva in aria su un invisibile piano di appoggio sollevando di scatto il disco centrale. Ed era un corpo, ora, non più un occhio. Il corpo di un gigantesco ragno dorato che sgattaiolava via con le mandibole schioccanti, in cerca di preda. Skerry sorrise. L’immagine scomparve.

Per un attimo nessuno parlò. Poi James Ryton sbatté la sua tazza sul tavolo.

«Ora basta, con questi stupidi giochetti di società!» esclamò. «A prescindere dall’opinione di Skerry, propongo di sostenere Stephen Jeffers e appoggiare la sua nomina.»

«Mi associo», disse Sue Li.

Halden chiese una votazione, e il risultato fu quasi unanimemente a favore di Jeffers, a parte l’astensione di Skerry.

«Mozione approvata», proclamò infine Halden. «L’Unione mutante centrorientale appoggia pertanto la candidatura di Stephen Jeffers.» Accanto al Custode del Libro, Zenora manovrava un piccolo terminale collegato in rete nazionale.

«Halden, anche la commissione di San Bernardino e il gruppo di Berkeley hanno scelto Jeffers. E così pure l’Alaska, le Hawaii e il Midwest.»

«Perfetto. Lunedì comunicherò l’esito della votazione al governatore Akins.»

Skerry si alzò. «Be’, io la mia buona volontà ce l’ho messa tutta.» Si avviò verso la porta e svanì. Michael si guardò attorno. L’assemblea pareva prossima alla conclusione. Decise di andare a cercare Andrea Greenberg.

«Quel collegamento telepatico non è stato affatto come l’avevo immaginato», disse Andie. Sorseggiava caffè da una tazza gialla godendosi l’aromatico tepore.

«E che cosa ti aspettavi?» replicò Michael sorridendo. «Che t’incatenassimo a un tavolaccio facendoti ballare a suon di scosse elettriche? Trasformandoti in una specie di zombie?»

«Ecco, non proprio. Comunque non credevo che sarebbe stato così… be’, diciamo pure piacevole. Quasi quasi vi invidio per esser capaci di collegarvi a quel modo.»

«In effetti è uno dei lati migliori del nascere mutanti.»

«E le vampate mentali sono uno dei peggiori?»

Michael annuì.

«Parlamene un po’.»

«Più che altro paiono colpire i mutanti maschi di una certa età. Mio padre comincia a soffrirne proprio in questo periodo.»

«Sono mortali?»

«Di per sé no. Ma non è affatto raro che al dolore e al rimbecillimento qualcuno preferisca il suicidio.»

Andie fece una smorfia. «Mica allegra, come prospettiva.»

«Non posso certo dire di attenderla con ansia.»

«E non c’è cura, a questo disturbo?»

Michael si strinse nelle spalle. «I nostri guaritori sono in grado di tenerlo sotto controllo, fino a un certo punto. Poi ci affidiamo alle droghe.»

«Come ti è parso il nostro ingresso trionfale?»

«Tipico di Skerry. Mio cugino è sempre stato un po’ stravagante. E a me piacciono sia lui sia il suo modo di fare.»

«Non sembra che gli anziani del clan condividano la tua opinione.»

«Vedi, loro sono piuttosto conservatori. Tradizionalisti. Troppo tradizionalisti.» Si accigliò.

«In che senso?» Parve ad Andie che sul volto di Michael aleggiasse un’espressione esasperata.

«Be’, nelle relazioni umane, per esempio. Io mi vedo con una ragazza, e siccome loro non approvano, debbo stare attentissimo a non incorrere in sanzioni disciplinari.»

«È una mutante?»

«No.»

«E cosa ti farebbero?»

«Mi ordinerebbero di scegliere fra troncare la relazione e venire espulso. Vogliono che sposi qualcuno all’interno del clan.»

Andie lo fissò sorpresa. «Matrimoni combinati? Veramente credevo che fossero fuori moda da tempo immemorabile.»

«Non nella stagione dei mutanti.»

«Come?»

«Oh, scusa, una battuta mia. Vedi, non ha importanza quel che succede nel mondo esterno. Qui dentro è sempre la stagione dei mutanti. E ciò significa che quel che importa è la tradizione.»

«E scommetto che una storia d’amore non consentita è sempre fuori stagione, vero?» Andie gli batté amichevolmente sulla spalla. «Non lasciarti scoraggiare. Michael.»

«Farò il possibile.» Sorrise. «Cambiando argomento, che te ne pare di Stephen Jeffers? È lui che abbiamo deciso di proporre in sostituzione di Eleanor Jacobsen.»

«Be’, mi sembrerebbe una buona scelta», rispose Andie. «A Eleanor piaceva di sicuro. Ricordo che lui le stava continuamente alle costole per sollecitarla a promuovere emendamenti legislativi in favore dei mutanti. Ma pensi che quelli del tuo clan riusciranno a convincere il governatore Akins a nominare Jeffers?»

Annuendo, Michael si appoggiò contro un ripiano della cucina. «Certo. Halden riesce ad essere molto persuasivo, quand’è il momento. E Akins sa che è indispensabile tener buoni in qualche modo i mutanti, se non vogliamo che abbiano a ripetersi le violenze del Novantacinque, quando nacque l’Unione mutante.»

«Dio, speriamo di no.»

«Se c’è qualcuno in grado di scongiurare una simile evenienza, è proprio Jeffers. Lavorerai anche tu per lui?»

«Ne dubito. Probabilmente vorrà tutto personale nuovo. E io ne approfitterò per prendermi un periodo di vacanza. Continuo a fare sogni orribili in cui rivivo di continuo la scena del delitto. Per tenerli a bada pensavo di sottopormi a un innesto ipnotico.»

«Nel caso continuassero, ti converrebbe magari provare a chiedere aiuto ai nostri guaritori.»

Andie sorrise. «Be’, se la loro terapia dovesse consistere in qualcosa tipo quella mente di gruppo che ho sperimentato, potrei anche prenderti in parola.» Diede un’occhiata all’orologio. «Cielo, com’è tardi! Bisogna che scappi, se non voglio perdere la navetta per Washington. Buona fortuna, Michael. Teniamoci in contatto.»

14

Timon Akins, governatore dell’Oregon, il primo settembre affidò a Stephen Jeffers l’incarico di portare a termine il mandato di Eleanor Jacobsen. Andie apprese la notizia a pranzo, allorché sugli schermi piazzati nella tavola calda del Senato andò in onda un’intervista con il nuovo senatore. Spinse da parte il suo piatto di riso al curry. L’appetito le era passato.