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Di nuovo il bagnino si accigliò. Michael si strinse nelle spalle. Dopotutto non stava infrangendo alcuna regola, a parte certi antiquati principi di fisica. Già, perché i mutanti avevano dimostrato che i fisici erano in errore, con supremo sbalordimento e sconfinato diletto dei fisici medesimi.

«Ci troviamo fra un quarto d’ora», disse Kelly. Gli lanciò anche il proprio asciugamano, e si diresse, ancheggiando sfacciatamente, verso le docce delle donne.

Michael indugiò qualche minuto a osservare il vapore che saliva dall’acqua calda, chiedendosi come avesse fatto la sua vita a diventare così complicata.

Non rimase eccessivamente sorpreso nello scoprire che alla maniglia metallica del suo armadietto, per impedirgli di riaprirlo, era stato applicato un secondo lucchetto. Ma non avrebbero imparato mai? Sospirò, concentrando sull’intruso tutta la sua forza telecinetica. Col progressivo accrescersi del moto molecolare al suo interno, il lucchetto si fece di un rosa brillante e incominciò a fondere. Il metallo liquefatto colò e formò una piccola pozza sul pavimento, dove restò a raffreddarsi luccicando. Per affrettare il processo, Michael intervenne rallentando le molecole. Il burlone di turno non sarebbe rimasto troppo soddisfatto dei risultati del suo scherzo. D’altra parte Michael aveva avuto modo di allenarsi per anni e anni, durante liceo e università, e sventare le bravate ordite a suo danno dai normali.

Trovò Kelly ad aspettarlo. Indossava un giaccone giallo che il crepuscolo tardoautunnale illuminava. Michael la strinse fra le braccia. Mentre si baciavano, Kelly si agitò provocante contro di lui. Michael provò una fitta di rimorso intrecciata a un guizzo di desiderio. Presto o tardi Kelly avrebbe finito per accorgersi che lui si incontrava con un’altra. Già qualcosa doveva sospettare. Non poteva rischiare di perderla. Ma avrebbe trovato la forza di troncare il suo rapporto con Jena, rinunciando all’incantesimo dei loro inebrianti accoppiamenti?…

Promise a se stesso che ci avrebbe dato un taglio. Prima o poi.

Gli alberi novembrini protendevano scheletrici intrecci di rami sullo sfondo violaceo di un tramonto che si andava rapidamente incupendo. Era l’ora che Michael preferiva. Avrebbe voluto prendere Kelly per mano e senza meta passeggiare insieme a lei nel freddo addensarsi delle ombre.

Invece salì sul libratore e la riportò a casa.

Al terzo segnale dell’avvisatore di chiamata, Andie rispose. La faccia da segugio di Bailey riempì lo schermo. Profonde rughe di stanchezza gli appesantivano la fisionomia.

«Rossa, ho trovato qualcosa su quella ragazza mutante.»

«Melanie Ryton?»

«Proprio lei. Stai calma, comunque. È solo una cosettina minima.»

«Ti ascolto.»

«Una denuncia per furto di libratore presentata due mesi fa da un uomo d’affari del Maryland.» Bailey occhieggiò un tabulato che aveva sulla scrivania. «Un certo Benjamin Cariddi sostiene che una certa Melanie Ryton gli ha soffiato la macchina.»

«L’ha proprio indicata esplicitamente con nome e cognome? Come faceva a sapere chi era?»

«Qui dice che era la sua ragazza. Hanno litigato, pare.»

«La sua ragazza?»

«Già. Dice sempre qui che lavorava come danzatrice orientale allo Star Chamber.» Bailey sollevò la testa. «Io non ci porterei nemmeno il mio peggior nemico.»

Andie sorrise freddamente. «Può darsi che questo signor Cariddi vada a trovarsele tutte lì, le sue amichette.»

«Ad ogni modo il libratore è stato recuperato. Abbandonato presso una metrostazione periferica del Maryland.»

«E la ragazza?»

«Neanche l’ombra.»

«Puoi farmi avere una copia della denuncia?

«Ma certo, Rossa. C’è altro?»

«Sì. Dimmi un po’, che gli racconto ai genitori?»

La navetta era in ritardo di mezz’ora. Nell’attesa Michael vagò per lo spazioporto. Nel bar vide riunito un gruppetto di mutanti, ma li evitò accuratamente. Ora come ora, l’ultima cosa che desiderava era ritrovarsi in mezzo ai suoi simili. Negli ultimi tempi pareva che dalla sua natura di mutante, e dalla realtà mutante in genere, gli venissero quasi soltanto problemi.

Aveva mollato Kelly piuttosto alla svelta, ma non tanto da non fare in tempo a notare l’espressione perplessa e delusa che le aveva invaso il volto. In quel preciso momento avrebbe dovuto trovarsi con lei, pensò.

La navetta prese terra sobbalzando e rullò verso il terminal. Pochi minuti dopo i portelli si aprirono e Jena discese, incamminandosi di buona lena lungo il passaggio di collegamento. Indossava un attillato completo pantalone color blu opalescente, e Michael constatò di non essere certo l’unico maschio, nel folto gruppo in attesa, a seguire con interesse l’avvicinarsi della ragazza. Bisognava proprio riconoscerlo: era stupenda.

«Michael! Dio, quanto mi sei mancato!»

Gli gettò le braccia al collo e lo baciò.

Nonostante la sua determinazione a resistere, egli se la strinse forte al petto, infiammato dalle allettanti immagini subliminali con cui lei aveva preso immediatamente a stuzzicarlo.

«Vieni», le disse infine trascinandolo via. «Andiamo in qualche posto dove si possa starsene da soli.»

Andie aveva davanti a sé un pomeriggio pieno di impegni. Che già si stava mettendo male.

L’inviata del Washington Post, Jackie Renstrow, era in ritardo di dieci minuti. Dopo di lei dovevano seguire a ruota Jason Edwards di Network Media e Susan Johnson, teleintrattenitrice delle ore piccole. Entrambi i videocronisti desideravano intervistare Jeffers circa la sua ferma intenzione di far abrogare ogni limitazione e restrizione per i mutanti a livello di agonismo ufficiale. Quanto alle intenzioni della Renstrow, le avrebbe conosciute fra poco.

«Andie. Lieta di rivederti.» Jackie Renstrow, biondi riccioli svolazzanti, prese posto nel separé. «Chiedo scusa per il ritardo, ma Barton era particolarmente ciarliero, oggi.»

«E non si può mai sapere quando si lascerà sfuggire qualcosa che ti farà vincere il Pulitzer, vero? Cosa prendi da bere?»

«Scotch liscio, grazie.»

Aprì la borsa e ne estrasse un videotaccuino.

Andie alzò la mano in gesto d’ammonimento.

«Aspetta un momento, Jackie. Avevi detto che volevi realizzare un qualche lavoro di ampio inquadramento. Tieni presente che fino a venerdì non rilasceremo alcuna dichiarazione circa l’abrogazione del Principio d’Imparzialità.»

La giornalista le rivolse un sorriso raggiante. «Stai tranquilla, Andie. Voglio solo prendere qualche appunto. Come sai abbiamo in corso di realizzazione una retrospettiva sulla presenza mutante a livello di cariche pubbliche, e ovviamente intendiamo dedicare ampio spazio alla Jacobsen e a Jeffers. Quello che in particolare m’interessava, era raccogliere un altro po’ di materiale per meglio inquadrare la figura di Jeffers.»

Il suo tono fece scattare in Andie un campanello d’allarme.

«Materiale di che genere?»

«Volevo porre l’accento sul Jeffers imprenditore privato, oltre che personaggio pubblico. Mostrare altri aspetti della sua personalità e della sua attività. Per esempio, non avevo idea che il suo studio legale fosse un’impresa di così vaste proporzioni.»

«Eppure è cosa di dominio pubblico», replicò Andie.

«Non ne dubito. Poi ci sarebbe anche quella sua multinazionale, con una marea d’imprese collegate…»

Andie si sporse verso la giornalista. «Non dimenticare che per l’intera durata del suo mandato senatoriale tutti gli interessi commerciali di Jeffers vengono gestiti da un gruppo di amministratori fiduciari.»

«In modo che il denaro pubblico non corra il rischio di mischiarsi con quello privato, vero?…» commentò la Renstrow con una risata che ad Andie suonò piuttosto falsa.