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Michael s’illuminò. «Ottimamente. Kelly è favolosa.»

«Sembra una cosa seria.»

«Lo spero proprio. Vorrei sposarla l’anno prossimo. Lei però sta pensando di andar fuori a studiare.»

«Non potrebbe conciliare le due cose?»

«Credo di sì», rispose Michael. «Ma è un argomento che dobbiamo approfondire.»

«Be’, ti auguro sinceramente che vada tutto per il verso giusto, Michael. I matrimoni misti possono essere piuttosto impegnativi.»

Lui si strinse nelle spalle. «E quale matrimonio non lo è?»

«Non saprei. Non ancora.» Andie rise. «Buona fortuna, Michael. E mandami la partecipazione, ci conto.» Una strizzatina d’occhio, e scomparve.

Michael se ne rimase seduto lì un bel po’, a fissare l’azzurro tremolante dello schermo vuoto.

18

Alle tre meno cinque, Andie entrò nello studio di Jeffers col videotaccuino in mano. Annuì soddisfatta all’indirizzo della sottile cartella verde che riposava sulla scrivania. Stephen aveva reperito documenti, cifre e testimonianze che dimostravano come i suoi bilanci fossero perfettamente in ordine. Andie era impaziente di vedere che faccia avrebbe fatto Jackie Renstrow nel rendersi conto che il suo velleitario attacco era andato completamente a vuoto.

Jeffers guardò l’orologio.

«È in ritardo.»

«Pare che ce l’abbia per abitudine», spiegò Andie accomodandosi sul divano color ocra. «Diamole altri cinque minuti.»

«Ma non più di tanto», precisò Jeffers con voce vibrante d’irritazione. «L’Unione mutante sarà qui tra poco, e c’impegnerà tutto il resto del pomeriggio.»

«Be’, peggio per lei. Intanto che aspettiamo, metterò in ordine i tuoi appunti per il convegno.»

Alle tre e venticinque, ancora nessun segno di Jackie Renstrow. Andie era furibonda.

«Me l’immaginavo che stava cercando solo di coglierci alla sprovvista e creare fastidi», commentò, tamburellando con le dita sulla scrivania.

«Non te la prendere, Andie», la consolò Jeffers, con espressione serena e in tono di sollievo. «Si vede che ha trovato qualche pesce più grosso da mettere in padella. E poi, meglio anche per noi. Così ho un po’ più di tempo per prepararmi ad accogliere l’Unione mutante.»

«Ma almeno avrebbe potuto avvertire.»

«Lascia perdere. Piuttosto, sono pronti gli appunti? E non dimenticare che voglio una completa registrazione dell’incontro, in modo che possiamo poi farne una sintesi per la diffusione.»

«Naturalmente. E anche degli estratti per la distribuzione via fax.» Andie inserì gli appunti nel terminale della scrivania. Aveva prenotato la Sala Conferenze Madison, con schermo doppio e impianto di registrazione.

Alle quattro e cinque la piccola sala traboccava di mutanti. Non c’era rimasto un posto libero. Andie aveva preferito tenersi in attesa dietro le quinte, sentendosi decisamente fuori posto in mezzo a tutti quegli occhi dorati.

Jeffers, invece, stava in piedi di fronte alla platea stagliandosi nitidamente nella luce bianca e rosa dei proiettori.

«Amici, sono qui per mettervi a parte dei nostri più recenti progressi», esordì. «Come probabilmente saprete, ho proposto un disegno di legge inteso ad abrogare il cosiddetto Principio d’Imparzialità.»

Il pubblico incominciò subito ad applaudire con forza, fischiando e gridando la sua approvazione. Jeffers aspettò che il baccano si placasse.

«Non vi nascondo che sarà una dura battaglia. Ma non lasciamoci fuorviare. I normali hanno paura di noi mutanti. Paura dei nostri poteri.» Fece una pausa. «Non ho certo bisogno di rammentarvi che quando, negli anni Novanta, incominciammo a rivelarci, essi non esitarono a uccidere alcuni di noi. Così come quest’anno, in questo stesso edificio, una nobile figura mutante ha perduto la vita per mano di un vile attentatore nonmutante. Ma nulla ci impedirà di riappropriarci dei nostri diritti calpestati. Siamo anche noi cittadini a tutti gli effetti. E come tali dobbiamo essere trattati. E finché non ci avranno sterminati dal primo all’ultimo, noi continueremo a pretendere il rispetto dei nostri diritti.»

Altri applausi e acclamazioni si riversarono su Jeffers. I membri dell’Unione mutante balzarono in piedi e si diedero a scandire: «Diritti, ora! Diritti, ora!»

Sui petti, sulle maniche, sui risvolti degli abiti era tutto uno sfavillio di distintivi della fraternità. Jeffers dondolava la testa al ritmo della cadenzata rivendicazione. Infine sollevò le mani per chiedere silenzio.

«È ormai tempo per noi di farci avanti, di occupare il posto che ci spetta al centro della vita pubblica. Lungi dall’accettare di venir esclusi o ignorati, dobbiamo invece esigere che vengano rideterminate certe norme e sia dato pieno riconoscimento del nostro valore. Non siamo affatto disposti a toglierci di mezzo.»

L’assemblea proruppe in un nuovo applauso. In preda a un crescente disagio, Andie si chiedeva cosa avrebbe pensato Eleanor Jacobsen del discorso del suo successore. Jeffers non accennava nemmeno alla possibilità di una collaborazione fra mutanti e nonmutanti. E cento paia di occhi d’oro lo fissavano avidamente.

«Una volta conseguito questo risultato, andremo avanti. Abrogheremo ogni restrizione accademica. E ogni impedimento mirante a ostacolarci nell’ottenere l’autorizzazione a svolgere delicati compiti d’autorità. E proseguiremo nella nostra azione finché non ci saranno spalancate tutte le porte. Finché il mondo non potrà più isolarci e avremo assunto il legittimo ruolo di guide della società ed eredi del domani.»

Il pubblico, osannante, era tutto in piedi, una gran macchia di azzurro e verde, di rosso e giallo. Andie si augurò che nessun altro avesse udito quelle dichiarazioni. Eredi del domani? Di che diavolo stava parlando? Per lei ci sarebbe stato da sudare, a mettere in sesto la registrazione. Ma senti che applausi. Jeffers doveva sapere bene quel che faceva.

Dopo un quarto d’ora di domande dalla platea, Andie cercò di attrarre l’attenzione di Jeffers. Era ora di concludere. Lui, però, pareva troppo concentrato sul pubblico per farle caso, così le toccò uscire allo scoperto.

«Una normale!» insorse immediatamente una voce irata.

«Cosa ci sta a fare, qui?» esclamò un’altra voce. «Jeffers, che significa?»

Jeffers si fece avanti sorridendo e pose un braccio attorno alle spalle di Andie. Una stretta salda, imperiosa.

«Amici miei, questa è Andrea Greenberg, fedele sostenitrice delle nostre sacrosante aspirazioni, e vi invito ad accettare di buon grado la sua presenza, accogliendola con la medesima cordialità che tributereste a me.»

Poi, rivolto ad Andie, aggiunse sottovoce: «Sorridi».

Lei obbedì contraendo il volto in una rigida smorfia, la caricatura di un sorriso. Il cuore le martellava in petto. Quest’assemblea non sembrava affatto l’incontro di un senatore con i rappresentanti del proprio elettorato. Le faceva piuttosto venire in mente un convegno di nostalgici di passati regimi. O un’adunata sediziosa. Controllando il turbamento che minacciava d’incrinarle la voce, Andie ringraziò tutti i presenti di essere venuti, promise loro copie della registrazione, e ricordò a Jeffers il successivo appuntamento. Poi se la filò, sentendosi trapassare la schiena dagli sguardi irosi di duecento occhi d’oro.

Michael, sei occupato?

La domanda mentale era un bisbiglio nelle sue orecchie, la voce era quella di sua madre. Proprio mentre sollevava il capo per guardarsi attorno, Michael si rese conto che non avrebbe trovato nessuno. Sue Li si trovava al piano di sotto, in soggiorno.

«No.» Mise lo schermo in pausa e attese che lei continuasse.

Non credo che sia il momento più opportuno per condividere con tuo padre quanto abbiamo saputo circa tua sorella.

«Perché no?»