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Non si è ancora completamente ripreso dall’assassinio della Jacobsen. E le vampate l’indeboliscono. Finché non avremo altre notizie su Melanie, sarà bene che la cosa rimanga fra noi.

«Come preferisci, madre.»

Chi è questa Andrea Greenberg?

«Lavorava per la senatrice Jacobsen. Adesso lavora per Jeffers.»

Una volta ha chiamato tuo padre.

Aleggiava forse una leggerissima traccia di sospetto, in quella osservazione?…

«Mamma, ci ha fatto dei favori, tutto qui.»

Perché mai una normale dovrebbe fare dei favori ai mutanti?

«Tanto per cominciare, perché mai una normale dovrebbe lavorare per un mutante? Non essere sciocca. Andie è nostra amica.»

Se lo dici tu.

Michael sentì il legame mentale svanire. Accadeva di rado che un telepate fosse altrettanto abile sia in trasmissione sia in ricezione, ma il talento di sua madre era effettivamente assai sviluppato. E si manifestava con forza soprattutto quando lei era decisa a proteggere suo marito. Se aveva scelto di nascondergli questo indizio circa la sorte di Melanie, Michael non poteva farci nulla.

Ordinò al terminale di chiamare il numero di Kelly. Lei rispose al quarto squillo.

«Michael?» Sorrideva, ma aveva gli occhi cerchiati di scuro.

«Tesoro, non hai dormito?»

«L’altra sera sono rimasta alzata fino a tardi per aiutare Cindy a finire una ricerca scolastica. Quand’è che ci vediamo?»

«Ti va bene domani sera?»

«A che ora?»

«Alle otto?…»

«Benissimo.» Esitò. Sembrava a disagio.

«Qualcosa non va?»

«Michael, ho ricevuto una comunicazione dall’Accademia Aeronautica. Mi vogliono.»

Un subitaneo senso di vuoto lo attanagliò alla bocca dello stomaco.

«Non sono i soli», replicò.

Kelly sorrise. «Dai, sii serio. Potrei iniziare i corsi già verso giugno.»

«Sei proprio sicura di volerci andare?»

«Non lo so. Vorrei parlarne con te.»

«Scommetto che il tuo vecchio non sta più nella pelle dalla contentezza.»

«Figurati, ha già deciso di quale squadriglia dovrò far parte.»

«Dunque, apri bene le orecchie, non fare altri progetti per il futuro per almeno ventiquattr’ore, d’accordo?»

«Nemmeno se mi chiamano da Hollywood?» Lo fissò con espressione maliziosa.

«Tienili in sospeso e aspetta finché non arrivo io. C’è un mucchio di cose di cui dobbiamo discorrere.» Le gettò un bacio e chiuse la comunicazione.

Era quasi in ritardo per l’incontro di pallamatta con suo cugino Seyn. Afferrò la giacca a vento, aprì la porta della camera e si scontrò con suo fratello Jimmy.

«Proprio tu», disse Jimmy.

«Cosa c’è? Vado di fretta.» Si diresse verso le scale.

«Mike, tu cosa pensi, Mel ritornerà a casa?»

«Non lo so.»

«Ma secondo te è viva?»

«Certo che è viva.»

Un’espressione tra il dubbioso e l’accigliato alterò la fisionomia del ragazzo, facendone per qualche istante una perfetta copia conforme, in versione più giovane, del padrone di casa.

«Be’, comunque che dici, mamma e papà me lo daranno il permesso di andare a stare in camera sua?…»

«Ah, è tutta qui la tua preoccupazione?» sbottò Michael con voce aspra. Trasse un respiro profondo e mandò Jimmy a levitare capovolto verso il soffitto, sbatacchiandolo per giunta. «Testaccia vuota! Non te ne frega niente, vero, di tua sorella! Né di nessun altro!»

«Michael, basta, mi fai male!»

Un vaso antico, uno dei preferiti di Sue Li, volò via dal suo sostegno accanto alla scala in direzione della testa di Michael. Egli lo schivò, e quello andò a fracassarsi in tanti cocci verdi e azzurri contro la parete di fondo del corridoio. Michael fissò inorridito quel disastro.

«Se ti riazzardi», minacciò, «ti appendo in cantina a testa sotto.»

«Lo dirò a mamma e papà.»

«Ma prima dovrai spiegargli come ha fatto a rompersi il vaso.»

«Lo riaggiusto subito. Però rimettimi giù.»

Mentre Jimmy si dimenava, Michael provvide a depositarlo senza tanti complimenti sul tappeto. Allora, sotto il suo sguardo vigile, i frammenti sparpagliati di ceramica si innalzarono dal pavimento e vorticando andarono a fermarsi sopra la mensola, ridando forma e volume al vaso. Ogni traccia di rottura era stata fusa e cancellata.

«Bel lavoro», non poté fare a meno di ammettere Michael. Neppure lui sarebbe riuscito a compiere un restauro tanto accurato. Quanto a poteri telecinetici, Jimmy stava davvero incominciando a essergli superiore. Si girò per far la pace col fratellino, ma il corridoio era vuoto. Udì sbattere la porta della camera di Jimmy.

Il giorno dopo, Andie incontrò Jeffers che usciva dall’ascensore.

«Buon giorno», la salutò.

«Buon giorno, anche a te.» Prese a camminargli accanto. «Stephen, mi puoi spiegare cos’è successo, ieri, a quell’assemblea dell’Unione mutante? Non ti avevo mai sentito parlare a quel modo. Hai per caso intenzione di terrorizzarci tutti, noi normali?»

Jeffers ridacchiò. «L’hai presa troppo sul serio, Andie. E in effetti mi sono accorto di averti un po’ turbata. Be’, non sei tu quella che mi ripete continuamente di dare alla gente ciò che la gente vuole?»

Aprì la porta e le cedette il passo.

«È vero», ammise Andie. «Ma non fino al punto di trasformare un’innocua iniziativa autopromozionale in una specie di raduno neonazista.» Raggiunse a passo vivace lo studio privato di lui e si lasciò cadere nella poltrona azzurra accanto alla scrivania.

Jeffers le andò vicino rimanendo in piedi. «Sin da quando è stata fondata, l’Unione mutante ha sempre adottato, e preteso dai suoi politici, un linguaggio vigoroso. Pertanto, quando l’Unione mutante si riunisce per ascoltarmi, bisogna che mi comporti di conseguenza. Dico ai membri dell’Unione quello che loro si aspettano di sentirsi dire, ma senza assumermi alcun preciso impegno.»

«E tutte quelle restrizioni che hai promesso di far abrogare?»

Jeffers si strinse nelle spalle. «Loro lo sanno benissimo che non posso far miracoli. E poi avrai notato che non ho parlato di scadenze. A parte il fatto che si tratta davvero di restrizioni ingiuste.»

«Cos’era quell’accenno agli… eredi del domani?»

«Semplicemente una frase a effetto per fargli spellare le mani dagli applausi.»

«Ma ai tuoi elettori normali cosa pensi di dire?»

«Che mi adopererò in favore dei loro interessi e mi impegnerò a mantenere bassa la pressione fiscale. Che l’integrazione fra mutanti e nonmutanti andrà avanti in maniera progressiva e non traumatica, recando notevoli vantaggi a entrambe le parti.»

Andie sospirò. «Hai una risposta a tutto.»

«Due risposte per ogni casa… e due voti.» Jeffers si esibì in un sogghigno rapace.

L’avvisatore del terminale modulò il suo richiamo.

«Senatore Jeffers, il signor Canay come da appuntamento.»

«Fallo passare.»

Occhi e capelli scuri, incarnato olivastro, abbigliamento di lusso, il nuovo venuto fece il suo ingresso nella stanza. Rivolse un cenno di saluto a Jeffers, poi guardò Andie con aria dubbiosa.

«Ben. Lieto di vederti.» Jeffers gli strinse la mano. «Ti presento Andie Greenberg, mia prima assistente e responsabile dell’ufficio stampa.»

Canay rivolse anche a lei un cenno cortese. «Piacere di conoscerla.» Sorriso un po’ storto, ma simpatico.

«Salve.» Appena una lieve sfumatura di freddezza, nel tono di Andie. Per quale motivo Jeffers l’aveva definita responsabile dell’ufficio stampa?

«Andie, Ben ha lavorato con me alla Betajef, la mia ditta di importazioni. Ho deciso d’inserirlo nel personale perché coordini la campagna elettorale del diciotto e mi dia una mano in certi progetti particolari.»