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Adesso la mia vita è questa, pensò. Questa. Ed è questa che voglio.

L’acme, quando giunse, fu debole, inconsistente, insoddisfacente. Ma Kelly parve non accorgersi della sua momentanea esitazione. Si rannicchiò felice contro di lui che la tenne racchiusa fra le braccia, cullandola per lungo tempo, finché il suo respiro regolare non lo persuase che doveva essersi addormentata. Scivolando giù dal letto, Michael si vestì in silenzio e la lasciò in compagnia dei suoi sogni.

Tornò a casa guidando piano. L’inattesa intrusione mentale verificatasi durante l’atto d’amore lo angosciava. Non poteva darsi che Jena gli avesse instillato, per tormentarlo, un’immagine ad attivazione riflessa? Oppure, semplicemente, ne sentiva la mancanza?

Nel varcare la porta avvertì una stanchezza enorme gravargli addosso. Un’altra settimana di superlavoro, si disse. Poi veniva la stagione dei mutanti.

Fece sosta in cucina e programmò una Red Jack sulla tastiera del bar. La linguetta saltò con un sibilo, e Michael inghiottì lunghe, appaganti sorsate del robusto beveraggio. Una volta che l’assemblea del Consiglio mutante fosse terminata, avrebbe potuto riprendere a occuparsi della sua vita. Rallegrato da quel pensiero, sollevò in un brindisi l’argentea lattina. «A Kelly e a me. Al futuro.»

Finito di bere, fece levitare il contenitore vuoto fin dentro il dispositivo di eliminazione dei rifiuti.

Nel salire al piano di sopra, Michael passò davanti allo studio di suo padre. La porta era socchiusa, e una luce azzurrina filtrava dalla fessura nel corridoio buio. Sbirciò dentro. James Ryton, seduto al terminale, stava parlando con qualcuno: Andrea Greenberg. Michael controllò l’orologio. Decisamente tardi. Come mai Andie chiamava a quell’ora? E perché proprio papà?

James Ryton disse qualcosa d’incomprensibile, Andie annuì, e lo schermo si oscurò. Michael bussò piano alla porta. Suo padre si volse a guardare.

«Entra. Torni ora?»

Michael annuì.

«È tardi», osservò Ryton. «Non esagerare con gli straordinari, figliolo. Fa male al cervello.» Si soffregò il mento. «Ho appena avuto una conversazione molto particolare con Andrea Greenberg.»

«Spero di non disturbare.»

«No no, figurati. Anzi, credo sinceramente che avrebbe preferito parlare con te, ma invece ho risposto io.»

«E cosa voleva?»

«Ma tu guarda le stranezze della vita… Voleva qualche consiglio circa i matrimoni misti, fra mutanti e nonmutanti.»

«E perché proprio da te?»

«Probabilmente perché non ha trovato nessun altro cui rivolgersi.» Scosse la testa. «Pensa di essersi innamorata. Di uno di noi.»

«Davvero? E chi sarebbe il fortunato?»

«Jeffers.»

«Cosa?» Michael lo fissò incredulo.

«Sono rimasto sbalordito quanto te.»

Michael sedette sulla soffice poltrona marrone accanto alla porta.

«Chissà, potrebbe anche essere un fatto positivo…»

«E per chi?» replicò Ryton. «Col carattere romantico che ti ritrovi, me l’aspettavo che l’avresti presa a questo modo. E ti dico francamente che secondo me sarebbe invece un fatto disastroso. Sia per lui che per lei. Quindi ho fatto del mio meglio per dissuaderla.»

«Ma perché? I matrimoni misti possono funzionare benissimo», ribatté Michael.

Suo padre sospirò. «Lo so che la pensi così. Io, però, un’unione davvero riuscita fra un mutante e un nonmutante non l’ho mai veduta. Succedono immancabilmente dei pasticci. E nel caso specifico, tra l’altro, non pare nemmeno che Jeffers le abbia proposto un rapporto stabile.»

«Devo ammettere che la cosa mi lascia un po’ perplesso.»

«Be’, ti garantisco che non sei il solo. Spero proprio che quella ragazza non stia semplicemente andando incontro a una tremenda delusione.»

«Pensavo che i normali non ti andassero a genio.»

«Di solito no. Ma Andrea Greenberg è una brava persona. Mi spiacerebbe se dovesse soffrire. E Jeffers, d’altra parte, non può certo rischiare di alienarsi le simpatie del suo elettorato mutante contraendo matrimonio all’esterno del clan.»

«Forse, però, sarebbe un fatto positivo», insisté Michael ostinato. «Potrebbe contribuire notevolmente ad avvicinare i due gruppi. Ed è a questo, secondo me, che dobbiamo puntare.»

Suo padre sorrise mestamente. «È naturale che un giovane tenda a essere ottimista», commentò in tono gentile. «Certo, potrebbe essere un’ottima cosa, se andasse per il verso giusto. Ma non andrà.»

Sul vano della porta, avvolta in un kimono rosso, comparve sbadigliando Sue Li, che si appoggiò allo stipite osservandoli incuriosita. «James, con chi stavi parlando?» domandò.

«Andie Greenberg.»

Michael vide gli occhi di sua madre restringersi sospettosi.

«Quella donna che lavora per il senatore Jeffers? Perché ti ha chiamato di nuovo? E così tardi, poi?»

«Aveva bisogno di certi suggerimenti.»

«In materia giuridica? Come mai si è rivolta a te?»

«No, si tratta di una questione personale», spiegò Ryton. «Riguarda un mutante.»

«Personale?» ripeté Sue Li indugiando sul termine.

«Si è innamorata di un mutante», intervenne Michael.

Sua madre inarcò le sopracciglia in atto di sorpresa.

«Skerry?» domandò.

«No», rispose Ryton. «Anch’io, all’inizio, avevo pensato così. In un certo qual modo, avrebbe anche potuto avere senso. Ma non si tratta di Skerry. Si tratta di Jeffers.»

«Jeffers?» Sue Li chiuse gli occhi. «Povera ragazza.»

Michael avvertì, proveniente da lei, la fievole eco telepatica di un canto rasserenante.

Sue Li riaprì gli occhi ammiccando più volte, quindi rivolse a Michael uno sguardo colmo di afflizione.

«Come vorrei che fossimo già pronti per i matrimoni misti», disse malinconicamente. «Un giorno, chissà, lo saremo. Vieni a letto, James.»

Si volse, scomparve nell’ombra.

«Buonanotte, figliolo.»

Una pacca sulla spalla di Michael, e Ryton seguì sua moglie in corridoio.

Michael si soffermò un attimo sulla soglia, pensando ad Andie e al senatore Jeffers. Strana coppia. Ma non più strana, forse, della coppia di cui lui stesso faceva parte. Ce ne sarebbero volute tante, di quelle unioni miste… Spense la luce, e nell’oscurità si diresse alla sua stanza.

Fianco a fianco, la donna bionda e l’uomo dai capelli rossi si fissavano intensamente negli occhi, annuendo di tanto in tanto. Indossavano eleganti completi marroni e dondolavano lievemente sui loro sedili, spalla contro spalla. Quando si alzarono per lasciare il vagone, Andie constatò senza sorpresa che avevano gli occhi d’oro. Nient’altro che due mutanti telepatici che comunicavano apertamente in pubblico, pensò, e uscì dietro di loro per ritrovarsi sul marciapiede della stazione.

Dopo il convegno dell’Unione mutante, quelle inconfondibili manifestazioni di facoltà metapsichiche erano andate di giorno in giorno proliferando. Nel metrò, per strada, in banca, sul lavoro. Andie ormai non ci faceva più nemmeno caso, quando un uomo d’affari dagli occhi d’oro le passava accanto in tutta fretta trascinandosi dietro, fluttuante a mezz’aria, una pila di portadischi. Ma altri nonmutanti reagivano con minore tolleranza, lanciando occhiate malevole e borbottando oscure minacce.

Si piantò saldamente sulla rotocorsia che l’avrebbe condotta nelle immediate vicinanze del Campidoglio, e mentre si lasciava trasportare valutò i propri sentimenti per Jeffers. Lo amava davvero? Il ricordo dei loro amplessi la immergeva in un’atmosfera sognante, colma d’incertezza e di desiderio. Ma cosa poteva ragionevolmente aspettarsi, da quel rapporto? La conversazione con James Ryton non l’aveva di sicuro rincuorata.

Discese agilmente dal marciapiede mobile, e riuscì a infilarsi nell’affollato ascensore un attimo prima che le porte si chiudessero sibilando. Scorse Karim sul fondo e lo salutò con un gesto della mano.