Sgusciando fra la gente, egli le si portò accanto.
«Hai saputo di Jackie Renstrow?»
«No. Che c’è da sapere?»
«Hanno ripescato il suo cadavere nel Potomac.»
«Cosa?…» Andie provò una stretta allo stomaco.
Karim alzò le spalle. «Eh, già. Credo che stesse indagando sul racket cinese del gioco d’azzardo. E, come suol dirsi ai giornalisti ficcanaso dalle parti del sol levante, sayonara.» Guardandola allarmato, afferrò Andie per una spalla. «Ehi, tutto bene? Hai l’aria di una che sta per svenire.»
Lei si sottrasse alla sua stretta.
«Sei sicuro che sia morta?» gli domandò.
Karim annuì.
«E pensare che l’ho incontrata la settimana scorsa… Non ci posso credere…»
L’ascensore si fermò al loro piano, e Karim la spinse fuori.
«Non credevo che l’avresti presa così male», si scusò. «Eravate buone amiche?»
«No. Ma qualche volta avevo collaborato con lei a dei servizi. Era in gamba. Si dava da fare.»
«Ora ha chiuso, purtroppo.» Karim la fissava, serio in volto. «Sei sicura di sentirti bene?»
Andie si scansò i capelli dal viso. «Sì, grazie, tutto a posto. Un poco scossa, nient’altro.» Gli strinse una mano. «Devo andare.»
«Bene. Ci vediamo.» Rimase a osservarla allontanarsi per il corridoio.
Era in anticipo. In ufficio ancora nessuno. Andie si lasciò andare nella sua poltroncina. Quell’ultimo incontro con Jackie Renstrow le incombeva vivido in mente. Dio, quant’era stata fastidiosa. Un’ottima giornalista, però. Nonostante la sua irritante ostinazione, Andie aveva provato per lei stima e rispetto.
Una ragazza dal volto sottile, capelli neri, in completo azzurro scuro, fece capolino dalla porta. «Signorina Greenberg? C’è il senatore Jeffers?»
«Non ancora. Desidera?»
La giovane si fece avanti esitante, stringendo in mano un videotaccuino. «Sono Nora Rodgers. Ufficio Generale Contabilità, sezione R. Dalla morte della senatrice Jacobsen siamo noi a occuparci delle verifiche contabili sul vostro ufficio.»
«E allora?»
«Ecco, avrei alcune domande da rivolgere al senatore Jeffers. Le sue eccedenze di bilancio nel corrente trimestre sono alte. Molto alte.»
«Potrei dare un’occhiata?»
«Veramente non sarebbe consentito.»
«Sono certa che al senatore Jeffers non rincrescerebbe.» Sorridendo, Andie allungò una mano per farsi consegnare il miniterminale. Sorriso che svanì con estrema rapidità non appena i suoi occhi si posarono sulle risultanze della revisione.
Le cifre erano astronomiche. Quasi quadruplicate rispetto a quanto aveva speso la Jacobsen nel medesimo periodo dell’anno precedente.
«Impossibile», mormorò Andie. «Negli ultimi tempi non ho seguito personalmente la situazione contabile, lui però mi aveva assicurato che era tutto in ordine. Eravamo andati un po’ fuori, lo so, ma questo non è concepibile. Dovete aver commesso un errore di calcolo.»
«Ho ricontrollato tre volte.»
«Be’, ricontrolli di nuovo, prima di far perdere tempo al senatore Jeffers», esclamò in tono acceso, e riconsegnò bruscamente il miniterm.
«Vedrò di mettermi in contatto col senatore più tardi», sospirò Nora Rodgers, e batté in ritirata, eclissandosi oltre la porta.
Andie la guardò andar via con un senso di sollievo. Quelle cifre dovevano essere sbagliate. Per forza.
La mattinata incominciava proprio male, pensò. Prima la Renstrow. E adesso questo.
Finalmente arrivò Jeffers, pimpante come al solito.
«Stephen, ti debbo parlare.»
Lui mimò un’elaborata, beffarda riverenza. «Qui da te o là da me?»
Mosse senza esitare verso il suo studio, con Jeffers alle calcagna.
«Allora, che c’è?»
«Jackie Renstrow è morta.»
«Quella cronista del Post?» Jeffers depositò la videovaligetta sulla scrivania e si mise a sedere. «Dio mio, e quando?»
«Non lo so. Hanno ritrovato il suo corpo nel Potomac.»
Per qualche istante Jeffers tenne gli occhi fissi al pavimento, la bocca atteggiata a una piega severa. Infine risollevò lo sguardo verso Andie.
«Trasmettiamo un messaggio di condoglianze alla famiglia.»
«Va bene.»
«C’è altro?»
Stavolta toccò ad Andie chinare gli occhi a terra.
«Sì. È stata qui una ragazza, un revisore dell’Ufficio Generale Contabilità…»
«L’Ufficio Generale Contabilità?»
Lo fronteggiò apertamente, le mani puntate su fianchi. «Stephen, le cifre del primo trimestre sono raccapriccianti. Non possiamo assolutamente spendere tutti quei soldi. Secondo i loro calcoli, abbiamo già fatto fuori due terzi del nostro bilancio per l’intero anno fiscale.»
Il volto di Jeffers si contorse in un’espressione di collera.
«Ma è ridicolo!» esclamò seccamente. «Hanno sbagliato!»
«Mi pareva che tu mi avessi detto di aver controllato la situazione contabile…»
«Sicuro. E siamo in regola.»
«Forse faresti meglio a chiamare i revisori…»
«E tu faresti molto meglio a smetterla immediatamente con questo piagnisteo!» ribatté Jeffers in tono duro. «Te l’ho già detto e ripetuto, che la contabilità non è più affar tuo.»
«Ma…»
«Non c’è ma che tenga.»
Si alzò di scatto in piedi, gesticolando verso la porta.
«E ti invito fermamente a occuparti, una buona volta, dei compiti che ti sono stati affidati!» Il tono non ammetteva repliche, e il gesto di congedo era fin troppo esplicito.
«Benissimo. Non so dirti quanto mi rincresce di essermi presa a cuore le sorti dell’ufficio.» Furibonda e amareggiata, gli volse le spalle e si diresse all’uscita.
«Andie?»
Il tono di lui s’era fatto all’improvviso assai più calmo, quasi carezzevole. Andie si fermò, girandosi a guardarlo.
«Che c’è?»
«Ti chiedo scusa», le disse, sorridendo affettuosamente. «Stai facendo un lavoro magnifico. Non sovraccaricarti con inutili preoccupazioni. Ai rompiscatole della ragioneria ci penso io.»
Anche la collera di Andie si andò rapidamente stemperando. Benissimo, pensò, lasciamo che la gatta del bilancio se la peli da sé, visto che pare tanto sicuro del fatto suo.
«Scuse accettate.»
Jeffers tirò un sospiro di sollievo.
«Credo proprio che abbiamo tutti e due urgente bisogno di quella vacanza.»
Andie sorrise. «Evviva la sincerità.»
«Ti spiacerebbe, uscendo, mandarmi dentro Ben?»
«Sicuro. Se c’è.»
«Andie?»
Si arrestò sulla soglia. «Sì?»
«Fra due settimane a Thera… alla faccia dei ragionieri!» promise, facendole l’occhiolino.
20
Il gelido vento decembrino sputacchiava raffiche di neve contro le pareti celesti del bungalow, faceva tremare le finestre. Dentro, gli erubescenti cristalli varioconduttivi dei termodiffusori lavoravano a pieno regime, riempiendo l’ambiente di un’ingannevole estate.
Il canto della comunanza sgorgava possente dai fonodinamici a parete, fluida architettura di toni profondi che permeava la sala del suo potere rasserenante. Comodamente seduto al suo posto, Michael si cullava appagato nei piacevoli postumi della condivisione. Vedeva Jena, dalla parte opposta del grande tavolo, fissarlo scura in volto, ma neppure lei era in grado di strapparlo alla tranquillità di quei momenti. Le sorrise, e distolse lo sguardo.
Rieletto senza difficoltà Custode del Libro, Halden presiedeva di nuovo l’assemblea. Con voce intensa, sonora, chiese l’attenzione dei presenti.
«Riepilogando», dichiarò, «tutti voi siete a conoscenza della grave, devastante perdita subita quest’anno dalla nostra comunità. Nulla e nessuno potrà mai sostituire la nostra diletta sorella Eleanor. Tuttavia, grazie a Stephen Jeffers, possiamo continuare a sperare.»