Lei si volse dall’altra parte. «Non ne dubito.»
«Le dirò, in effetti mi considero un esperto, in materia», proseguì Canay senza far caso alla sua freddezza. «La mia ragazza era una mutante.»
«Davvero?» si stupì Andie tornando a fissarlo. «Non credevo che le mutanti si lasciassero andare a simili isterismi.»
Canay si strinse nelle spalle. «C’è da dire ch’era un poco scombussolata. Avevamo bisticciato.»
Sai che fuochi d’artificio, pensò Andie. Poi, a voce alta: «Le coppie miste sono piuttosto rare», osservò.
«Presenti esclusi, naturalmente», replicò Canay. «Nel mio caso, comunque, era stato un vero colpo di fortuna.»
«Si direbbe che le sia dispiaciuto, perderla.»
Lui sorrise.
«Già. Penso proprio che si possa dir così.»
Giunsero finalmente, con gran sollievo di Andie, in vista dello spazioporto, tutto un susseguirsi di bassi edifici arancioni costellati di luci lampeggianti. Canay arrestò il libratore all’ingresso dell’Olympic Airways, a pochi passi da un robofacchino.
«Serve una mano coi bagagli?» le domandò.
«No no, grazie», rispose lei. Scese senza indugio dal libratore.
«Buon divertimento col gran capo, allora», le augurò. «E non pensate al lavoro, che tanto la baracca la mandiamo avanti noi, finché non tornate.» La salutò agitando una mano, innestò e se ne andò.
Il robofacchino s’impadronì dei suoi bagagli, verificò il biglietto, e le comunicò che la navetta stava già imbarcando i passeggeri. Andie si diresse a grandi passi verso l’accesso, già pregustando il miracolo di quei pochi giorni di sole. Le chiacchiere di Canay continuavano a frullarle in testa con curiosa, ossessionante insistenza. Ma che c’era di strano se gli piacevano le mutanti? E se era tanto sciocco da impegolarsi con gente che gli rubava e gli rovinava le sue cose, be’, affari suoi.
Scrollandosi di dosso, con un’alzata di spalle, quell’inesplicabile sensazione di disagio, corse a prendere la sua navetta.
21
Potessi rendermi invisibile, pensava Michael, lasciarmi trascinare al largo dalle correnti, divenire alga fluttuante e spuma galleggiante… Assorto in questi pensieri, se ne stava, tremante di freddo, a fissare i cavalloni grigi che venivano a frangersi sulla spiaggia. Da due giorni, ormai, si nascondeva: cioè fin da poco dopo l’angoscioso momento in cui, durante l’assemblea, Jena aveva tentato di incastrarlo.
Ma confidava che da un istante all’altro gli giungesse finalmente il richiamo telepatico di Skerry, l’invito a partire. In passato, Skerry si era sempre immancabilmente accorto quando suo cugino si trovava nei pasticci. E Michael sarebbe andato, facendosi di conseguenza mettere al bando dal clan. Avrebbe quindi fatto giungere un messaggio a Kelly, e lei sarebbe volata a Vancouver per unirsi clandestinamente in matrimonio con lui, divenendo così la moglie di un esiliato, di un proscritto, di un fuorilegge.
Se solo gli fosse riuscito di mettersi in contatto con Skerry. Ma il numero che Skerry gli aveva dato mesi prima era risultato fuori servizio. Il giorno avanti per ben due ore aveva tentato, inutilmente componendolo e ricomponendolo.
Michael?
Un sussurro quasi impercettibile gli aveva attraversato la mente. Si voltò trasalendo.
«Skerry?»
Michael, mi senti?
«Sì, Skerry.» Poco ci mancò che si mettesse a piangere di sollievo. «Dove sei?»
Non sono Skerry, caro. Sono tua madre.
«Oh.» Si sentì riprendere dalla disperazione.
Sue Li camminava lungo la spiaggia dirigendosi verso di lui, col mantello che le ondeggiava nel vento simile a un vivace paio d’ali rossodorate. E a ogni suo passo, il sogno di fuga accarezzato da Michael si andava sempre più sgretolando.
«Torna da noi», gli disse.
«No.»
«Non è possibile che tu voglia farti mettere al bando. Ti rendi conto di cosa significa?»
Gli sedette accanto, sulla sabbia umida.
«Sicuro», le rispose. «Significa che non mi toccherà più partecipare a quelle maledette assemblee.»
Il volto di Sue Li s’increspò in un sorriso.
«È vero, potrebbe essere uno dei pochi lati positivi. Ma sei proprio sicuro di volerci abbandonare? E perdere così la tua famiglia, i tuoi amici, persino il tuo lavoro?»
«Se fossi costretto a farlo, lo farei.»
«Ma tu vuoi farlo?»
«Non lo so.» Teneva gli occhi fissi lontano, sulle onde.
«E allora torna», gli ripeté con voce pacata.
«Ma perché?»
«Perché devi rispettare le nostre consuetudini.»
«Non me ne frega niente delle nostre consuetudini. Jena mi ha ingannato.»
«Lo so.»
«E non t’importa?» Si girò per fissarla in viso. «Sei davvero tanto impaziente di avere quella là come nuora?»
Sue Li sospirò.
«In una circostanza come questa, le mie opinioni e i miei desideri non contano nulla. Per certi versi, avrei preferito che tu e Kelly foste fuggiti insieme. Potrei sopportare benissimo di essere la madre di un proscritto.»
«Dici sul serio?» Michael la guardava sbalordito.
Sue Li si scansò dal viso una ciocca di capelli.
«Certo. Però non posso tollerare di essere la nonna di un mezzo bastardino», soggiunse con un filo di voce.
«Ma io Jena non l’amo!»
«So benissimo anche questo. Ma adesso hai contratto una responsabilità più grande dei tuoi sentimenti.»
«Vuoi dire il bambino?»
«Sì.»
Michael si scansò da lei con rabbia.
«Dannazione, ma Jena non potrebbe semplicemente abortire?» gridò.
«Lo sai che è proibito dalle leggi del clan.»
«Quindi la mia felicità non conta proprio nulla?» insisté lui con voce stridula.
Sue Li sorrise malinconicamente. «Potresti scoprire che la felicità viene col tempo. E quando meno te l’aspetti.»
«Faccio ancora in tempo a scappare.»
«È vero. C’è una stazione del metrò poco distante. Ti darò anche i soldi per il biglietto. Ma dove andrai, Michael? E cosa farai?» Poi con voce tenera, sommessa, concluse: «E cosa farò, io, se perdo un altro dei miei figli?»
Michael tirò su le ginocchia, ci appoggiò la fronte, e rimase lì, a dondolarsi disperatamente sulla sabbia umida. Di sotto le palpebre serrate, copiose gli sgorgavano le lacrime.
Kelly, pensava. Oh, Kelly, mi dispiace, mi dispiace…
Sentì la mano di sua madre poggiarglisi delicatamente sul collo. Soffocando un singhiozzo rialzò la testa, a pugni stretti si cacciò via le lacrime dagli occhi. Fissò per qualche tempo i flutti grigioverdi, impegnati nella loro eterna, ritmica danza con la gravità. Infine annuì.
Va bene.
«Tornerò. Per il bambino. E per te.»
«Dici sul serio?»
Ancora una volta Michael annuì.
Si rialzò. Aiutò sua madre a fare altrettanto.
«Ti voglio bene, Michael», gli disse, sollevandosi in punta di piedi per deporgli un bacio sulla guancia. «E soffro insieme a te.»
«Mamma, continuerò ad amarla sempre.»
«Lo so.»
Lo prese per mano. S’incamminarono insieme per fare ritorno all’assemblea del clan, col mantello di Sue Li che palpitava al vento avvolgendoli nelle sue pieghe.
Al loro ingresso nella sala del convegno, Halden li accolse con un sospiro di sollievo.
«L’hai trovato? Bene. Non mi andava proprio di aspettare un altro giorno.» Trasmise mentalmente un invito all’ordine che tutti i presenti con prontezza recepirono. Quindi si rivolse a Michael.
«Sei tornato di tua spontanea volontà?»