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Kelly si fermò di colpo.

«Ti devi sposare? Che significa?»

«C’è una… ragazza mutante. È… incinta.»

«Di te?» La voce di Kelly s’incrinò.

«Sì.»

La osservò in silenzio, mentre Kelly lottava con se stessa per non perdere il controllo.

«Non potrebbe ottenere l’aborto?» domandò infine lei.

«No.»

«E perché?»

«È proibito dalle leggi del clan.»

«Cosa vuol dire che è proibito? Che razza di clan sarebbe? Un clan di polizia?»

«Niente del genere, te lo assicuro. Purtroppo immaginavo che non avresti capito.»

Kelly si mise a sedere sopra uno sporgente blocco di cemento.

«Ma tu le vuoi bene?»

«No.»

Le si accovacciò accanto. Lei gli prese il viso fra le mani.

«E a me, vuoi bene?» gli sussurrò, dopo un lungo silenzio.

«Sì.» Michael distolse lo sguardo, ringoiando le lacrime. «Ma non basta. Non posso sposarti, Kelly. Non ora. Vorrei, ma non posso.»

Si rialzò.

«Ma perché no?» gli domandò. «Cosa ci potrebbero fare, loro?»

«Verrei cacciato dal clan. Non è mai successo, finora. La mia famiglia verrebbe ricoperta di vergogna. Se non onorassi le mie responsabilità verso il clan, i miei diverrebbero dei paria. Non me la sento di fargli una cosa del genere.»

«E quindi hai deciso di legarti con una donna che non ami, rovinandoti l’esistenza? Per loro?» ribatté Kelly alzando la voce. «Per quei mutanti? Ma ti rendi conto del male che ti farai?»

«Tu non capisci.»

«In questo hai perfettamente ragione, Michael. Come puoi distruggerti così? Come puoi distruggere così il nostro futuro?»

Prese a camminare verso il libratore. Michael la raggiunse, l’afferrò per le spalle.

«Lo sapevo che ti avrei dovuto mentire», commentò amaramente.

Kelly scosse la testa con violenza, in un tempestoso svolazzare di capelli neri.

«Ma io non ti avrei mai creduto. Ascolta, Michael.» Gli prese le mani, stringendole forte. «Possiamo fuggire. Stanotte. Possiamo andare a sposarci in Delaware. E loro dovranno accettare il fatto compiuto.»

Michael trasse un respiro profondo. Le lacrime gli bruciavano gli occhi, gli chiudevano la gola. «Vorrei tanto poterlo fare. Oh, Kelly, se tu sapessi quanto vorrei poterlo fare… Ma non è per niente facile come dici tu.»

Gli occhi di lei mandavano lampi. «È difficile solo perché sei tu a volerlo rendere tale.»

Michael ripensò a Mel, scomparsa ormai da più di sei mesi. Ripensò a Skerry, che gli aveva proposto di andare in Canada. E meno male che attualmente pareva essersi eclissato, così non vedeva il casino in cui lui si era andato a cacciare. Non gli era affatto difficile immaginare suo cugino dirgli, con un sorrisetto di compatimento: «Ti hanno incastrato, ragazzo. Dovevi filartela finché eri in tempo».

«Non è vero che sono io a volerlo!»

Le volse le spalle, ribollendo di collera impotente. Ma perché non capiva e lo lasciava andare? In questo modo stava solo rendendo tutto più penoso.

«Non posso farci nulla. È la legge mutante, Kelly. Mi dispiace. Ti amo, e avevo sperato di poterti sposare. Ma ora tutto è cambiato, e la situazione mi è sfuggita di mano.»

Lei indietreggiò. Lo fissò con espressione fredda.

«Vedo che sei convinto di quel che dici. Ed è l’unica cosa che conta davvero. Buona fortuna, Michael.» Corse via. Michael sentì sbattere lo sportello, udì il ruggito del motore. Seguì, con sguardo appannato, il libratore che si allontanava, portandosi via il suo futuro in una scia di polvere.

22

Seduta nell’ufficio di Jeffers, di fronte a lui dall’altra parte della scrivania, Andie percorreva rapidamente l’agenda del giorno. Erano trascorse tre settimane dal loro ritorno da Thera, le prime tre settimane del nuovo anno. E già il viaggio si era ridotto a null’altro che un piacevole, evanescente ricordo, inesorabilmente fagocitato dalla solita controllata frenesia di interviste, comunicati stampa, dichiarazioni programmatiche e allocuzioni varie.

«Non dimenticare il tuo discorso al Gregge la mattina del venti», disse Andie. «Ampi servizi garantiti a tutti i livelli. E non è affatto troppo presto per cominciare a pensare a come garantirci il sostegno di Akins nelle senatoriali d’autunno.»

«Halden mi ha assicurato che non ci sono problemi.» Jeffers si allungò sulla poltrona, incrociando le mani dietro la testa. «A proposito, Andie. Cos’è questo matrimonio cui dovremmo assistere dopo la raccolta fondi a New York?»

Andie alzò gli occhi dal terminale. «Il matrimonio di Michael Ryton. Dio, cade fra due sabati. Mi era quasi passato di mente. Te li ricordi i Ryton, vero? Quei due mutanti, padre e figlio, che chiesero l’intervento della Jacobsen per via delle restrizioni governative sull’attività delle industrie spaziali?…»

«Ah, loro? E il figlio si sta per sposare?»

«Precisamente. Me l’aveva detto, in effetti, di avere intenzioni piuttosto serie con una certa ragazza. Comunque un poco mi sorprende che il clan ci stia creando attorno tutto questo chiasso.»

«E perché? Molto spesso i matrimoni mutanti sono occasioni di feste fantastiche.»

«Be’, si dà il caso che la sposa non sia mutante.»

Jeffers inarcò incredulo le sopracciglia.

«Cosa?»

«La ragazza che Michael vuole sposare è una normale. Secondo me è una cosa stupenda che il clan si sia schierato dalla sua parte. A dire il vero sono molto lusingata di quest’invito.»

«Ho i miei dubbi che il clan si sia messo tutt’a un tratto a favorire i matrimoni misti…» ribatté Jeffers. E nella sua voce si percepiva una nota strana.

Andie si strinse nelle spalle. «Forse i tempi stanno cambiando. Può darsi che il clan sia più progressista di quanto credi.»

«Già. Può darsi.» Non sembrava molto convinto.

«Ad un matrimonio mutante cosa potrebbe andar bene come regalo di nozze?»

«Gettoni di credito.»

Andie scoppiò a ridere.

«Cosa c’è di tanto buffo?» le domandò.

«È consolante scoprire che da certi punti di vista non siamo poi così diversi, dopotutto!»

Alla porta rintoccò il consueto accordo di tre note in chiave minore. Michael fece l’atto di muoversi, ma sua madre fu più svelta di lui. Sue Li, abbigliata nel tradizionale color oro della famiglia dello sposo, corse ad aprire e diede il benvenuto agli ospiti.

«Halden, Zenora, che gioia vedervi!»

Lo zio e la zia di Michael fecero il loro ingresso, elegantissimi. Fra i capelli ingrigiti di Zenora scintillavano crioluci purpuree, perfettamente intonate alla lunga tunica che la fasciava fin sotto le caviglie. Halden indossava una elaborata tunica grigio scuro assai abbondante, che riusciva quasi a dissimulare la sua corpulenza.

Zenora diede a Michael un rapido abbraccio. Halden gli affibbiò invece sulla schiena una pacca talmente calorosa da farlo quasi stramazzare.

«Allora, pronto per il grande passo?» si informò zio Halden con voce rimbombante.

Michael chinò gli occhi a terra. «Credo».

«Niente di più facile. Vedrai.»

«Venite, andiamo di sotto», li invitò Sue Li, prendendoli entrambi per un braccio. «Stiamo aspettando qualche altro ospite, prima di cominciare.»

Accontentandosi di infliggere al nipote un’espressiva strizzatina d’occhio, Halden si lasciò trascinare via. Michael cacciò un gran sospiro di sollievo e si allentò il colletto del dorato abito da cerimonia, che lentamente ma inesorabilmente lo stava strangolando.

Risuonò nuovamente l’accordo di tre note. Michael andò ad aprire, e restò lì pietrificato dallo stupore. Sulla soglia, sobriamente ma raffinatamente abbigliati, il senatore Jeffers e Andrea Greenberg volgevano le spalle a un turbinio di fiocchi di neve.