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«Mah!…» Andie pensò, scuotendo la testa, che più conosceva i mutanti e meno li capiva.

«Hai l’aria di una che un’altra flûte la rimetterebbe al mondo.» L’acchiappò per un braccio, tirandola in piedi. «Forza, bella, torniamo fra la gente.»

Michael si era aspettato, sì, un’ampia partecipazione, ma non avrebbe mai immaginato di vedere alle sue nozze anche il senatore Jeffers.

La carica gli si adattava alla perfezione, pensava Michael. Così sicuro di sé. E due volte più dinamico di quanto non fosse stata la povera Eleanor.

Una piccola folla di mutanti aveva fatto capannello attorno a Jeffers. Quando il senatore se ne distolse per rivolgersi a lui, Michael provò un moto di compiacimento.

«Ti senti un po’ stordito, vero?» gli domandò Jeffers gentilmente.

«Sì. Più che un poco.»

«Passerà, passerà», commentò Jeffers dandogli una pacca sulla spalla. «Tua moglie è davvero una magnifica ragazza.»

«Grazie.»

«Mi hanno detto i tuoi che sei un duplice. E ugualmente la tua sposa. Questo vi dà grandi possibilità.»

Michael lo fissò perplesso. «Grandi possibilità?»

«Esatto. Di rendere dominante il carattere trasmettendolo alla prole. Più duplici abbiamo, meglio è.»

«Oh, certo.» Michael sorrise. «Credo che lo scopriremo presto…»

Il senatore ridacchiò educatamente. «Questo è l’atteggiamento giusto, Michael. Nell’Unione mutante ce ne vorrebbero tanti, di giovani come te. Sei già membro?»

«In effetti avevo pensato di iscrivermi…» rispose Michael, sebbene fosse un’idea che fino a quel momento non aveva mai preso in seria considerazione.

«Bene. Se vieni a Washington, ricordati di passare dal mio ufficio.» Gli porse una memoscheda. «Qui troverai alcune informazioni che potrebbero interessarti.» Accompagnò il gesto con un sorriso radioso.

Alla loro sinistra spuntò Halden. «Oh, senatore, eccoti qui. Allora, a proposito di quella campagna elettorale…»

«Ci vuoi scusare, Michael?» Senza attendere risposta, Jeffers se ne andò insieme al Custode del Libro.

Michael si guardò attorno. Scorse Jena che laggiù in disparte, mantenendosi accanto due piatti di cibo sospesi a mezz’aria, discorreva tutta infervorata con una cugina di Petaluma dal mantello color turchese, dall’incarnato verdognolo e dagli occhi irrequieti.

Jena? chiamò mentalmente.

Nessuna risposta.

Forse il legame mentale che Halden aveva creato fra loro funzionava solo quando si trovavano a diretto contatto.

Masticò, senza sentirne il sapore, una fettina di pane speziato. Immaginò per un attimo il viso di Kelly inghirlandato di orchidee purpuree. Poi scacciò dalla mente quella sua visione.

Niente più Kelly, pensò. Adesso è questa, la mia vita. Forse mi iscriverò all’Unione mutante. Perché no?

«Mediti sul matrimonio?» si sentì chiedere da una voce familiare. La faccia barbuta di Skerry, inaspettatamente priva di corpo, apparve fluttuando a due passi dalla tavola imbandita.

Michael annaspò maldestramente col piatto che teneva in levitazione, quasi rovesciandolo prima di riprenderne il controllo.

L’intera figura di Skerry si raggrumò in un guazzabuglio di folgori in miniatura. Sogghignando, ristette accanto al tavolo.

«Pensavo che tu fossi in Canada», disse Michael. «Per sempre. Perché non mi hai detto che saresti venuto?»

«Vado matto per le visite a sorpresa. Ma direi che oggi il re delle sorprese sei proprio tu, cugino. Matrimonio? E con lei? Sbaglio o avevi preso una tremenda scuffia per una normale?»

Michael fece del suo meglio per non trasalire. «Già… Be’, diciamo che mi è capitato un imprevisto.»

Skerry crollò il capo. «Ti ha preso in trappola, eh? Ci avrei scommesso.» Si avvicinò a Michael, e in tono da cospiratore soggiunse: «Puoi sempre squagliartela insieme a me dopo la festa. E al diavolo il clan. Vieni via. Incomincia una nuova vita».

Michael gli fece un sorriso malinconico. «Arrivi un po’ tardi.»

«Comunque tieni presente che mi trattengo un attimino in zona… se per caso cambiassi idea», aggiunse Skerry con una scrollata di spalle. Occhieggiò di sbieco in direzione di Jeffers. «Che ci fa, da queste parti, sua magnificenza il senatore?»

«Notevole, eh?» disse Michael. «Doveva tenere un discorso a New York, e Halden se l’è accaparrato, almeno credo. E poi avevo piacere che al matrimonio ci fosse anche Andie.»

«Secondo te è contenta di lavorare per Jeffers?»

«Credo di sì. Perché, cosa c’è di strano?»

Per la prima volta da quando si conoscevano, Michael ebbe l’impressione che suo cugino non sapesse cosa rispondere. Infine Skerry scosse la testa.

«Niente.»

«Non dirmi che ti sei preso una cotta per lei», insinuò Michael.

Skerry gli rifilò un’occhiataccia. «Amico, non sono certo io quello che ama portarsi a letto le normali.»

Michael lo fulminò di rimando. «Accidenti a te, Skerry, lascia perdere, chiaro?»

«Scusa, Michael. Come non detto. In fondo è la tua festa, oggi.»

Skerry assaggiò un po’ d’insalata dal piatto di Michael. «Hmmm, non male. La vecchia Zenora non ha perso il suo tocco. Bene, caro cugino, le condoglianze te le ho fatte. Ci vediamo dopo.»

E riprese il suo giro.

Si avvicinò James Ryton, scrutando il figlio con espressione perplessa.

«Parli da solo?» gli domandò.

«Ogni tanto.» Michael sorrise. Forse lui era l’unico ad aver visto Skerry.

«Maledette vampate.» Ryton si strofinò la fronte. «Bisogna che faccia una visita dal guaritore, la settimana entrante. Michael, ti ricordo che ci sarebbe quella casa pronta per te e Jena. Sei sicuro di non volerti prendere una settimana di vacanza? Andare in luna di miele è un fatto naturale, e nessuno avrebbe niente da ridire, lo sai.»

«E tu sai bene che siamo in ritardo con quel trasmettitore a microonde», ribatté Michael. «La seconda partita di quei maledetti calibratori aveva metà pezzi difettosi. Voglio visitare un altro fornitore che ha aperto in Virginia. Tu non è il caso che ti sobbarchi la trasferta.»

«Ma sono diversi anni che ci serviamo dalla Kortronics.»

«Già, però negli ultimi tempi non han fatto altro che peggiorare. Ora hai bisogno di me in ditta, non in giro a divertirmi. Il viaggio di nozze lo faremo un’altra volta.»

Suo padre gli batté affettuosamente sul braccio. «Fai come ritieni meglio, Michael. Ormai sei un uomo adulto. Probabilmente la luna di miele può aspettare finché non ti sembrerà il momento opportuno.»

Fece per andarsene.

«Papà?»

«Dimmi.»

«Credi davvero che il senatore Jeffers possa venire eletto?»

James Ryton rispose con fermezza. «Senza dubbio. È un uomo di notevole sagacia. E non sarà il primo mutante che mandiamo in Senato.»

Annuì convinto, e tornò via.

Michael lasciò scendere delicatamente il piatto sul candore della tovaglia. Era sola immaginazione, o davvero suo padre camminava già col passo cauto di un vecchio?

Andie vagava inutilmente in cerca di Jeffers.

Ne ho abbastanza, di questa festa, pensava. Skerry mi ha dato il colpo di grazia.

Entrò in una stanza silenziosa, vuota, a parte una figura solitaria che si stagliava sullo sfondo della finestra. Lo sposo. Le volgeva le spalle, e stava con la testa appoggiata al plastivetro.

Andie esitò un istante. Che si trattasse di un altro rituale mutante? L’isolamento dello sposo? Oh, al diavolo, pensò.

«Michael? Come mai non sei giù con gli altri a festeggiare?» gli domandò gentilmente.

Si volse, sulle labbra un sorriso lieve.

«Andie. Ti diverti?»

«Certo. Però non mi hai risposto.»