Il suo sguardo fu attratto dalla dicitura «JACOBSEN». Provò a selezionarla. Apparve una tabella contabile, che riportava cifre relative a somme di denaro per A.T.
«Chiarire A.T.», ordinò Andie.
«Arnold Tamlin», sciorinò obbediente lo schermo. «Vedi file MARZO.»
Tamlin?
Le mani di Andie incominciarono a tremare.
Aprì il file. Conteneva una serie di istruzioni a Tamlin, formulate da Ben Canay e corrette da Jeffers.
Dio mio, pensò Andie, ma allora è stato Jeffers a organizzare l’assassinio di Eleanor!
Le si piegarono le gambe, e dovette lasciarsi cadere di schianto nella poltroncina della scrivania.
No. Non ci posso credere.
Si nascose il volto fra le mani.
E adesso?
Potrei andarmene, si disse. Far finta di non sapere nulla.
No.
Tornò a fronteggiare lo schermo.
Non posso andarmene proprio ora, pensò. Devo scoprire fino a che punto, fino a che punto… Trasse un respiro profondo, e tornò a esaminare il lunghissimo elenco.
Un’ora dopo aveva individuato tre fogli contabili che dimostravano, senz’ombra di dubbio, dove fossero andati a finire tutti quei soldi.
In Brasile. In cliniche mediche di Rio de Janeiro e dintorni.
Le ricerche sul supermutante, pensava Andie. Anche di quello, era responsabile. Provava un’isterica, insopprimibile voglia di scoppiare a ridere, ma l’unico suono che le uscì di gola fu un singhiozzo, fievole e acuto.
Mi serve una copia di questo materiale, si disse. Ma poi, dove la nascondo? Il mio terminale d’ufficio è troppo accessibile. E anche quello di casa potrebbe essere facilmente violato.
Le tornò in mente per un attimo il Brasile. L’eleganza delle palme svettanti. La bellezza e la simpatia della gente. Karim.
Karim!
Ricordava ancora il suo numero privato… Poteva trasmettere tutto al terminale di casa sua! Anche se lei non avesse avuto subito modo di contattarlo personalmente, Karim, ritrovandosi quel materiale, non l’avrebbe certo cancellato senza prima consultarla.
Con un sospiro di sollievo mise in collegamento i due terminali e inoltrò la documentazione incriminata, cancellando poi immediatamente il codice di trasmissione. Infine si abbandonò nella poltroncina.
«Cerchi qualcosa?» domandò una voce familiare.
Andie boccheggiò.
Disinvoltamente appoggiato alla porta c’era Jeffers. Non sorrideva.
Il cuore le martellava di terrore, ma Andie riuscì a mantenere calma la voce.
«Stephen, credevo che tu fossi all’appuntamento.» Con simulata indifferenza allungò una mano a spegnere lo schermo.
«L’appuntamento è stato cancellato. Non vedendoti tornare, Ben si è preoccupato e mi ha avvertito. Come hai fatto ad accedere al mio terminale?»
Andie alzò le spalle. «Quando sono arrivata l’ho trovato acceso. Forse te n’eri dimenticato.»
«Già, forse», disse Jeffers aggrondato. «Ma tu perché lo stavi usando?»
«Avevo bisogno di riprogrammare la mia robodomestica, e ho pensato che non ci fosse nulla di male a farlo col tuo terminale.»
«Non avevi portato il videotaccuino?»
«L’ho lasciato in ufficio», mentì ancora Andie, sapendo che la sua videoborsa se ne stava acquattata fuori vista dall’altra parte del divano.
«Be’, niente di male», concesse Jeffers.
La abbracciò, stringendosi provocante contro di lei.
«Dato che siamo qui, potrei anche offrirti un giro panoramico. Hai già visitato la camera da letto?»
Incominciò a sbaciucchiarle il collo. Lo stomaco di Andie si contrasse, sotto l’effetto di una singolare mistura di terrore, ripugnanza e desiderio. Lo respinse.
«Innanzitutto gradirei fare una visita in bagno», replicò. Sorridendo nervosamente corse in corridoio e si andò a rifugiare al gabinetto. Una volta che si fu chiusa dentro, rimase lì a guardarsi allo specchio contando una trentina di secondi. Poi ancora trenta.
Mica posso restare qui all’infinito, pensò. Forse mi converrebbe fingere un gran mal di testa e filarmela alla svelta.
Stai calma e muoviti, si disse.
Quando rientrò nello studio, trovò Jeffers seduto sul divano, col videotaccuino sulle ginocchia. La guardò nel modo in cui un gatto guarda un uccello posarglisi davanti.
«Non avevi detto di averlo lasciato in ufficio?» le domandò in tono pacato.
Andie si sentì sbiancare in volto. «Oh, be’, sì, mi pareva…»
«Non sforzarti di mentire, Andie. Ho appena controllato la memoria dello schermo. Per l’appunto ti sei scordata di cancellarla, e così ho trovato traccia degli ultimi file usati.»
Mise da parte il videotaccuino e si alzò.
«Immagino che tu ci sia rimasta male.»
«In che senso?» provò a dissimulare.
«Per via di Tamlin.»
«Perché? Cosa c’entra Tamlin?»
«Andie, è inutile che cerchi di fare la furba con me», la avvertì in tono gelido. «Ad ogni modo è stata tutta un’idea di Ben.»
Andie si rilassò leggermente.
«Vuoi dire che è stato Ben a fare in modo che Tamlin potesse giungere fino a Eleanor?»
«Infatti.»
«E tu non sapevi cosa stava combinando?»
«Si è occupato lui di tutto.» Diritto e inflessibile, lo sguardo di Jeffers non l’abbandonava un istante.
«Mio Dio ti ringrazio», esclamò Andie. «Lo sapevo, lo sapevo che non potevi essere stato tu, a organizzare l’assassinio di Eleanor!»
Un sorriso arrogante gli contorse le labbra. Il sollievo di Andie vacillò.
«Esatto. Che morisse non era affatto nei miei programmi. Tamlin aveva solamente ricevuto l’incarico di ferirla. Ma era troppo instabile, e ha esagerato.»
Andie lo fissò sgomenta. «Allora volevi che venisse ferita? Sei stato tu a organizzare l’attentato contro di lei?»
«Certo. Dovevo toglierla di mezzo. Tanto per incominciare avrei dovuto essere io, a vincere le elezioni. Io, che avevo un’assai più chiara consapevolezza della situazione e delle relative necessità.»
«Di quali necessità stai parlando?»
Jeffers la prese per mano. «Andie, sarai senza dubbio d’accordo con me che la frattura tra mutanti e nonmutanti dev’essere saldata, e alla svelta.»
«Ma si capisce.»
«La Jacobsen era troppo lenta. Non si rendeva conto che il particolare momento storico esigeva da noi interventi rapidi e decisi.»
«Non mi pare un motivo sufficiente per ucciderla.»
Jeffers scosse la testa con impazienza. «Te l’ho già detto. Non volevo che venisse uccisa. Diciamo stordita. Resa momentaneamente inabile. In seguito avrebbe avuto modo anche lei di fare la sua parte.»
«Una parte in che cosa?»
«Nel mio governo. L’avrei vista benissimo come segretario di Stato. Oppure avrebbe potuto scegliere un qualunque altro incarico di governo, e sarei stato lieto di affidarglielo.»
Andie sottrasse la mano alla sua stretta.
«Incarico di governo? Ma che stai dicendo?»
«Andie, quale miglior modo di ritrovarci tutti uniti, se non sotto un presidente mutante?»
«Un… presidente… mutante?» La risata di Andie risuonò stridula, quasi isterica. «Ma se eravamo appena riusciti, dopo tanti sforzi, a far eleggere una donna! Che intenzioni avresti? Di buttare il presidente Kelsey giù da un balcone della Casa Bianca?»
Jeffers continuò come se non avesse udito nemmeno una parola. «Sì, un presidente mutante. Con una moglie nonmutante.» Le rivolse uno sguardo colmo di entusiasmo e desiderio. «Sposami, Andie. Non è troppo tardi. Potresti lavorare con me. Aiutarmi a raggiungere i miei obiettivi. Contribuire a realizzare l’unione che ci sta a cuore.»
Andie indietreggiò, andando a rannicchiarsi in un angolo del fluidivano. «Sposarti?» ripeté sbalordita. «Aiutarti? Stephen, ma ti rendi conto che sei resposabile di un omicidio? E il denaro che hai sottratto per far compiere esperimenti su cavie umane?»