Raoul sospirò. — Dal mezzogiorno fin verso le tre siamo stati in negozio insieme. Non ci sono stati molti clienti, e io avevo occupato quasi tutto il tempo a mostrarle gli oggetti, i prezzi e tutti gli accorgimenti che le sarebbero stati necessari nel lavoro. Alle tre e un quarto circa sono dovuto uscire, per una faccenda personale. Al mio ritorno, le chiedo che cosa aveva venduto e lei mi risponde che c’era stato solo un cliente che aveva comperato un paio di portalibri da sei dollari. E infatti era l’unica cifra registrata alla cassa. Ma proprio allora vedo che manca qualcosa.
— Di che si trattava?
— Una statuetta, una figurina femminile, che costava ventiquattro dollari. Doveva essere al suo posto su quello scaffale — indicò con la mano — e siccome l’avevo vista messa di sbieco, proprio pochi minuti prima di uscire, l’avevo raddrizzata. Quindi la ricordavo in particolare. E ne ho notato la mancanza pochi minuti dopo essere rientrato. Su quel ripiano dovevano esserci tre statuine e invece ce n’erano solo due, avvicinate in maniera da nascondere il vuoto che si era formato tra di esse. Perciò domandai alla Brent se l’aveva spostata lei, ma lei negò anche di averla vista. — Sospirò. — Naturalmente era una situazione imbarazzante: io sapevo che non mi diceva la verità, perché, dato come si erano svolte le cose, ero certo che la statuina c’era al momento della mia uscita.
— Non poteva essere stata rubata da estranei?
— Quasi impossibile. Era alta venticinque centimetri e, per quanto fosse sottile, aveva le braccia tese in avanti e sarebbe stato molto difficile nasconderla sotto la giacca, mentre in una tasca non sarebbe mai potuta entrare. Non era assolutamente uno di quegli oggetti che vengono scelti dai ladruncoli soliti, ve lo assicuro. Inoltre, la Brent mi aveva detto che un solo cliente era stato nel negozio. Io non avevo alcun dubbio, signor… signor…
— Sweeney. Allora l’avete accusata di aver venduto la statuetta e di essersi tenuti i soldi?
— Che altro dovevo fare? L’ho avvertita che non avevo la minima intenzione di denunciarla e che l’avrei lasciata andare senza noie, se solo mi avesse permesso di perquisirla nella stanza del retro.
— Le avete trovato addosso il denaro?
— No. Ma quando ha visto che ero pronto sul serio a chiamare la polizia se non avesse confessato, ha ammesso il furto: i ventiquattro dollari, in un biglietto da venti e quattro da uno, li aveva nascosti in una calza. Un nascondiglio squisitamente femminile.
— Allora non l’avete perquisita?
— Ma sì che l’avevo fatto, avevo soltanto dimenticato quel particolare. Ma poi, dato che lei stessa aveva ammesso la sua disonestà, come potevo sapere se non aveva venduto anche qualcos’altro? Non potevo mettermi a inventariare il negozio; poteva per esempio aver venduto cinquanta dollari di chincaglierie e aver nascosto il denaro nell’altra calza o nel reggiseno o altrove.
— L’avete fatto?
— No. O almeno io non ho trovato altro denaro, fuorché pochi dollari nella borsetta, che sono propenso a credere anche ora che fossero proprio suoi. Era piuttosto restia a farsi perquisire, ma quando comprese i motivi della mia insistenza, si mostrò ragionevole e non era poi tanto ingenua da pensare che io volessi procedere alla perquisizione per… un qualsiasi altro motivo. Voi mi capite, credo.
— Capisco — rispose Sweeney. — Perciò, quando se ne andò, dovevano essere circa le quattro?
— Sì, non più delle quattro e un quarto, benché io non abbia guardato l’ora esatta.
— Se ne andò sola?
— Naturalmente. E tanto per prevenire la vostra prossima domanda, vi dico subito che non ho notato nessuno che l’attendesse fuori. Come era logico, sapendo che tipo era, la tenni d’occhio finché fu uscita dalla porta, poi non me ne occupai più, perciò non vidi che direzione prendesse. Deve essersi recata subito a casa, dato, a quanto mi risulta, che è stata trovata morta là davanti, alle cinque. Per arrivare a casa aveva almeno mezz’ora di strada da qui, attraversando il Loop, e forse anche di più.
— Tranne nel caso che prendesse un taxi o che qualcuno l’aspettasse per darle un passaggio.
— Sì, ma il taxi non è probabile, dati i pochi quattrini che aveva nella borsetta.
Sweeney annuì. — Anche il passaggio è difficile, poiché il suo amico doveva venire a trovarla in negozio alle sei, ma non poteva trovarsi nei paraggi già alle quattro e un quarto.
Le sopracciglia di Raoul si alzarono un poco. — Doveva venire a trovarla in negozio?
— Sì, per ritirare quel che lei aveva trattenuto sugli incassi.
— Veramente? La polizia non me lo ha detto.
Sweeney rise. — La polizia non va a raccontare alla gente le proprie storie. Ecco perché ho voluto parlare con voi invece che con loro. Comunque, vi è sembrato che Lola Brent mostrasse di riconoscere qualcuno dei clienti entrati in negozio quel pomeriggio, finché eravate presente?
— No, sono quasi assolutamente sicuro di no.
— Com’era la statuetta? Una figura femminile, a quanto ho capito, ma con o senza vestiti?
— Senza. Proprio senza, se mi capite.
— Credo di capire — rispose Sweeney — vi sono anche donne che riescono senza vestiti a essere più nude delle altre. È un dono di natura.
Raoul alzò al cielo le mani in gesto espressivo. — Non voglio assolutamente dire che quella statuetta fosse anche in minima parte pornografica o eccitante. Anzi, aveva un che di virgineo, in un modo tutto suo particolare.
— Questo mi confonde — replicò Sweeney. — Quante maniere esistono dunque di essere vergini? Credevo di sapere ormai tutto in proposito, ma…
Raoul sorrise. — Una stessa qualità può essere espressa in molte maniere. In questo caso particolare, la verginità era espressa attraverso il terrore, la paura, l’urlo. La verginità, o forse meglio la virginalità…
— Che differenza c’è? — interruppe Sweeney, ma rispose a se stesso per primo. — Aspetti, credo di aver compreso: una è una dote fisica, l’altra è spirituale. Giusto?
— Infatti. Possono coesistere oppure no. Molte donne sposate sono virginali, anche se non più vergini, perché non sono mai state toccate realmente: solo l’atto materiale si è verificato. Mentre, al contrario, una giovanetta che sia fisicamente virgo intacta può essere ben lontana dalla virginalità, se i suoi pensieri… mi seguite?
— Sì, ma ci allontaniamo dalla statuetta.
— Non molto. Volete vederla? Non quella venduta dalla Brent, ma la sua copia. Ne avevo ordinate due e mi piacevano tanto, che ne tenevo, e ne tengo ancora, una in casa mia, nel palazzo accanto. Ormai è ora di chiudere e… credetemi, signor Sweeney, non ho motivi reconditi…
— Grazie — disse Sweeney — ma non credo che sia necessario, perché la statua in sé non può aver nulla a che fare col delitto.
— No certamente, ma pensavo che vi interessasse su un altro piano. — Sorrise. — Vi dirò fra l’altro che è conosciuta col nome di «La statua che urla».
— Se me lo permettete, avrei cambiato idea — disse Sweeney — e vorrei conoscere questa statuetta, signor… Raoul è il vostro cognome?
— No, Reynarde, signor Sweeney, Raoul Reynarde. Scusatemi un momento solo… — Si recò ad avvertire la cliente che era l’ora di chiusura, e, dietro a lei, anche Sweeney uscì dal negozio, ad attendere che Raoul avesse spento tutte le luci. Percorsero un breve tratto di Division Street, poi entrarono in un palazzo e salirono al secondo piano.
— Non potrò trattenervi a lungo, signor Sweeney — si scusò Reynarde, mentre accendeva la luce nell’interno dell’appartamento — perché… aspetto un ospite. Però abbiamo il tempo di bere qualcosa. Posso prepararvi un cocktail?
— Sì, grazie, ma intanto dov’è la statuetta?
— Là, sul caminetto.