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— Voi avete fatto la domanda — disse Sweeney. — Rispondete.

— Può essere uscito, naturalmente. Ma se ha seguito l’esempio di molti altri assassini pazzi, deve essere uscito sul marciapiede del retro ed essere venuto fin sul davanti della casa; quindi doveva trovarsi fra la gente raccolta all’ingresso, all’arrivo della polizia.

— E può darsi anche — aggiunse Sweeney — che abbia telefonato alla polizia dal bar all’angolo.

Bline scosse il capo. — No, abbiamo trovato chi ha fatto la chiamata. Un tale che era stato per ore al bar a chiacchierare con altri due. Uscì verso le due e mezzo e tornò indietro dopo pochi minuti, raccontando a quei due e al barista che in un atrio un po’ più giù stava succedendo qualcosa: c’era una donna per terra e un grosso cane che non permetteva a nessuno di aprire la porta ed entrare e che perciò gli sembrava bene telefonare alla polizia. Lo fece, poi lui e gli altri due andarono insieme sul posto e all’arrivo della pattuglia erano là. Ho parlato con tutti e tre, perché il barista ne conosceva uno e ci ha permesso di rintracciare gli altri. Secondo loro c’era una dozzina di persone davanti alla porta. Secondo voi è lo stesso?

— Quasi lo stesso. Certo non più di quindici.

— E i poliziotti, anche dopo aver riconosciuto la mano dello Squartatore, non hanno avuto abbastanza intelligenza da trattenere tutti. Dei dodici o quindici ne abbiamo individuato cinque. Se solo potessimo trovarli tutti…

— Chi era il quinto? — domandò Sweeney. — I tre che erano insieme, e io facciamo quattro. Chi altri?

— Uno che vive in quella casa. Dev’essere stato il primo a trovare la donna e il cane: tornava a casa e non è potuto entrare perché il cane gli saltava addosso ogni volta che cercava di aprire la porta. Altri passanti, vedendo quel che succedeva, si fermarono a guardare e quando arrivò il tizio del bar, quello che poi ci ha chiamato per telefono, si erano riunite sei o sette persone. Al suo ritorno insieme con i due amici, ce n’erano nove o dieci.

— Io probabilmente sono arrivato dopo — disse Sweeney — un minuto prima che giungesse la polizia. E, per rispondere alla vostra domanda, vi dirò che non ho notato nessuno tra la gente. Non sarei in grado di identificarne neppure uno. Tutto quel che ho notato è stato quanto c’era nell’atrio e l’arrivo dei poliziotti. Ma non identificherei nemmeno loro.

Bline rispose amaramente: — Non mi occorre che voi riconosciate i poliziotti, ma darei non so cosa per conoscere tutti quelli che erano là davanti. Invece di quei cinque, anzi quattro, che conosco.

— Non tenete conto di me?

— Non tengo conto di voi.

— Quali spiegazioni offre l’uomo che vive nella casa, quello che, secondo la sua versione, arrivò per primo sul posto?

— È piuttosto chiaro. Lavora di notte al “Giornale del Commercio” sulla Grand Avenue, è un tipografo. Ha segnato sull’orologio-controllo l’ora d’uscita, cioè l’una e tre quarti, e gli ci è voluto certamente tutto il tempo che ha detto per arrivare. Non avrebbe avuto il tempo di andare sul retro, aspettare e poi tornare davanti. Inoltre, ha solidi alibi per gli altri tre delitti, tutti alibi controllati da noi. — Aggrottò la fronte. — Così, dei cinque uomini che siamo riusciti a individuare nel gruppetto davanti alla porta, voi siete l’unico che non abbia un alibi. Comunque, qui c’è la vostra raccolta di lame.

Trasse di tasca una busta e la porse a Sweeney. Senza aprirla, Sweeney sentì con la mano che conteneva il temperino e il rasoio. Disse: — Potevate chiedermeli. Avevate un mandato di perquisizione?

Bline sogghignò. — Non volevamo avervi tra i piedi, mentre cercavamo e, quanto al mandato, ormai che cosa importa?

Di nuovo Sweeney aprì e richiuse la bocca. Sarebbe stato anche abbastanza matto da protestare, perché quella storia gli aveva fatto passare brutti momenti; d’altra parte, gli sarebbe stato utile, se non indispensabile, ottenere un aiuto amichevole da Bline, perché la polizia poteva fare ciò che a lui non era possibile.

Perciò, mitemente disse: — Potevate almeno lasciarmi un biglietto. Quando ho visto che mi mancavano quei due oggetti, ho pensato che lo Squartatore credesse che io fossi lo Squartatore. Ditemi, capo, che cosa sapete di quel Greene?

— Perché?

— Mi piace pensare che sia lui lo Squartatore, ecco tutto. Mi ha raccontato di avere alibi che voialtri avete controllato. È vero?

— Più o meno. Nessun alibi per la Brent, e quello per la Lee piuttosto insufficiente.

— Insufficiente? Credevo che si trovasse in tribunale con il giudice Goerring.

— I tempi non corrispondono al millesimo. Il suo alibi arriva sino alle quattro e dieci; la Lee è stata trovata morta verso le cinque, piuttosto dopo che prima. Il medico che l’ha vista alle cinque e mezzo ha dichiarato che doveva essere morta da un’ora circa, il che significa che è stata colpita verso le quattro e mezzo, venti minuti dopo che è finito l’alibi di Greene. In taxi, dal tribunale a casa di lei, potrebbe benissimo esserci andato lui.

— Quindi non ha alibi.

Bline ripeté: — Non a prova di bomba. Ma ci sono altri punti: lei lasciava il lavoro di solito alle cinque, mentre quel giorno è uscita alle due e tre quarti per andare a casa, perché stava male. Ammesso che Greene la conoscesse, e non c’è alcuna prova che fosse così, non poteva immaginare di trovarla a casa, precipitandovisi dal tribunale. Solo qualcuno che lavorava con lei poteva saperlo.

— O qualcuno che è andato all’ufficio o le ha telefonato.

— Vero. Ma Greene non ci è andato. E non avrebbe avuto il tempo di telefonarle, prima di correre da lei. — Bline corrugò la fronte. — Le probabilità diminuiscono.

— Credete? Supponiamo che Greene la conoscesse intimamente. Poteva avere un appuntamento a casa di lei dopo le cinque. La causa in tribunale finisce poco dopo le quattro e lui va ad aspettarla. Forse aveva anche la chiave ed è entrato ad attendere, pur non sapendo che sarebbe arrivata a casa prima perché stava male e che l’avrebbe trovata già là.

— Oh, è possibile, Sweeney. Vi ho detto che non era un alibi perfetto. Ma dovete ammettere che tutto questo non è molto probabile. Invece, è più che probabile che lo Squartatore l’abbia seguita fino a casa, vedendola per la prima volta in strada, quando è uscita dal lavoro. Nello stesso modo con cui probabilmente ha seguito Lola Brent dal negozio a casa. Non può essere stato ad aspettare la Brent fuori del negozio, per due motivi: primo, perché non poteva sapere che sarebbe stata licenziata in tronco e sarebbe andata a casa presto; secondo, perché lei viveva con un uomo, Sammy Cole, e non poteva essere sicuro di non incontrare proprio Sammy.

— Però — disse Sweeney — Lola non è stata ammazzata in casa, ma nel passaggio fra due palazzi. Certamente era stata seguita. E altrettanto è stato per Stella Gaylord, seguita fino all’imbocco del vicolo. Però lo Squartatore non ha usato sempre la stessa tecnica del pedinamento. La Lang non l’ha seguita a casa: l’aspettava fuori della porta.

— Lo avete proprio studiato questo caso, Sweeney?

— Perché no? È il mio lavoro.

— Per quel che so io, non vi è stato ancora affidato. O sbaglio?

Sweeney esaminò la possibilità di dare a bere a Bline la storiella del racconto giallo per una rivista e decise di non farlo, perché Bline avrebbe potuto chiedergli quale rivista e poi controllare.

— Non proprio, capo — rispose — ma mi è stato affidato l’ultimo scorcio del caso quando Wally Krieg mi ha incaricato di fare la cronaca della Lang. E per questo io mi ci sono immedesimato, pensando che quando tornerò al lavoro, lunedì, mi darà tutta la faccenda. Ho letto i resoconti dei giornali e mi sono posto alcuni problemi.